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CASS. CIV., SEZ. III, 09/12/2019, N. 32032
«Gli artt. 62 (Finalità ed ambito di applicazione), comma 1, 65 (Pianta organica dei giudici ausiliari. Domande per la nomina a giudici ausiliari), commi 1 e 4, 66 (Presa di possesso), 67 (Durata dell’incarico), commi 1 e 2, 68 (Collegi e provvedimenti. Monitoraggio), comma 1, e 72 (Stato giuridico ed indennità), comma 1 del decreto legge 21 giugno 2013 n. 69, convertito con modificazioni nella legge 9 agosto 2013 n. 98, non risultano coerenti con le norme costituzionali – così come interpretate dalla giurisprudenza del Giudice delle Leggi – che riservano l’esercizio della funzione giurisdizionale ai magistrati ordinari nominati per concorso (artt. 102, comma 1, e 106, comma 1, Cost.), limitando l’accesso – da effettuarsi anche mediante nomina elettiva – di magistrati onorari soltanto “a tutte le funzioni attribuite a giudici singoli” (art. 106, comma 2, Cost.), rimanendo in conseguenza esclusa l’assegnazione del giudice onorario all’esercizio delle funzioni giurisdizionali esercitate dagli organi collegiali, salva la possibilità di sostituzioni od integrazioni dei collegi, disposte con provvedimenti provvisori, in conseguenza di situazioni organizzative temporanee ed eccezionali tali che, a causa di vacanze di organico od impedimenti del magistrato professionale, ne impediscano la composizione ed il regolare funzionamento.
Non può non evidenziarsi, al proposito, la palese difformità in cui le norme del decreto legge si atteggiano rispetto alle successive ben diverse soluzioni adottate – proprio in relazione all’esercizio delle funzioni collegiali ed all’esercizio delle funzioni nei giudizi impugnatori – dal decreto legislativo 13 luglio 2017 n. 116 che se, da un lato, esclude che al giudice onorario addetto all’ufficio per il processo possano essere assegnati “i procedimenti di impugnazione avverso i provvedimenti del giudice di pace” (art. 11, comma 6, n. 2), dall’altro, limita l’accesso del giudice onorario agli organi collegiali civili solo quando sussistono particolari condizioni di emergenza organizzativa dell’ufficio, circoscrivendone l’attività alla trattazione dei soli giudizi già pendenti al momento dell’assegnazione e con esclusione della materia fallimentare e di quelle attribuite alle sezioni specializzate» (Massima non ufficiale)
FATTO
– La Corte d’appello di Roma, con sentenza in data [Omissis] n. [Omissis], ha confermato la decisione di prime cure e rigettato l’appello proposto da [Omissis], ritenendo provato il concorso di colpa di quest’ultimo -nella misura del 20%- nella causazione del sinistro stradale verificatosi in Roma, il 13.12.2007, da attribuire alla prevalente colpa dell’altro conducente [Omissis], non essendo emersi dalle risultanze istruttorie elementi tali da dimostrare che il [Omissis] avesse fatto tutto il possibile per evitare il danno.
– Il Giudice di appello: 1-ha ritenuto non provato il nesso eziologico tra il sinistro e la invalidità accusata dal [Omissis], essendo la stessa manifestazione di una patologia pregressa; ha escluso un maggiore danno morale in difetto di specifiche allegazioni; 2-ha ritenuto non provato il danno materiale, non essendo stati riscontrati dai verbalizzanti segni di urto sul veicolo; 3-ha confermato la parziale compensazione delle spese di lite disposta in primo grado, essendo stata accolta la domanda solo parzialmente.
– La sentenza di appello, non notificata, è stata impugnata dal [Omissis] con quattro motivi (deducendo: 1- “illegittimità costituzionale degli artt. da 62 a 72 della legge n. 98 del 9.8.2013 di conversione con modificazione del DL 21.6.2013 n. 69, in relazione agli ara. 3m, 25co1, 106co2 Cost. [sic in sentenza] e conseguente nullità della sentenza per vizio di costituzione del Giudice ex art. 158 c.p.c., in relazione all’art. 360co1 n. 4 c.p.c.”; 2- “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360co 1 n. 5 c.p.c.”, con riferimento alla diagnosi di trauma cranico; 3- “violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 32 Cost., dell’art. 1 Carta di Nizza, degli artt. 1223, 1226, 2056, 2059 e 2697 c.c. e dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360co1 n. 3 c.p.c.”, con riguardo al criterio di liquidazione del danno ed alla mancata “personalizzazione” del danno morale; 4- “omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360co I n. 5 c.p.c.”, con riguardo allo scadimento del rendimento scolastico del soggetto leso ai fini dell’accertamento del danno non patrimoniale), ai quali resiste con controricorso [Omissis] s.p.a.
– Non ha svolto difese [Omissis] cui il ricorso è stato notificato, ai sensi dell’art.140 c.p.c., in data 26.2.2018.
– La parte ricorrente
DIRITTO
1. Con il primo motivo il ricorrente ha chiesto che venga sollevata questione di legittimità costituzionale degli artt. 62-72 della legge 9.8.2013 n. 98 di conversione con modifiche del DL 21.6.2013 n. 69, in relazione ai parametri costituzionale degli artt. 3, 25, comma 1, 106, comma 2, e 111 Cost., e conseguentemente dichiarata la nullità della sentenza per vizio di costituzione del Giudice ex art. 158 c.p.c., in relazione all’art. 360co1 n. 4 c.p.c.
Sostiene il ricorrente che l’intervento del Legislatore con il quale è stata prevista la nomina dei “Giudici ausiliari di appello” non risponde ad esigenze emergenziali di carattere temporaneo, ma introduce una misura strutturale con la quale si viene a costituire una magistratura parallela a quella professionale, con conseguente violazione del limite, stabilito dall’art. 106, comma 2, Cost., entro il quale al Legislatore è consentito procedere alla nomina dei magistrati onorari, ed ulteriore violazione dei parametri costituzionali dell’art. 25, comma 1 (precostituzione per legge del giudice naturale) e dell’art. 111, comma 2 (posizione di terzietà ed indipendenza del giudice) Cost., nonché del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) in relazione al diverso trattamento riservato al cittadino che vede trattata la sua causa in appello da un Giudice onorario anziché da un Giudice professionale.
2. I termini della questione vanno individuati nella denuncia di illegittimità delle disposizioni degli articoli 65, 66, 67 e 68 del decreto legge 21 giugno 2013 n. 69 recante “Disposizioni urgenti per il rilancio della economia” convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013 n. 98, in relazione al parametro di cui all’art. 106, comma 2, Cost.
