Sinistro avvenuto in area privata coperto da RCA: si consolida l’indirizzo interpretativo Cass. Civ., Sez. III, ordinanza 23/11/2022, n. 34437 (e Cass. Civ., Sez. VI, 21/09/2022, n. 27572 ; Cass. Civ., SS.UU., 30/07/2021, n. 21983)

By | 28/11/2022

CASS. CIV., SEZ. III, ORDINANZA 23/11/2022, N. 34437

«L’art. 122 cod. ass. deve essere interpretato nel senso che la disciplina dell’assicurazione della r.c.a. (e quindi l’obbligo dell’assicuratore di indennizzare direttamente la vittima) deve trovare applicazione in tutti i casi in cui il danno è derivato dall’uso d’un veicolo a motore “in modo conforme alla sua funzione abituale”, a prescindere dalle caratteristiche del luogo (pubblico o privato, intercluso o accessibile) dove si è verificato il sinistro» (Massima non ufficiale)

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2011 [Omissis] convenne dinanzi al Giudice di pace di [Omissis] – ivi riassumendo il precedente giudizio proposto dinanzi al Giudice di pace di [Omissis], ritenutosi incompetente ratione loci – [Omissis] e la società [Omissis] s.p.a., chiedendone la condanna al risarcimento dei danni patiti in conseguenza di un infortunio ascritto a responsabilità del convenuto.

A fondamento della domanda dedusse che il 6 luglio 2010 [Omissis], al culmine di un alterco, aveva cercato di investirla con la propria automobile ed ella, nel fuggire, inciampò e cadde riportando lesioni personali.

2. Con sentenza [Omissis] n. [Omissis] il Giudice di pace di [Omissis] accolse la domanda nei confronti di ambo i convenuti, attribuendo tuttavia alla vittima un concorso di colpa del 70%.

La sentenza venne appellata da [Omissis] in via principale e, secondo quanto ritenuto dal Tribunale, dalla [Omissis] in via incidentale.

3. Con sentenza [Omissis] n. [Omissis] il Tribunale di [Omissis] accolse sia l’appello principale che quello incidentale.

In particolare il Tribunale ritenne che:

-) essendo il sinistro avvenuto in un’area privata, la vittima non aveva azione nei confronti dell’assicuratore della r.c.a. del responsabile;

-) la responsabilità del sinistro andava ascritta interamente a [Omissis];

-) andava incrementata la stima del danno biologico permanente patito dalla danneggiata, rispetto a quanto ritenuto dal Giudice di pace.

4. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da [Omissis], con ricorso fondato su tre motivi.

Ha resistito con controricorso la [Omissis] s.p.a..

[Omissis] ha notificato controricorso alle altre parti, col quale ha dichiarato di aderire al primo ed al secondo motivo del ricorso principale, contrastando invece il terzo motivo.

Tutte le parti hanno depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo del ricorso principale

Col primo motivo del ricorso principale (cui ha aderito [Omissis]) [Omissis] denuncia la violazione degli articoli 112, 342 e 345 c.p.c.. Il motivo investe la sentenza d’appello nella parte in cui ha ritenuto che la [Omissis] avesse validamente proposto un appello incidentale, inteso a sostenere l’insussistenza dell’obbligo indennitario a carico dell’assicuratore della r.c.a., per essere il sinistro avvenuto su un’area privata.

Se pur formalmente unitario, il motivo contiene tre distinte censure, così riassumibili :

-) la questione della natura dell’area dove avvenne il sinistro era stata sollevata dalla [Omissis] soltanto in grado di appello, e quindi tardivamente;

-) il Tribunale qualificò come “appello incidentale” un atto che tale non era;

-) in ogni caso quell’ “appello” incidentale, anche ad ammettere che fosse tale, era privo dei requisiti di cui all’art. 342 c.p.c..

1.1. Il motivo è infondato.

In primo grado, come accennato, la società [Omissis] venne condannata al risarcimento del danno in favore di [Omissis], mentre venne rigettata la domanda di rivalsa formulata dalla società assicuratrice nei confronti del proprio assicurato.

