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Nella 1^ parte di questo articolo pubblicato ieri, si è detto che con la L. 10/12/2012 n. 219 (entrata in vigore il 1/1/2013) e con il Decreto Legislativo 28/12/2013 n. 154 (entrato in vigore il 7/2/2014), sono state introdotte molte novità in materia di filiazione e che, una esse, piuttosto importante, è quella del criterio di ripartizione della competenza tra il Tribunale Ordinario (T.O.) ed il Tribunale per i Minorenni (T.M.), per effetto della modifica dell’art. 38 disp. att. cc.
In virtù di questa modifica, infatti, molte controversie che prima rientravano nella competenza del Tribunale per i Minorenni, ora, ricorrendo determinati presupposti, rientrano nella competenza del Tribunale ordinario.
Ma si è anche detto che questo nuovo art. 38 disp. att. cc dà luogo ad alcuni problemi interpretativi.
Cosa si deve intendere per giudizio ‘in corso’?
↑ Ai sensi del citato nuovo art. 38 disp. att. cc, l’attrazione della competenza funzionale in capo al T.O., per le azioni giudiziarie di sospensione o decadenza dall’esercizio della ‘responsabilità genitoriale’, ossia le c.d. azioni de potestate, non opera sempre, ma solo «nell’ipotesi in cui sia in corso, tra le stesse parti, giudizio di separazione o divorzio o giudizio ai sensi dell’art. 316 ….».
Ed allora è importante intendersi sul significato di giudizio ‘in corso‘. Cosa significa? è sufficiente che il ricorso di separazione o di divorzio sia depositato, oppure deve essere stata fissata almeno la prima udienza? E cosa succede qualora la domanda de potestate sia depositata avanti il T.M. (il quale, come si è visto, in difetto di giudizio di separazione o di divorzio, conserva la competenza funzionale esclusiva), e solo in un secondo tempo viene instaurato il giudizio di separazione o di divorzio?
Sembra preferibile ritenere che per giudizio ‘in corso’ debba intendersi il semplice deposito del ricorso (che, come noto, determina la pendenza della lite); e che qualora la domanda de potestate sia depositata prima dell’instaurazione, cioè del deposito, del giudizio separativo, dovrà essere trasferita immediatamente al T.O. perchè attratta nella sua competenza funzionale, non appena il T.M. ne venga informato.
C’è chi distingue, poi, il giudizio ‘in corso‘ dal giudizio ‘pendente‘, intendendo con il secondo un procedimento in stato di quiescenza (causa cancellata dal ruolo ed ancora riassumibile; pendenza dei termini per l’impugnazione; etc) e, quindi, escludendo, in quest’ultimo caso, l’operatività dell’attrazione della competenza in favore del T.O., competenza che, pertanto, rimarrebbe in capo al T.M. (vedi Protocollo Tribunale Minorenni Tribunale Ordinario Brescia).
Certo però che questo trasferimento di competenza da un giudice ad un altro, a seconda se sia o meno pendente il giudizio separativo/divorzile, è foriero di numerosi problemi: si pensi, per fare solo alcuni esempi, al problema di stabilire come praticamente fare questo trasferimento (è il T.M. che trasferisce tutto il fascicolo al T.O., oppure sono le parti che devono procedere alla riassunzione della causa davanti al T.O.?); al problema di stabilire a chi spetti la competenza ad adottare eventuali provvedimenti urgenti (al T.M. o al T.O?); alla sorte che dovranno avere detti provvedimenti urgenti adottati dal giudice non competente (saranno ugualmente efficaci?); nonchè quali provvedimenti urgenti debbano prevalere nel caso di adozione contemporanea tra i due giudici (quest’ultimo aspetto appare piuttosto rilevante se solo si pensi al fatto che, tra le novità della cit. L. 10/12/2012 n. 219, art. 3, vi è anche quella della immediata esecutività dei provvedimenti adottati), il che, dunque, è potenzialmente suscettibile di conflitto di titoli, in sede esecutiva.