3. I motivi della rimessione sono dati:
a) dalla rilevanza della questione. L’accoglimento del primo motivo di ricorso, in caso di annullamento delle disposizioni impugnate e di conseguente invalida costituzione del collegio giudicate di appello (in quanto la decisione della controversia è stata assunta con la partecipazione deliberativa di un componente che non poteva integrare il collegio ed esercitare “stabilmente” la funzione giurisdizionale in grado di appello), comporterebbe necessariamente la cassazione con rinvio della sentenza impugnata
b) dalla non manifesta infondatezza della questione.
Le coordinate costituzionali sono fornite dall’art. 25, comma 1, Cost. “Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge”; dall’art. 102, comma 1, Cost. secondo cui “La funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario”, e dall’art. 106, comma 1 “Le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso” e comma 2, Cost. per cui “la legge sull’ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli”.
4. L’articolo 4 del r.d. 30.1.1941 n. 12 (Ordinamento giudiziario), dispone che “L’ordine giudiziario è costituito, dagli uditori, dai giudici di ogni grado dei tribunali, e delle corti e dai magistrati del pubblico ministero” (comma 1) e che “Appartengono all’ordine giudiziario come magistrati onorari i giudici di pace, i giudici onorari di tribunale, i vice procuratori, gli esperti del tribunale della sezione di corte d’appello per i minorenni, ed inoltre, gli assessori della corte d’assise e gli esperti della magistratura del lavoro nell’esercizio delle loro funzioni giudiziarie” (comma 2). L’elenco contenuto nel secondo comma della indicata norma dell’ordinamento giudiziario non esaurisce, tuttavia, tutte le categorie dei magistrati dell’Ordine giudiziario, tenuto conto che nel decreto legge 21 giugno 2013 n. 69, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013 n. 98 (cd. “decreto del fare”), agli artt. 62-72, è prevista anche la nomina di “Giudici ausiliari”, da destinare alle Corti d’appello, ai quali è attribuito “lo stato giuridico di magistrati onorari” (art. 72, comma 1), e che – in attuazione alla legge delega 28 aprile 2016 n. 57 “Delega al Governo per la riforma organica della magistratura onoraria ed altre disposizioni sui giudici di pace”- è stato emanato il decreto legislativo 13 luglio 2017 n. 116 (“Riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace, nonché disciplina transitoria relativa ai magistrati onorari in servizio, a norma della legge 28 aprile 2016, n. 57”) che unifica le attuali tipologie di magistrati onorari, prevedendo la figura del “giudice onorario di pace” e del “vice procuratore onorario”, ed attribuisce al primo – per quanto qui interessa – funzioni giurisdizionali proprie dell’ “ufficio giudiziario del Giudice di Pace” o, alternativamente, funzioni giurisdizionali nell’ambito della struttura organizzativa denominata “ufficio per il processo” istituita presso i tribunali.
Pure se quest’ultimo decreto legislativo non è oggetto di applicazione nel procedimento pendente avanti questa Corte, tuttavia fornisce elementi utili a comprendere in che modo il Legislatore ha inteso relazionare le funzioni del giudice onorario alla attività dei collegi giudicanti.
Fermo il principio tendenziale per cui al giudice onorario vanno attribuiti compiti meramente preparatori e strumentali (studio, ricerca di dottrina, predisposizioni schemi di provvedimenti, assistenza anche in camera di consiglio: art. 10, comma 10, Dlgs n. 116/2017) all’esercizio della funzione giurisdizionale, che rimane riservato al magistrato professionale, possono allo stesso essere delegati dal magistrato professionale, con riferimento a ciascun procedimento civile, poteri giurisdizionali istruttori e decisori concernenti singoli atti (adozione di provvedimenti “semplici e ripetitivi”, provvedimenti anticipatori di condanna in seguito a non contestazione del credito, assunzione di testimoni, attività conciliativa delle parti, liquidazione dei compensi agli ausiliari) inerenti anche procedimenti riservati al tribunale in composizione collegiale “purché non di particolare complessità” (art. 10, comma 11), ed in alcuni casi (delimitati quanto alle materie “non sensibili” ed al ridotto valore della causa) può allo stesso essere delegata anche la “pronuncia di provvedimenti definitori” (art. 10, comma 12, lett. da a) a f).
I “giudici onorari di pace” destinati all’ufficio per il processo del tribunale possono essere assegnatari di un proprio ruolo, quantitativamente contingentato (art. 9, comma 4, ed art. 10, comma 5), con esclusione di determinate materie – di competenza collegiale – e dei giudizi di appello avverso i provvedimenti del Giudice di Pace (art. 11, comma 6), ed ancora possono essere “destinati a comporre i collegi civili [tranne i collegi in materia fallimentare e quelli delle sezioni specializzate] e penali del tribunale, quando sussistono le condizioni di cui all’art. 11”, e dunque soltanto quando: a) si verifichi almeno una delle particolari condizioni -descritte nella norma- correlate al numero delle pendenze o delle sopravvenienze dei procedimenti complessivi dell’ufficio ovvero di ciascun giudice professionale, od ancora alla diminuzione della attività dei giudici dovuta a “vacanze” ed “assenze non temporanee”, ed ancora quando b) sussistano situazioni straordinarie e contingenti alle quali non può provvedersi con misure organizzative diverse. Tuttavia il provvedimento di destinazione del giudice onorario ad integrare la composizione dei collegi non può essere adottato, quanto alla materia civile, per i procedimenti fallimentari e quelli attribuiti alle sezioni specializzate; deve osservare il limite della presenza nel collegio di un unico magistrato onorario ed al giudice onorario possono, comunque, essere assegnati solo i procedimenti che risultino pendenti presso il collegio nei dodici mesi dal verificarsi di una delle condizioni di cui all’art. 11 (art. 12, comma 1).
I “giudici onorari di pace”, possono altresì, essere destinati a compiti di “supplenza” “anche nella composizione di collegi”, nei casi di “assenza od impedimento temporanei” del magistrato professionale, e in presenza di “specifiche esigenze di servizio” (art. 13).