[Omissis] impugnò la decisione di primo grado dolendosi del fatto di essersi vista attribuire un concorso di colpa.

La società [Omissis] nella propria comparsa di costituzione e risposta in appello, tra le altre difese, dedusse anche di non essere tenuta ad indennizzare il sinistro né nei confronti dell’assicurato, né nei confronti della vittima, in quanto esso era avvenuto su un’area privata (così la comparsa di costituzione e risposta in appello della [Omissis], pp. 7-8). Concluse, poi, chiedendo che, in caso di accoglimento della domanda di [Omissis], l’assicurato [Omissis] venisse condannato a rivalere la compagnia, statuizione questa non adottata dal Giudice di pace.

La società [Omissis], pertanto, in appello formulò una impugnazione che tecnicamente costituiva un appello incidentale condizionato: chiese, infatti, la riforma pro parte della sentenza di primo grado, nel caso in cui fosse stata ritenuta fondata l’impugnazione principale.

E poiché il Tribunale ritenne fondata l’impugnazione principale (concernente il concorso di colpa della vittima), legittimamente passò ad esaminare quella incidentale (concernente la sussistenza dell’obbligazione dell’assicuratore).

1.2. Stabilito dunque che la società [Omissis] formulò effettivamente una impugnazione, resta da stabilire se correttamente essa fu (implicitamente) ritenuta conforme alle prescrizioni degli artt. 342 e 345 c.p.c.: tuttavia anche sotto questo profilo il ricorso principale è infondato.

L’impugnazione della [Omissis] infatti:

a) era ben chiara nel fondamento giuridico, e cioè la non indennizzabilità del sinistro per essere avvenuto su un’area privata;

b) non aveva ad oggetto una questione “nuova” per i fini di cui all’art. 345 c.p.c., in quanto i presupposti dell’applicabilità della disciplina dell’assicurazione r.c.a., di cui all’art. 122 cod. ass., sono rilevabili d’ufficio, e dunque potevano essere introdotti per la prima volta in appello (ex multis, Sez. 3 -, Ordinanza n. 20317 del 26/07/2019, Rv. 654871 – 01).

Correttamente, dunque, l’impugnazione della [Omissis] è stata ritenuta conforme al dettato dell’art. 342 c.p.c..

2. Il secondo motivo del ricorso principale.

Col secondo motivo il ricorrente principale lamenta che erroneamente il Tribunale ha ritenuto “interdetto al pubblico transito” il cortile ove avvenne il sinistro. Deduce che, così giudicando, il Tribunale avrebbe invertito l’onere della prova, violando l’articolo 2697 c.c.. Sostiene che l’area ove avvenne il sinistro era liberamente accessibile a chiunque, e che sarebbe spettato pertanto alla società [Omissis] dimostrare che l’area del sinistro fosse interclusa (con conseguente inapplicabilità dell’articolo 122 codice delle assicurazioni).

2.1. Col motivo in esame il ricorrente lamenta, in sostanza, che erroneamente il Tribunale ha escluso l’obbligo indennitario a carico dell’assicuratore.

Sostiene che questo errore è dipeso dall’inversione dell’onere della prova.

2.2. Che il Tribunale abbia errato nell’escludere l’obbligo indennitario dell’assicuratore è esatto.

Inesatta, però, è la ragione giuridica invocata dal ricorrente a fondamento della propria censura.

Il Tribunale infatti ha errato non già per avere invertito l’onere della prova: non v’è dubbio che i presupposti di legge per l’applicabilità della disciplina dell’assicurazione r.c.a. debbano essere provati da chi li invoca.

L’errore di diritto in cui è incorsa la sentenza impugnata ha altro fondamento, ed è consistito nella violazione dell’art. 122 cod. ass., così come interpretato dalla decisione delle Sezioni Unite di questa Corte con la decisione pronunciata da Sez. U, Sentenza n. 21983 del 30/07/2021, Rv. 661872 – 01 (successiva alla sentenza impugnata).