I protocolli di intesa adottati dai Tribunali
E’ profondamente auspicabile l’adozione di protocolli tra i Tribunali ordinari ed i Tribunali per i Minorenni, volti a risolvere questi (ed altri) problemi, ed a prevenirne di ulteriori.
Allo stato, in effetti, da una ricerca svolta sul web, ne risultano adottati già alcuni e tra essi quelli che sono sembrati maggiormente meritevoli di attenzione sono il Protocollo adottato il 10/04/2013 da Tribunale Minorenni e Tribunale Ordinario Brescia; ed il Protocollo adottato il 14/12/2013 dal Tribunale per i Minorenni di Bari e Tribunale Ordinario di Foggia a cui hanno partecipato anche i rispettivi Ordini degli Avvocati di Foggia e di Lucera.
Va precisato che nessuno dei citati Protocolli contempla (nè avrebbe potuto visto che non era ancora entrato in vigore) il Decreto Legislativo 28/12/2013 n. 154 il quale, invece, contiene importanti modifiche in materia di filiazione, alcune di esse incidenti anche sulla competenza di cui qui si è trattato e di cui appresso.
Cosa si deve intendere per giudizio ex art. 316 cc?
↑ Si è sopra visto che, l’attrazione della competenza funzionale in capo al T.O., con sottrazione al T.M., opera non solo nella pendenza di giudizi separativi/divorzili, ma anche nell’ipotesi di «...giudizio ai sensi dell’art. 316 del codice civile».
Ora, nel momento dell’entrata in vigore della L. 10/12/2012 n. 219 con l’art. 316 cc intitolato ‘Esercizio della potestà dei genitori‘ ci si riferiva a quel procedimento con cui si disciplinava l’esercizio della potestà dei genitori sui figli legittimi (mentre l’esercizio della potestà sui figli naturali era da intendersi regolamentato dall’art. 317 bis cc).
Ora, il cit. Decreto Legislativo 28/12/2013 n. 154 agli artt. 39 e 40 modifica, rispettivamente, sia l’art. 316 cc che l’art. 317 bis cc.
Come detto, si tratta di due norme fondamentali per quanto concerne quella che prima della riforma si chiamava filiazione ‘naturale’ ed oggi si chiama filiazione ‘fuori dal matrimonio’.
Il testo dell’art. 317 bis cc, anteriore alla riforma di cui si tratta, disciplinava l’esercizio della responsabilità (ex potestà) genitoriale sui figli naturali, prevedendo la possibilità di ricorrere al giudice (ossia il T.M.) in caso di disaccordo tra i due genitori; mentre dopo la riforma introdotta con il Decreto Legislativo 28/12/2013 n. 154 esso ha assunto un contenuto completamente diverso, poichè regola i rapporti tra gli ascendenti ed i nipoti minorenni, con possibilità (per gli ascendenti) di ricorrere al giudice per l’adozione dei provvedimenti più idonei nell’interesse dei minori.
Sorte meno traumatica, ma sempre modificativa, ha avuto l’art. 316 cc, in quanto, come detto, prima dell’intervento del Decreto Legislativo 28/12/2013 n. 154, esso disciplinava l’esercizio della potestà dei genitori in generale rispetto ai figli (legittimi) con possibilità di ricorrere al giudice (giudice tutelare) in caso di contrasto; dopo la modifica operata con il cit. D.Lgs 154/2013, il contenuto non è cambiato in modo sostanziale, ma qualitativamente, perchè sembrerebbe applicabile a tutti i figli (sia quelli nati dentro il matrimonio, che quelli nati fuori da esso) nel senso della parificazione giuridica dei figli (ciò che, appunto, era ed è lo scopo principale della legge in questione).
Tornando, quindi, al problema in esame, quando l’art. 3 della L. 10/12/2012 n. 219 disponeva [e dispone] che la competenza funzionale ad adottare i provvedimenti in materia de potestate spetta al T.O., anzichè al T.M. (come invece prima previsto), nell’ipotesi di «...giudizio ai sensi dell’art. 316 del codice civile» (oltre che nei giudizi separativi), si riferiva certamente al ‘vecchio’ testo dell’art. 316 cc, non essendo ancora in vigore il D.Lgs 154/2013 che lo ha poi modificato come sopra ricordato.