5. La disciplina normativa sopra richiamata evidenzia due esigenze concomitanti: da un lato la “ordinaria” attribuzione al giudice onorario – destinato all’ufficio per il processo – di singole competenze preparatorie-strumentali, istruttorie, delegate- provvedimentali, ovvero – quando ricorrano situazioni straordinarie e contingenti – rassegnazione di procedimenti affidati alla competenza del tribunale in composizione monocratica; dall’altro la “eccezionale” previsione della assegnazione al giudice onorario di funzioni giurisdizionali collegiali, oltre che per esigenze meramente episodiche e temporanee (supplenza) anche in caso di vacanze di organico o per ragioni relative al complessivo carico di lavoro dell’ufficio o dei singoli giudici professionali.
Il discrimine tra competenze monocratiche e collegiali corrisponde – come si vedrà di seguito – al canone costituzionale di cui all’art. 106 Cost. ed alla interpretazione che di esso ha fornito il Giudice delle Leggi: ma che appare sottoposto ad integrale revisione a seguito della introduzione legislativa (DL n. 69/2013) del “Giudice ausiliario di appello” (GA) il quale:
a) non è nominato per concorso, ma con decreto del Ministro della giustizia previa deliberazione del CSM, in base alla verifica dei requisiti prescritti dalla legge (artt. 63 e 64)
b) acquisisce “lo stato giuridico di magistrato onorario” (art. 72, comma 1, DL n. 98/2013)
c) è “naturaliter” incardinato (per la durata di anni cinque prorogabile di altri cinque: art. 67, commi 1 e 2) nell’organo collegiale, esercitando le relative funzioni giurisdizionali, essendo chiamato a “definire nel collegio in cui è relatore almeno novanta procedimenti per anno” (art. 68, comma 1)
d) non incontra alcun limite -di materia o valore- nell’assegnazione dei procedimenti civili (art. 62, comma 1), con la eccezione dei soli “procedimenti trattati dalla Corte d’appello in unico grado” (art. 62, comma 2)
e) interviene a comporre i collegi, secondo la pianta organica definita presso ciascuna Corte d’appello “tenendo conto delle pendenze e delle scoperture di organico” (art. 65, comma 1), in funzione della esigenza di “agevolare la definizione dei procedimenti civili, compresi quelli in materia di lavoro e previdenza secondo le priorità individuate dai presidenti delle Corti di appello con i programmi previsti dall’art. 37, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2011 n. 98 convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111”
6. Orbene, come ripetutamente statuito dal Giudice delle Leggi, “l’invocato art. 106, secondo comma, Cost. rimette alla discrezionale valutazione de/legislatore ordinario se ammettere, o meno, la nomina di magistrati onorari, con la conseguenza che tale facoltà evidentemente comprende anche quella di stabilire, con norme di carattere organizzatorio, a quali condizioni e in presenza di quali presupposti detti magistrati debbano in concreto esercitare le funzioni loro affidate” (Corte cost. ordinanza 30 novembre 1988, n. 1055; id. ordinanza n. 132 del 1989). Tuttavia la Corte costituzionale nelle poche pronunce che si sono occupate della questione della nomina dei magistrati onorari, ha ritenuto compatibile con il dettato costituzionale la “supplenza” di un magistrato componente di collegio con un magistrato onorario (l’originario art. 105 Ord. giud. consentiva la sostituzione in mancanza di giudici professionali con il “vice pretore onorario”).
In particolare con la sentenza del 7 dicembre 1964 n. 99 (e con la successiva ordinanza dichiarativa di manifesta infondatezza del 23 aprile 1965 n. 36) la Corte costituzionale, sollecitata a verificare la compatibilità costituzionale dell’art. 105 dell’Ord. Giud. – nella parte in cui consentiva, qualora non fosse dato ricorrere alla supplenza mediante altri magistrati professionali, di destinare un “vice pretore onorario” della stesse sede, a comporre il collegio giudicante del Tribunale – ha fornito una interpretazione del comma 2 dell’art. 106 (“La legge sull’ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli”) volta a distinguere tra la “nomina” attributiva di “status” che ricollega il magistrato onorario all’Ufficio giudiziario monocratico (al tempo, la Pretura) ed invece le funzioni esercitabili dal magistrato addetto a quell’Ufficio (monocratico) che, se pure soltanto per fare fronte a situazioni temporanee ed eccezionali, possono non coincidere con le funzioni monocratiche del pretore, trovando titolo nel “conferimento di un incarico di supplenza” (in motivazione: “L ‘art. 106 stabilisce che le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso: tuttavia, le funzioni del giudice singolo (pretore e conciliatore) possono essere esercitate da magistrati onorari. Questo essendo il significato della norma in esame, la quale non tratta dell’esercizio delle funzioni giudiziarie e tanto meno della attribuzione di funzioni a determinati organi, non sembra dubbio che la frase: “per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli” debba intendersi come indicazione generica dell’ufficio nel quale i magistrati onorari possono essere ammessi ad esercitare funzioni giudiziarie.”), pervenendo in tal modo ad escludere un “vulnus” al principio della regola del concorso di cui al comma 1 dell’art. 106 Cost.: “Anche senza tenere conto dell’argomento letterale (la frase “tutte le funzioni” comprenderebbe non soltanto quelle ordinarie, ma anche le funzioni temporanee ed eccezionali derivanti da un incarico di supplenza), per decidere la questione, è sufficiente rilevare che risolvendosi “la nomina” nella costituzione dello stato giuridico del magistrato nell’ambito dell’ordinamento giudiziario, la possibilità di un temporaneo incarico di supplenza presso un collegio giudicante non può essere confusa con un precetto riguardante detto “stato”. E già questa Corte ha avuto occasione di affermare che i provvedimenti, i quali, per ragioni contingenti, facciano luogo alla temporanea destinazione di un magistrato ad una sede oppure ad una funzione diversa da quelle alle quali egli sia assegnato, non incidono sullo “stato” dei magistrati (sentenza n. 156 del 1963)”, tanto più che la norma di cui all’art. 105 Ord. giud. “risponde altresì ad esigenze eccezionali dell’amministrazione della giustizia, che si verificano soprattutto nei piccoli Tribunali, nei quali non è possibile talvolta comporre il collegio giudicante per mancanza di un giudice” (ibidem).