Tale sentenza ha stabilito che l’art. 122 cod. ass. deve essere interpretato nel senso che la disciplina dell’assicurazione della r.c.a. (e quindi l’obbligo dell’assicuratore di indennizzare direttamente la vittima) deve trovare applicazione in tutti i casi in cui il danno è derivato dall’uso d’un veicolo a motore “in modo conforme alla sua funzione abituale”, a prescindere dalle caratteristiche del luogo (pubblico o privato, intercluso o accessibile) dove si è verificato il sinistro.

2.3. La circostanza che il ricorrente non abbia invocato tale principio (né del resto avrebbe potuto, essendo la decisione delle Sezioni Unite successiva sia al deposito della sentenza impugnata, sia alla proposizione del ricorso per cassazione) non è tuttavia di ostacolo all’accoglimento del secondo motivo di ricorso.

Questa Corte, infatti, ha stabilito che essa, in virtù del principio jura novit curia, può ritenere fondato il ricorso anche per una ragione giuridica diversa da quella indicata dalla parte e individuata d’ufficio, con il solo limite che tale individuazione deve avvenire sulla base dei fatti per come accertati nelle fasi di merito ed esposti nel ricorso per cassazione e nella sentenza impugnata (Sez. 3, Sentenza n. 19132 del 29/09/2005; Sez. 3, Sentenza n. 20328 del 20/09/2006; Sez. 5, Sentenza n. 24183 del 13/11/2006; Sez. 3, Sentenza n. 6935 del 22/03/2007; Sez. 3, Sentenza n. 4994 del 26/02/2008; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 10841 del 17/05/2011; Sez. 6 – 3, Sentenza n. 3437 del 14/02/2014; Sez. 3 – Ordinanza n. 18775 del 28/07/2017; Sez. 6-3, Ordinanza n. 26991 del 05/10/2021).

2.4. In applicazione di tali princìpi, va accolto il secondo motivo di ricorso. Esiste infatti l’errore di diritto segnalato dal ricorrente (avere escluso l’obbligazione indennitaria dell’assicuratore nei confronti dell’assicurato), non essendo di ostacolo all’accoglimento la circostanza che il suddetto errore dipese dalla violazione dell’art. 122 cod. ass. (non invocata dal ricorrente), invece che dalla violazione dell’art. 2697 c.c. (invocata dal ricorrente).

3. Il terzo motivo del ricorso principale.

Col terzo motivo il ricorrente principale prospetta il vizio di ultrapetizione. Sostiene che in primo grado l’attrice aveva chiesto la condanna del convenuto al pagamento della somma di euro 7.652,72, mentre il Tribunale accolse la domanda per l’importo di oltre 39.000 euro.

Deduce il ricorrente che, anche a voler attribuire rilievo alla c.d. “clausola di salvaguardia”, con cui l’attrice in primo grado aveva chiesto la condanna del convenuto al pagamento della somma “ritenuta di giustizia”, la condanna comunque non avrebbe potuto mai eccedere la competenza del Giudice di pace.

Aggiunge, infine, che con l’atto di citazione in appello [Omissis] aveva chiesto la condanna del convenuto al pagamento della somma di 6.693 euro, sicché il Tribunale non avrebbe potuto d’ufficio liquidare il danno nella maggior misura sopra indicata.

3.1. Il motivo è fondato.

In primo grado [Omissis] chiese la condanna del convenuto al pagamento di somme quantificate al centesimo, e cioè:

-) euro 4.845,02 per il danno biologico;

-) auro 1.295,75 per il danno da invalidità temporanea;

-) euro 1.534,95 per il danno morale”.

Aggiunse che i suddetti importi, “calcolati con il sistema ‘Re Mida, sono stati ricavati utilizzando le tabelle del Tribunale di Milano” (così l’atto di citazione dinanzi al Giudice di pace di [Omissis], p. 6; identica deduzione è compiuta al foglio 7 dell’atto di riassunzione del giudizio dinanzi al Giudice di pace di [Omissis]).

