Ai sensi e per gli effetti dell’art. 2941, n. 7, CC, per tutta la durata in carica, é sospesa la prescrizione dell’azione di responsabilità che la società può proporre nei confronti dei suoi amministratori.
Il fatto è, però, che prima della pronuncia di cui appresso della Consulta, poiché la disposizione ora citata parla di “persone giuridiche“, la sospensione della prescrizione poteva valere solo per le società di capitali e non per quelle di persone.
Ora, con la sentenza 11/12/2015 n. 262 la Corte Costituzionale dichiara la parziale illegittimità costituzionale del citato art. 2941, n. 7, CC proprio laddove dalla sospensione della prescrizione dell’azione di responsabilità risulta esclusa la società in nome collettivo.
Nel giudizio, promosso dal Collegio arbitrale di Padova, la Corte Costituzionale, muovendo dalla considerazione che per le azioni di responsabilità, intraprese dalle società in nome collettivo contro gli amministratori, non opera la sospensione della prescrizione, sancita per le persone giuridiche e per le società in accomandita semplice, ritiene che:
il contrasto con il principio di eguaglianza appare stridente, in particolare, nella comparazione tra la società in nome collettivo e la società in accomandita semplice, assoggettata alle disposizioni della società in nome collettivo compatibili con il tipo sociale (art. 2315 cod. civ.). Pur accomunate da una disciplina omogenea nei suoi tratti salienti, tali società differiscono nel regime di sospensione della prescrizione delle azioni di responsabilità.
Si tratta di una disparità di trattamento priva di una giustificazione plausibile, al pari delle differenze che ancora intercorrono in tale materia tra società in nome collettivo e persone giuridiche
La Consulta argomenta che durante la permanenza in carica degli amministratori, è più difficile per la società acquisire compiuta conoscenza degli illeciti che essi hanno commesso e determinarsi a promuovere le azioni di responsabilità e che la ratio della causa di sospensione non risiede nel dato formalistico della coincidenza tra attore e convenuto, tipica di un giudizio instaurato dalla società contro l’amministratore. E che la contrapposizione di interessi tra società e amministratori, che ostacola un’azione efficace e tempestiva della società, non ha alcuna attinenza con la personalità giuridica.
In sostanza, la Corte ritiene che le discriminazioni, legate a un dato estrinseco, siano disarmoniche rispetto alla ratio che ispira la disciplina della sospensione della prescrizione e che a fronte delle difficoltà operative, insite nell’accertamento degli illeciti degli amministratori ancora in carica, la personalità giuridica non configuri un elemento qualificante e idoneo a tracciare un discrimine ragionevole tra le diverse società.
Inoltre, che
se la personalità giuridica definisce la completa alterità tra la società e i soci che ne fanno parte, un fenomeno di unificazione soggettiva emerge anche nelle società di persone, che si pongono come autonomo centro di imputazione di diritti e obblighi, distinto rispetto alle persone dei soci (art. 2266, primo comma, cod. civ., che riconduce direttamente alla società l’acquisizione di diritti e l’assunzione di obbligazioni). Dalla diversa conformazione della soggettività non possono scaturire diversità così gravide di conseguenze sulla disciplina delle azioni di responsabilità contro gli amministratori, tema di per sé estraneo alle mutevoli graduazioni della soggettività degli enti.
E conclusivamente, dunque, che:
un criterio distintivo, calibrato sulla personalità giuridica, si palesa irragionevole in un contesto normativo che registra, tra i molteplici tipi sociali, confini sempre più fluidi e ricorrenti occasioni di osmosi. In un sistema che assegna all’autonomia privata un ruolo di cruciale importanza (art. 2479 cod. civ.), le società a responsabilità limitata, pur provviste di personalità giuridica, possono mutuare dalle società di persone alcuni tratti caratteristici dei modelli organizzativi.
Una società di persone, composta da soci che non partecipino tutti all’amministrazione (art. 2261, primo comma, cod. civ.), non è meno bisognosa di tutela di una società di capitali, in cui l’organizzazione corporativa e il sistema di contrappesi e di controlli apprestano una protezione più incisiva contro gli abusi degli amministratori. È arbitraria, pertanto, la scelta di diversificare la decorrenza dei termini di prescrizione in base a un elemento, la personalità giuridica, che non soltanto vede attenuarsi il suo ruolo di fattore ordinante della disciplina societaria, ma non ha portata scriminante per il diverso aspetto della responsabilità degli amministratori per gli illeciti commessi durante la permanenza in carica.
Del che, con la citata sentenza 262/2015 la Corte Costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 2941, numero 7), del codice civile, nella parte in cui non prevede che la prescrizione sia sospesa tra la società in nome collettivo e i suoi amministratori, finché sono in carica, per le azioni di responsabilità contro di essi.
Conclusione: chi crede di essere decaduto dall’azione di responsabilità nei confronti dell’amministratore di una SNC, non disperi perchè potrà ancora farlo.
Documenti & Materiali
Scarica la sentenza 11/12/2015 n. 262