Investita della questione di legittimità costituzionale dell’art. 90 della legge 26 novembre 1990 n. 353 (che al comma 5 prevedeva – al fine di esaurire le pendenze alla data 30 aprile 1995 – la possibilità per il presidente del tribunale di disporre supplenze dei componenti dei collegi giudicanti, con vice pretori onorari, anche in assenza delle condizioni richieste dall’art. 105 Ord. giud.) la Corte costituzionale nella sentenza 6 aprile 1998 n. 103, e nella successiva ordinanza 12 dicembre 1998 n. 400, ribadiva ancora che la differenza tra “nomina” (come attribuzione di status) ed “assegnazione precaria” rendeva compatibile l’istituto della “supplenza” – ricondotta alla seconda ipotesi – con l’art. 106 Cost., evidenziando come il limite di tenuta della norma di legge rimaneva superato laddove si fosse invece operata la trasformazione dell’incarico “in un sostanziale incardinamento nell’ufficio,” e “il magistrato addetto ad un ufficio monocratico – qual è il vice pretore onorario — [fosse stato trasformato] in magistrato appartenente ad un organo collegiale”, superamento che nella specie non si verificava in considerazione:
a) della limitazione della sostituzione collegiale con un solo magistrato onorario ed esclusivamente per singole udienze o processi (come previsto dall’allora vigente art. 97, comma 4, Ord. giud.);
b) della necessità di dovere fare fronte a “esigenze eccezionali dell’amministrazione della giustizia” ed esclusivamente in via temporanea.
7. Osserva il Collegio che la evoluzione del quadro normativo esistente al tempo delle pronunce della Corte costituzionale non sembra privare di attualità la questione di legittimità costituzionale per violazione dell’art. 106, comma 2, Cost., laddove l’asse portante di quelle decisioni deve essere rinvenuto pur sempre nella distinzione tra “provvedimenti che attengono allo stato giuridico” e provvedimenti che “per ragioni contingenti – volte ad assicurare la continuità e la prontezza della funzione giurisdizionale – facciano luogo alla temporanea destinazione di un magistrato ad una sede o ad una funzione diversa” (la distinzione tracciata dalla sentenza 13 dicembre 1963 n. 156 della Corte costituzionale è nella diversa natura dei provvedimenti di assegnazione, di carattere “permanente” e di carattere “provvisorio”).
Le modifiche introdotte all’Ordinamento giudiziario (r.d 30 gennaio 1941 n. 12) dal decreto legislativo 19 febbraio 1998 n. 51 (l’art. 42 bis, comma 2, dispone -al tribunale ordinario possono essere addetti giudici onorari”; l’art. 43 bis – nel testo vigente fino alla abrogazione disposta dall’art. 33, comma 1, lett. a), del Dlgs 13 luglio 2017 n. 116 – disponeva ai commi 1 e 2 “I giudici ordinari ed onorari svolgono presso il tribunale ordinario il lavoro giudiziario loro assegnato dal presidente del tribunale o, se il tribunale è costituito in sezioni, dal presidente o altro magistrato che dirige la sezione. I giudici onorari di tribunale non possono tenere udienza se non nei casi di impedimento o di mancanza dei giudici ordinari.”; l’art. 105 è stato inoltre abrogato dall’art. 30, comma 2, del Dlgs 18 febbraio 1998 n. 51) non hanno, infatti, modificato, né avrebbero potuto, i limiti costituzionali entro i quali può espandersi l’impiego del magistrato onorario “per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli”.
8. Tanto premesso, occorre osservare che le sentenze della Corte di legittimità che si sono occupate della materia, sotto il profilo del dedotto vizio di nullità-inesistenza della sentenza “per la illegittima composizione del collegio giudicante, avendone fatto parte un vice pretore onorario in violazione degli arti. 158 e 161 c.p.c. nonché degli arti. 18 e 21 della legge 11 agosto 1973 n. 533”, hanno tutte riconosciuto la legittimità dei provvedimenti di “supplenza” del magistrato onorario (Vice pretore onorario, Giudice onorario di tribunale – GOT) destinato ad integrare il collegio giudicante, evidenziando al riguardo come alcuna limitazione “ratione materiae” fosse stata introdotta dalla legge, neppure per le controversie di lavoro e di previdenza ed assistenza obbligatorie (cfr. Corte cass. Sez. L, Sentenza n. 11178 del 14/12/1996; id. Sez. L, Sentenza n. 26812 del 07/11/2008), ma ribadendo il principio statuito nelle sentenze della Corte costituzionale secondo cui, al di fuori dell’assegnazione temporanea (supplenza) poteva essere attribuito al magistrato onorario soltanto l’esercizio delle funzioni attribuite al singolo Giudice togato (così Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 12207 del 20/08/2003, in relazione a sentenza del Tribunale pronunciata dal giudica onorario aggregato -GOA- in funzione monocratica; ed ancora relativamente alla formazione delle tabelle per la ripartizione interna degli affari giurisdizionali, quanto alla assegnazione delle procedure esecutive ai giudici onorari, secondo la previsione dell’art. 43 bis del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, come aggiunto dall’art. 10, comma 1, del citato d.lgs. n. 51 del 1998: Corte cass. Sez 3, Sentenza n. 5342 del 05/03/2009; ancora con riferimento ai giudici onorari aggregati presso i tribunali -GOA- istituiti dalla legge 22 luglio 1997, n. 276: Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 19741 del 19/09/2014).
Non sembra percorribile, pertanto, una linea interpretativa evolutiva orientata costituzionalmente alla “istituzionalizzazione” – id est: al di fuori di provvedimenti eccezionali di assegnazione temporanea o, comunque, limitati e circoscritti ad uno scopo assolutamente peculiare, predeterminato e definito quanto ad oggetto e durata – dell’assegnazione ai magistrati onorari di funzioni giudicanti riservate ai componenti di organi giudiziari collegiali.
9. Non nega il Collegio che una interpretazione per così dire ampia del comma 2 dell’art. 106 Cost. consentirebbe di riferire il limite di compatibilità costituzionale alla assegnazione di tutte quelle “funzioni” che ciascun magistrato togato può esercitare in quanto tale, in tal modo potendo riconoscersi al magistrato onorario le stesse funzioni che vengono riconosciute al singolo magistrato professionale in qualità di “componente” di un organo collegiale: ma così operando più che un superamento in via di interpretazione evolutiva si determinerebbe un aggiramento del principio affermato nelle precedenti sentenze della Corte costituzionale, secondo cui il limite di compatibilità con l’art. 106, comma 2, Cost. è stato storicamente identificato con l’assegnazione al giudice onorario delle competenze giurisdizionali proprie dell’ufficio giudiziario che poteva essere assegnato ad un singolo Giudice, e che trova la sua ragione nel riservare ai Giudici ordinari che “costituiscono” l’Ordine giudiziario, la decisione delle questioni maggiormente rilevanti, sia dal punto di vista della materia e del valore, sia per la loro maggiore complessità e difficoltà tecnica nella soluzione delle questioni giuridiche che vengono in rilievo, tanto valendo per il primo grado di giudizio, mentre la funzione di “revisio prioris istantiae” riservata al grado impugnatorio, quale momento di controllo di merito di una precedente decisione giurisdizionale, in quanto funzione attribuita – originariamente – ad un organo collegiale, impediva – proprio alla stregua della assenza di una funzione giudicante attribuita al Giudice singolo – tanto la composizione del collegio unicamente con magistrati onorari, quanto un impiego generalizzato e stabile del magistrato onorario quale componente del collegio.