3.2. Il Giudice di pace quantificò il danno non patrimoniale nella misura di euro 6.693, e quello patrimoniale nella misura di euro 821. Ridusse l’uno e l’altro nella misura del 70% in virtù della ritenuta prevalente corresponsabilità della vittima, alla quale perciò liquidò euro 2.007,90 a titolo di danno non patrimoniale, ed euro 246,30 a titolo di danno patrimoniale.

In grado di appello [Omissis] non contestò la stima del danno, ma chiese soltanto che il risarcimento per come determinato dal Giudice di pace le venisse liquidato per intero, assumendo insussistente qualsiasi proprio concorso di colpa.

Nell’atto d’appello, infatti, [Omissis] chiese la condanna dei convenuti in solido “al risarcimento del danno subito dall’attrice pari ad euro 6.693 tenuto conto della c.t.u. in atti, e compreso il danno morale, nonché al pagamento delle spese mediche e di c.t.u. pari ad euro 821, come quantificate in sentenza [di primo grado]” (così l’atto d’appello, p. 12, § 1).

Il Tribunale ritenne nondimeno di rinnovare la consulenza tecnica d’ufficio, ed alla luce delle valutazioni della nuova c.t.u. accordò a [Omissis] un risarcimento per danno non patrimoniale di euro 39.066.

3.3. Così giudicando, il Tribunale ha violato l’art. 112 c.p.c., per avere riformato ben due capi della sentenza di primo grado che non avevano formato oggetto di impugnazione: sia quello concernente il grado dell’invalidità permanente, sia quello concernente i criteri di monetizzazione del danno biologico.

Ovviamente è del tutto irrilevante – al contrario di quanto sostenuto da [Omissis] nel controricorso e nella memoria – che il Tribunale abbia ritenuto in grado di appello di disporre una nuova consulenza tecnica d’ufficio, e di accordare alla danneggiata, sulla base di essa, un risarcimento più elevato: se infatti è vero che il giudice ha il potere di disporre d’ufficio un’indagine peritale o rinnovare quella eseguita nei precedenti gradi di giudizio, non è men vero che tale potere non gli consente di riformare un capo di sentenza che nessuno abbia impugnato.

3.4. Anche sotto questo aspetto la sentenza d’appello va dunque cassata con rinvio al Tribunale di [Omissis], il quale nel riesaminare la domanda di condanna proposta da [Omissis] nei confronti di [Omissis] terrà conto dell’avvenuta formazione del giudicato interno sul quantum debeatur.

4. Il ricorso incidentale di [Omissis].

Come accennato, [Omissis] ha proposto ricorso incidentale qualificato adesivo, chiedendo che fossero accolti i primi due motivi del ricorso principale. Va preliminarmente rilevato, d’ufficio, come il ricorso incidentale di [Omissis] sia ammissibile, benchè tardivo: giova infatti alla ricorrente la previsione di cui all’art. 334 c.p.c..

Queste le ragioni.

4.1. La sentenza d’appello è stata pubblicata il 5.9.2019.

Il termine ex art. 327 c.p.c. per impugnarla è dunque scaduto il 5.3.2020; il ricorso incidentale di [Omissis] è stato invece proposto l’11.6.2020.

Tuttavia l’art. 334 c.p.c. consente l’impugnazione incidentale tardiva alle parti “contro le quali è stata proposta impugnazione e quelle chiamate ad integrare il contraddittorio a norma dell’art. 331” c.p.c..

L’interpretazione di questa norma diede luogo a molteplici contrasti, risolti da plurimi interventi delle Sezioni Unite di questa Corte, le quali in estrema sintesi hanno fissato i seguenti princìpi:

a) scopo dell’art. 334 c.p.c. è consentire alla parte, che avrebbe di per sé accettato una decisione impugnata da altri, di contrastare anche tardivamente l’impugnazione, se questa rimetta in discussione l’assetto degli interessi emerso dalla pronuncia impugnata (Sez. U, Sentenza n. 4640 del 07/11/1989, Rv. 464074 – 01);

b) l’art. 334 c.p.c. deve quindi applicarsi tutte le volte che l’eventuale accoglimento dell’impugnazione principale esponga la parte contro la quale l’impugnazione è rivolta al rischio di soccombenza, oppure al rischio di una soccombenza più grave di quella risultante dalla sentenza impugnata;

c) quando sussista tale rischio, la parte contro la quale è proposta l’impugnazione principale è legittimata a proporre l’impugnazione incidentale tardiva:

c’) sia avverso i medesimi capi di sentenza oggetto dell’impugnazione principale, sia avverso capi differenti;

c”) sia contro l’impugnante principale, sia contro altri soggetti (Sez. U, Sentenza n. 24627 del 27/11/2007, Rv. 600589 – 01).