É bene vero che tale distinzione veniva a svolgere un ruolo discriminante quando esisteva ancora l’ufficio di Pretura (in cui si realizzava una piena coincidenza tra le funzioni giurisdizionali assegnate al “singolo” magistrato e la “competenza” dell’ufficio giudiziario), mentre oggi tale coincidenza si rinviene soltanto nell’ufficio – monocratico – del Giudice di Pace, che però è già assegnato per legge ad un magistrato onorario (la legge 21 novembre 1991, n. 374 ha istituito il giudice di pace, definito “magistrato onorario appartenente all’ordine giudiziario”: art. 1 comma 2), con la conseguenza che l’abolizione dell’ufficio giudiziario “singolo” rendeva attuale la esigenza di attribuire una diversa estensione semantica al sintagma “tutte le funzioni attribuite a giudici singoli”, tenuto conto che negli altri uffici giudiziari (Tribunale; Corte d’appello) la funzione giudicante era esercitata collegialmente: non si trattava quindi di uffici giudiziari assegnati a “singoli” giudici.
La difficoltà esegetica poteva, tuttavia, ritenersi accantonata in seguito alla istituzione del Giudice unico di tribunale (Dlgs n. 51/1998), atteso che numerose delle competenze dell’ufficio giudiziario-Tribunale venivano a concentrarsi nel singolo giudice che, esercitando le funzioni decisorie monocratiche, si immedesima nell’ufficio giudiziario stesso. La riforma legislativa del 1998 veniva, infatti, a scindere le funzioni collegiali da quelle monocratiche attribuite ai magistrati assegnati al medesimo ufficio giudiziario (artt. 50 bis-50 quater c.p.c. della Sezione VI bis, Capo I, Titolo I, Libro I, del codice di rito, introdotti dall’art. 56 del Dlgs 19 febbraio 1998, n. 51; artt. 281 bis-281 nonies c.p.c. Capo III bis e ter, Titolo I, Libro II, del codice di rito, introdotti dall’art. 68 del medesimo decreto legislativo): proprio la separazione di tali funzioni all’interno del medesimo ufficio giudiziario, consentiva, pertanto, di individuare ancora il discrimine posto dalla norma costituzionale all’impiego del giudice onorario, nella assegnazione esclusivamente dell’esercizio di funzioni monocratiche attribuite al “singolo giudice” togato, in tal modo essendo state interpretate ed avendo trovato applicazione nella prassi organizzativa, nonostante l’assenza di espressi divieti concernenti l’esercizio delle funzioni collegiali da parte dei giudici onorari, le disposizioni dell’art. 43 bis dell’Ordinamento giudiziario (nel testo emendato dall’ultima modifica del decreto legge 7 aprile 2000, n. 82 convertito con modificazioni dalla L. 5 giugno 2000, n. 144, e successivamente abrogate dall’art. 33, comma 1, lett. a) del Dlgs 13 luglio 2017 n. 116).
10. Come è stato precedentemente anticipato, risulta del tutto evidente che, se si abbandona il criterio della coincidenza della “funzione attribuita al singolo magistrato” con la “competenza dell’ufficio giudiziario monocratico”, e se si sposta invece l’attenzione dall’ “ufficio giudiziario” (attribuito al singolo giudice) esclusivamente alle “funzioni giudiziarie” esercitate dal singolo giudice (non limitate soltanto a quelle giudicanti), viene immediatamente in rilievo che anche il magistrato assegnato alla Corte d’appello esercita “singolarmente” la propria funzione giurisdizionale, sia nel caso di delega delle funzioni istruttorie, sia attraverso la partecipazione alla funzione deliberativa del collegio, dovendo quindi trarsene la logica conseguenza che al magistrato onorario, possono essere attribuite indifferentemente tutte le funzioni attribuite al singolo magistrato professionale, ed in particolare può essere concesso anche di partecipare “uti singulo” al collegio (analogamente a quanto è pacificamente previsto in relazione alla “supplenza” del componente professionale del collegio temporaneamente impedito), con l’unico limite, forse, del divieto della costituzione di un organo giudiziario collegiale composto esclusivamente – o prevalentemente – da magistrati onorari (tale limitazione è tradizionalmente ribadita da tutte le riforme legislative in materia di magistratura onoraria: art. 68, comma 1, d.l. n. 69/2013; art. 12, comma 1, terzo alinea del Dlgs n. 116/2017 e riflette – con riferimento alle funzioni giudiziarie esercitabili dal magistrato non assunto per concorso – quella stessa esigenza, strumentale all’affermazione della garanzia della precostituzione del giudice naturale ex art. 25 Cost., cui provvedono in caso di supplenza e di applicazione dei magistrati professionali gli art. 97, comma 4, -” É vietato l’intervento in ciascuna sezione di più di un supplente estraneo al collegio”- e 110, comma 6, -“Non può far parte di un collegio giudicante più di un magistrato applicato”- del r.d. n. 12/1941).
Una tale soluzione – praticabile in relazione ad istituti volti a provvedere esigenze di carattere temporaneo e che non possono essere altrimenti soddisfatti – non sembra collimare, tuttavia, con i principi trasmessi dalle pronunce sopra richiamate del Giudice delle Leggi. Ed infatti, anche a ritenere superata la tesi secondo cui il limite imposto all’impiego della magistratura onorario dall’art. 106, comma 2, Cost. debba essere riferito alle competenze assegnate al giudice cui è affidato un “ufficio giudiziario monocratico”, estendendo quindi la piena corrispondenza delle funzioni esercitabili dal giudice onorario a tutte quelle esercitabili dal singolo giudice professionale, permane sempre la necessità di riconoscere, alla stregua della norma costituzionale, quella fondamentale alterità tra la figura professionale e quella onoraria del magistrato, che si riflette anche sul piano dell’esercizio delle funzioni giudiziarie, in quanto espressione costitutiva ed identificativa dello “status” del magistrato (Corte cost., sentenza 13 dicembre 1963, n. 156). Pertanto, anche a non incontrare ostacoli nella nomina di magistrati onorari all’esercizio di tutte le funzioni attribuite al singolo giudice professionale, ivi incluse quelle esercitate collegialmente, tuttavia rimane ineludibile, se si vuole salvaguardare l’applicazione del precetto costituzionale, il carattere meramente temporaneo di detta assegnazione, diversamente venendosi a costituire mediante un impiego “generalizzato e stabilizzato” del magistrato onorario una figura parallela di giudice che si affianca a quello professionale esercitando gli stessi poteri e le stesse competenze degli uffici giudiziari nei quali è incardinato.
Al riguardo appaiono del tutto condivisibili le osservazioni formulate – con riferimento allo schema di decreto legislativo attuativo della legge delega 28 aprile 2016 n. 57 – dal Consiglio superiore della magistratura nel parere approvato con delibera 15 giugno 2017, secondo cui non potrebbe darsi, neppure seguendo un percorso ermeneutico evolutivo, una totale piena equiparabilità della magistratura onoraria a quella professionale nell’esercizio delle funzioni giudiziarie: “Va infatti considerato che l’attribuzione di competenze così significative, sul piano tecnico ed economico, come quelle previste dalla legge delega e dallo schema, presuppone livelli di professionalità mediamente propri del giudice togato (selezionato sulla base di complessa procedura concorsuale, che svolge il lavoro di magistrato a tempo pieno ed esclusivo ed è sottoposto a quadriennali valutazioni di professionalità e ad un sistema disciplinare più articolato e penetrante di quello previsto per i giudici onorari). Non si può poi sottacersi che l’affidamento di controversie di non banale livello tecnico ed economico postula l’attribuzione, al magistrato che le istruisce e soprattutto le giudica, di uno status che, anche sul piano della percezione sociale, fornisca nel complesso adeguate garanzie in ordine alla qualità della risposta giurisdizionale. Sotto questo profilo, non appare ragionevole assegnare cause di valore economico così elevato a magistrati che non esercitano l’attività in via esclusiva ed ai quali è riservato un livello retributivo modesto, come quello delineato a regime dallo schema”.
11. Se la deroga alle previsioni degli artt. 102, comma 1, e 106, comma 1, Cost., mediante l’intervento nell’esercizio delle funzioni giudiziarie di soggetti che non costituiscono l’Ordine giudiziario, può trovare certamente bilanciamento in esigenze di natura organizzativa degli uffici giudiziari, anch’esse aventi fondamento costituzionale (art. 97 Cost.), e nella conseguente applicazione di misure atte a garantirne il funzionamento, non è dubbio allora che sia assolutamente imprescindibile circoscrivere i limiti entro i quali è consentito l’impiego del magistrato onorario nell’esercizio delle funzioni giurisdizionali demandate al magistrato professionale, ovverossia individuare in relazione a quali interessi, anch’essi di rilevanza costituzionale, possa operarsi il bilanciamento in esito al quale l’art. 106, comma 1, Cost. diviene recessivo.
Nelle richiamate pronunce della Corte costituzionale la questione era venuta in considerazione sotto l’aspetto dell’istituto della “supplenza” e della “applicazione” i cui elementi caratterizzanti erano forniti: 1- dall’urgenza ed eccezionalità del provvedere, onde non interrompere il funzionamento del servizio o dell’organo; 2- dalla temporaneità dell’intervento sostitutivo. Pertanto non confliggono con gli artt. 25 e 107 Cost. i provvedimenti “provvisori” adottati “in via contingente e temporanea” per ragioni “volte ad assicurare la continuità e la prontezza della funzione giurisdizionale” in dipendenza dei “vuoti (permanenti o temporanei) determinatisi negli organi giudiziari (a causa di decessi, promozioni, trasferimenti, ecc., o, rispettivamente, a causa di infermità, di congedi e di altri impedimenti temporanei)” (Corte cost. n. 156/1963, citata, con riferimento agli istituti della applicazione e della supplenza di magistrati professionali). Non confligge con l’art. 106 Cost. il conferimento ad un vice pretore onorario di un incarico di mera supplenza presso un organo collegiale, in quanto non determina una investitura dello “status”, laddove il provvedimento sia temporaneo e venga emesso per “ragioni contingenti” quali l’impossibilità di costituire presso un piccolo tribunale il collegio giudicate per mancanza di un giudice, ed il magistrato onorario sia chiamato in sostituzione “per singole udienze o singoli processi” (Corte cost. sentenza, 7 dicembre 1964, n. 99). Viene esclusa la violazione dell’art. 106, comma 1 e 2, Cost. qualora, in presenza di “esigenze eccezionali dell’amministrazione giudiziaria” (nella specie per sopperire allo scopo dell’esaurimento delle controversie civili pendenti alla data del 30.4.1995: art. 90 della legge 26 novembre 1990 n. 353), si faccia luogo a provvedimento di assegnazione provvisoria (supplenza) di magistrati onorari in organi collegiali, sempre che, per non “trasformare l’incarico temporaneo in un sostanziale incardinamento nell’ufficio”, sia prevista “la chiamata dei vice pretori per singole udienze o singoli processi” e la supplenza sia limitata nel tempo, essendo recuperata in tal caso la garanzia di imparzialità di cui all’art. 97 Cost. attraverso gli istituti della astensione e ricusazione, in quanto ritenuti “rimedi bastevoli stante l’occasionalità delle funzioni espletate” (Corte cost. sentenza, 6 aprile 1998, n. 103; Corte cost. ordinanza, 12 dicembre 1998, n. 400).