4.2. Ciò posto in linea teorica, rileva il Collegio che nel caso di specie il ricorso principale è stato proposto da [Omissis] (anche) contro [Omissis], in quanto con esso è stata impugnata la quantificazione del risarcimento pronunciato a carico del primo ed favore della seconda.

[Omissis] (che in teoria avrebbe potuto accettare la sentenza d’appello nella parte in cui le accordava una condanna più cospicua di quella ritenuta dal primo giudice, ma con obbligazione a carico del solo assicurato e non dell’assicuratore) per effetto dell’impugnazione principale è venuta a trovarsi esposta al rischio di subire una soccombenza più grave di quella risultante dalla sentenza d’appello.

Il ricorso principale, infatti, ha esposto la danneggiata al rischio di subire una riduzione del quantum debeatur a carico dell’assicurato. Tale rischio ha dunque fatto sorgere l’interesse della danneggiata ad impugnare la sentenza d’appello anche contro soggetti diversi dall’impugnante principale, e cioè la [Omissis] s.p.a., all’evidente fine di conseguire il seguente risultato: che se davvero fosse stato ridotto il risarcimento, almeno la danneggiata potesse contare sulla presenza di un secondo coobbligato solidale sicuramente solvibile.

Sussistono dunque nel caso di specie tutti i presupposti per l’applicabilità dell’art. 334 c.p.c.: la soccombenza parziale di [Omissis]; il rischio di una più grave soccombenza sorto dall’impugnazione principale; l’interesse ad impugnare la sentenza in via incidentale nei confronti di soggetti diversi dall’impugnante principale.

4.3. Resta solo da aggiungere che il secondo motivo del ricorso incidentale proposto da [Omissis], nella parte in cui dichiara di “aderire” al secondo motivo del ricorso principale, va qualificato come ricorso incidentale autonomo, e non adesivo: ed infatti con esso si è impugnata la statuizione che ha escluso l’applicabilità al caso di specie delle regole dell’assicurazione r.c.a.. Ma poiché tali regole comportano una responsabilità diretta dell’assicuratore nei confronti della vittima d’un sinistro stradale, alla caducazione del suddetto capo di sentenza la danneggiata vanta un interesse immediato e diretto, indipendente dalla sussistenza d’un obbligo indennitario dell’assicuratore nei confronti dell’assicurato.

Infatti, da un lato, l’affermazione della sussistenza dei presupposti per l’applicazione della disciplina dell’assicurazione r.c.a. fa sorgere in capo all’assicuratore del responsabile un obbligazione diretta nei confronti della vittima; e dall’altro lato l’assicuratore del responsabile non può opporre al danneggiato le eccezioni fondate sul contratto (art. 144 cod. ass.).

4.4. Concludendo: il secondo motivo del ricorso incidentale proposto da [Omissis] è autonomo e non adesivo; l’interesse a proporlo è sorto dall’impugnazione principale; l’impugnazione incidentale proposta da [Omissis] va qualificata in parte qua come impugnazione incidentale tardiva ex art. 334 c.p.c. ed è ammissibile.

4.5. Il secondo motivo del ricorso incidentale di [Omissis], oltre che tempestivo, è anche fondato, per le medesime ragioni esposte al § 2.2 che precede.

5. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio.

P.Q.M.

(-) rigetta il primo motivo di ricorso principale ed incidentale;

(-) accoglie il secondo ed il terzo motivo del ricorso principale;

(-) accoglie il secondo motivo del ricorso incidentale;

(-) cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa al Tribunale di [Omissis], in persona di altro magistrato, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

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