12. Orbene la normativa del DL n. 69/2013 sospettata di incostituzionalità non sembra rispondere ad alcuno dei limiti inderogabili posti dalla giurisprudenza costituzionale:
a) non risponde al criterio della “eccezionalità e contingenza della esigenza organizzativa” che richiede l’assegnazione provvisoria dell’incarico al magistrato onorario: l’art. 62, comma 1, del decreto legge individua lo scopo generale dell’intervento legislativo nell’ “agevolare la definizione dei procedimenti civili compresi quelli in materia di lavoro e previdenza”, dunque si tratta di uno scopo genericamente acceleratorio, ribadito anche dall’art. 68, comma 2, che specifica l’obiettivo da raggiungere, declinandolo in termini di incremento della produttività (“il giudice ausiliario deve definire nel collegio in cui è relatore e a norma dell’art. 72, comma 2, almeno novanta procedimenti per anno.”), e che emerge in modo inequivoco dalla relazione di accompagnamento al disegno di legge n. 1248 della XVII Legislatura, in cui viene in evidenza la “necessità” – che non riveste carattere meramente contingente ma che si palesa cronica e generalizzata – di “garantire un significativo apporto in termini di smaltimento dell’arretrato” al fine di realizzare lo scopo di primaria importanza di “ridurre la durata della causa” ed i tempi di definizione del processo. Tale essendo lo scopo dell’intervento legislativo, difetta del tutto l’elemento cronologico fondamentale che circoscrive la durata dell’impiego sostitutivo-integrativo del giudice onorario nella composizione dei collegi giudicanti, rendendolo compatibile con l’art. 106 comma 1 e 2 Cost., non essendo individuato, neppure “per relationem”, un limite temporale da osservare in funzione della risoluzione della situazione “eccezionale di emergenza”, diversamente da quanto, invece, era stato previsto nel caso dei provvedimenti di “supplenza extra ordinem” disciplinati dall’art. 90 della legge n. 353/1990, per cui la situazione di eccezionalità e la efficacia di detti provvedimento veniva in ogni caso a cessare, secondo quanto disposto dalla legge 22 luglio 1997 n. 27, con l’introduzione delle nuove sezioni stralcio del tribunale; e diversamente anche dalla stessa legge n. 27/1997 che aveva disposto la nomina di giudici onorari aggregati (GOA), costituiti in sezioni stralcio allo scopo di “definire i procedimenti civili pendenti davanti al tribunale alla data del 30 aprile 1995”, con esclusione di quelli già assunti in decisione e di quelli per i quali è prevista riserva di collegialità (art. 1, primo comma, della legge), circoscrivendo quindi l’ambito oggettivo delle cause destinate ai giudici onorari e, per relationem, anche il tempo dell’intervento sostitutivo
b) non risponde al criterio della temporaneità o meglio provvisorietà del provvedimento di assegnazione del magistrato onorario: il presidente della Corte d’appello, infatti, “assegna alle diverse sezioni” dell’ufficio giudiziario -ex arti. 65, comma 4, e 66 del decreto legge- il giudice ausiliario, il quale è collocato “nella pianta organica ad esaurimento” con indicazione dei posti disponibili presso ciascuna Corte territoriale (art. 65, comma 1) ed acquisisce “lo stato giuridico di magistrato onorario” (art. 72, comma 1). L’assegnazione del giudice onorario ausiliario all’ufficio collegiale con attribuzione di tutti i poteri riservati al magistrato professionale, senza alcuna previsione di un termine di durata relazionato alla esigenza organizzativa non altrimenti risolvibile, viene a commutarsi in una sostanziale nomina attributiva di status, come tale incompatibile con l’art. 106 commi 1 e 2 Cost.
c) non risponde ancora al criterio della “provvisorietà” dell’assegnazione dell’incarico collegiale: la durata della nomina del GA che è stata fissata in cinque anni prorogabile per altri cinque (art. 67, comma 1 e 2), e dunque per un tempo complessivo di gran lunga eccedente il triennio previsto per tutti gli altri magistrati onorari e pari allo stesso periodo massimo previsto tabellarmente per i magistrati professionali nella permanenza nel medesimo ufficio. Non è dato, pertanto, ravvisare l’indispensabile requisito di “occasionalità” dell’esercizio delle funzioni giudiziarie che, soltanto, impedisce di riconoscere nel provvedimento di assegnazione – secondo la richiamata giurisprudenza costituzionale – uno “stabile inserimento” del giudice onorario nell’ufficio giudiziario o nell’organo collegiale cui è stato destinato, come avviene per i magistrati professionali con la nomina e l’assegnazione di “status”: il decennale esercizio di funzioni giudiziarie collegiali da parte del giudice ausiliario presso la sezione della Corte d’appello cui è stato assegnato, lo converte, infatti, in componente fisso del collegio giudicante, competente a pieno titolo alla trattazione di tutti i procedimenti, senza limitazioni di materia o valore, assegnati a quella sezione (con l’unica limitazione, prevista in via generale dall’art. 62, comma 2, del decreto legge dei “procedimenti trattati dalla Corte d’appello in unico grado”), e con la costituzione di un proprio “ruolo” di cause delle quali è nominato relatore, venendo in tal modo del tutto disatteso il criterio, indicato dal Giudice delle Leggi, volto a delimitare oggettivamente l’incarico affidato al giudice onorario, attraverso la limitazione della applicazione al collegio “per una singola udienza o un singolo processo”, che appunto in considerazione della eccezionalità e temporaneità della assegnazione renderebbe compatibile con l’art. 106, comma 1 e 2, Cost. il provvedimento di incarico all’esercizio delle funzioni collegiali.
13. Conclusivamente gli artt. 62 (Finalità ed ambito di applicazione), comma 1, 65 (Pianta organica dei giudici ausiliari. Domande per la nomina a giudici ausiliari), commi 1 e 4, 66 (Presa di possesso), 67 (Durata dell’incarico), commi 1 e 2, 68 (Collegi e provvedimenti. Monitoraggio), comma 1, e 72 (Stato giuridico ed indennità), comma 1 del decreto legge 21 giugno 2013 n. 69, convertito con modificazioni nella legge 9 agosto 2013 n. 98, non risultano coerenti con le norme costituzionali – così come interpretate dalla giurisprudenza del Giudice delle Leggi – che riservano l’esercizio della funzione giurisdizionale ai magistrati ordinari nominati per concorso (artt. 102, comma 1, e 106, comma 1, Cost.), limitando l’accesso – da effettuarsi anche mediante nomina elettiva – di magistrati onorari soltanto “a tutte le funzioni attribuite a giudici singoli” (art. 106, comma 2, Cost.), rimanendo in conseguenza esclusa l’assegnazione del giudice onorario all’esercizio delle funzioni giurisdizionali esercitate dagli organi collegiali, salva la possibilità di sostituzioni od integrazioni dei collegi, disposte con provvedimenti provvisori, in conseguenza di situazioni organizzative temporanee ed eccezionali tali che, a causa di vacanze di organico od impedimenti del magistrato professionale, ne impediscano la composizione ed il regolare funzionamento. Non può non evidenziarsi, al proposito, la palese difformità in cui le norme del decreto legge si atteggiano rispetto alle successive ben diverse soluzioni adottate – proprio in relazione all’esercizio delle funzioni collegiali ed all’esercizio delle funzioni nei giudizi impugnatori – dal decreto legislativo 13 luglio 2017 n. 116 che se, da un lato, esclude che al giudice onorario addetto all’ufficio per il processo possano essere assegnati “i procedimenti di impugnazione avverso i provvedimenti del giudice di pace” (art. 11, comma 6, n. 2), dall’altro, limita l’accesso del giudice onorario agli organi collegiali civili solo quando sussistono particolari condizioni di emergenza organizzativa dell’ufficio, circoscrivendone l’attività alla trattazione dei soli giudizi già pendenti al momento dell’assegnazione e con esclusione della materia fallimentare e di quelle attribuite alle sezioni specializzate (art. 12).
Pertanto la eccezione di illegittimità costituzionale sollevata dalla parte ricorrente, in relazione al parametro dell’art. 106, comma 2, Cost., oltre che rilevante ai fini della decisione della causa, deve essere ritenuta non manifestamente infondata, non essendo possibile – a giudizio di questa Corte – salvaguardare la compatibilità costituzionale delle norme di legge denunciate attraverso una soluzione ermeneutica “orientata” dell’enunciato “tutte le funzioni attribuite a giudici singoli” contenuto nel comma secondo dell’art. 106, volta a riconoscere la piena ed assoluta identità di funzioni giudiziarie esercitabili dal magistrato professionale e da quella onorario, posto che tale soluzione ermeneutica renderebbe priva di autonoma portata precettiva la disposizione della norma costituzionale indicata a parametro, con evidenti riflessi anche sulla portata sistematica che deve essere, invece, riconosciuta al combinato disposto dal primo comma dell’art. 102 Cost. con il primo comma dell’art. 106 Cost., da cui emerge l’ineludibile opzione del Costituente che l’esercizio della giurisdizione venga affidato in via generale ai soli magistrati professionali.
14. Manifestamente infondata è invece la medesima questione sollevata in relazione agli artt. 3, 25, comma 1, e 111, comma 2, della Costituzione.
La ingiustificata disparità di trattamento intesa quale applicazione a situazioni identiche di norme regolatrici differenti, è ipotesi che esula dalla censura prospettata dal ricorrente secondo cui la irragionevolezza delle norme sul giudice ausiliario discenderebbe dalle altre norme di legge che disciplinano la magistratura onoraria tra cui l’art. 43 bis Ord. giud. ed il Dlgs n. 116/2017, atteso che le norme del decreto legge trovano eguale applicazione a tutte indifferentemente le controversie devolute alla competenza delle Corti d’appello: essendo appena il caso di aggiungere che – laddove fosse in ipotesi ritenuta la compatibilità delle norme di legge con l’art. 106 comma 2 Cost. – l’assunto del ricorrente di un ingiustificato diverso trattamento tra le cause assegnate in Corte d’appello al relatore professionale od a quello onorario od ancora tra le cause assegnate ad un collegio composto di soli magistrati professionali o invece composto anche da un giudice onorario, sarebbe smentito sia dall’esercizio collegiale della funzione giudicante, alla quale concorrono anche -ed in composizione prevalente- i magistrati professionali; sia dai meccanismi di controllo di qualità della decisione, interni ed esterni al collegio (deliberazione a maggioranza; verifiche relative alla diligenza del magistrato onorario) che impediscono di attribuire una diversa “valenza” ai provvedimenti definitori a seconda della composizione dei collegi giudicanti.
La garanzia del giudice precostituito per legge non va incontro a lesione, laddove l’assegnazione al collegio del giudice ausiliario non è disposta in vista della celebrazione di uno specifico processo, in quanto le disposizioni censurate non comportano deroghe alla competenza dell’ufficio giudiziario e rientrano tra quelle che compongono il quadro normativo dal quale desumere le regole prefissate dalla legge secondo criteri oggettivi e generali per l’identificazione del giudice competente, non sussistendo la denunciata violazione dell’art. 25, primo comma, della Costituzione, in quanto “la garanzia del giudice naturale non è lesa quando il giudice sia stato designato in modo non arbitrario né a posteriori, oppure direttamente dal legislatore in conformità alle regole generali, ovvero attraverso atti di soggetti ai quali sia stato attribuito il relativo potere nel rispetto della riserva di legge stabilita dall’art. 25, primo comma, della Costituzione (cfr., oltre alla già richiamata ordinanza n. 152 del 2001, sentenza n. 419 del 1998 e ordinanza n. 159 del 2000).” (Corte cost. ordinanza, 15 marzo 2002, n. 63).
Inconsistente poi il denunciato vulnus all’art. 111, comma 2, Cost., neppure peraltro argomentato, prevedendo le norme del decreto legge l’applicazione anche al magistrato onorario degli istituti dell’obbligo di astensione e della ricusazione
15. In conclusione va disposta la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale apparendo rilevante e non manifestamente fondata la questione di legittimità costituzionale delle norme di cui agli artt. 62 (Finalità ed ambito di applicazione), comma 1, 65 (Pianta organica dei giudici ausiliari. Domande per la nomina a giudici ausiliari), commi 1 e 4, 66 (Presa di possesso), 67 (Durata dell’incarico), commi 1 e 2, 68 (Collegi e provvedimenti. Monitoraggio), comma 1, e 72 (Stato giuridico ed indennità), comma 1, del decreto legge 21 giugno 2013 n. 69, convertito con modificazioni nella legge 9 agosto 2013 n. 98, nella parte in cui conferiscono al “giudice ausiliario” lo “status” di componente dei collegi nelle sezioni in cui è articolata la Corte d’appello, in relazione ai parametri di cui all’art. 106 comma 2 Cost. ed agli artt. 102 comma 1, e 106 comma
P.Q.M.
Visto l’art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
Ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza;
Solleva questione di legittimità costituzionale degli articoli 62, comma 1, 65 commi 1 e 4, 66, 67 commi 1 e 2, 68, comma 1, 72, comma 1, del decreto legge 21 giugno 2013 n. 69, convertito con modificazioni nella legge 9 agosto 2013 n. 98, siccome in contrasto con gli arti. 102 comma 1, 106 comma 1 e 2 della Costituzione. Sospende il giudizio in corso sino all’esito del giudizio incidentale di legittimità costituzionale.
Dispone che, a cura della cancelleria, gli atti siano immediatamente trasmessi alla Corte Costituzionale e che la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa, al Procuratore generale presso la Corte di Cassazione, nonché al Presidente del Consiglio dei Ministri e che sia anche comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.