Ed allora, poichè come si è visto per effetto del D.Lgs 154/2013, ora il nuovo art. 316 cc contiene sostanzialmente anche le previsioni del ‘vecchio’ art. 317 bis cc (completamente rinnovato e mutato nel suo contenuto), la deroga della competenza funzionale in favore del T.O. sarà da intendersi ugualmente valida?
Sembrerebbe di dover propendere per una risposta affermativa ma, come su altri, anche su questo punto, servirebbe un intervento normativo correttivo e di coordinamento delle norme.
A chi compete la modifica dei provvedimenti?
↑ Alla luce delle novità normative sopra viste, vi è anche da chiedersi a quale giudice spetti la competenza a pronunciare la modifica dei provvedimenti emessi in materia di affidamento e/o mantenimento e/o de potestate.
Infatti, ad esempio, se è vero, che la competenza al T.O. spetta solo quando sia ‘in corso’ un giudizio separativo, cosa accade allorchè sia richiesta la modifica di un provvedimento in punto di affidamento/mantenimento/de potestate quando il giudizio separativo (o analogo) sia già concluso con provvedimenti definitivo?
Nel silenzio della legge sul punto, un principio di buon senso vorrebbe che fosse sempre lo stesso giudice ad apportare le modifiche ai propri provvedimenti, per effetto di ragioni sopravvenute. Tuttavia non la pensano tutti così.
In effetti il dettato normativo (L. 10/12/2012 n. 219, art 3) disponendo che «…per tutta la durata del processo la competenza, anche per i provvedimenti contemplati dalle disposizioni richiamate nel primo periodo, spetta al giudice ordinario» sembrerebbe lasciare intendere che, una volta terminato il processo, la competenza ritorni al T.M..
Sul punto, il Protocollo intesa Trib. Min. Bari e Trib. Ordinario Foggia, ad esempio, prevede espressamente che le richieste di modifica dei provvedimenti de potestate di regola siano di competenza del T.M., mentre vengono attribuite alla competenza del T.O. quando vengano presentate insieme ad una domanda di modifica anche dei provvedimenti di separazione, divorzio, etc.
Sul punto vi è anche un’interessante pronuncia del Tribunale di Milano (decreto 3/5/2013) di inammissibilità del ricorso con cui si chiedeva la modifica dei provvedimenti limitativi della potestà genitoriale (oggi, denominata responsabilità genitoriale per effetto della modifica terminologica del più cit. D. L.gs 154/2013); in questo caso, infatti, l’inammissibilità del ricorso viene dichiarata proprio in considerazione del fatto che la domanda di modifica dei provvedimenti de potestate, proposta in via autonoma e non unitamente ad un giudizio separativo, non rientra nella competenza del giudice ordinario, ma in quella del giudice minorile (vedi Tribunale di Milano decreto 3/5/2013).
Conclusioni
Le conclusioni, su questa breve carellata di novità in punto di competenza, sorgono spontanee: la riforma introdotta con i due interventi legislativi più volte richiamati, è stata sicuramente animata da buoni intenti, tra cui certamente quello di agevolare l’accesso alla giustizia individuando con maggiore facilità il giudice competente, tuttavia, non sembra proprio che questi intenti siano riusciti, anzi, con queste modifiche, se possibile, si è creata maggiore confusione ed incertezza rispetto a quella prima regnante.
Ed i Procolli di intesa sino ad ora adottati, o comunque noti, nel tentativo di coordinare i due giudici (quello ordinario e quello minorile) e di colmare le lacune legislative, corrono il rischio di effettuare interpretazioni illegittime della norma.
Documenti & materiali
↑ Scarica il testo del L. 10/12/2012 n. 219
Scarica il testo del Decreto Legislativo 28/12/2013 n. 154
Scarica il testo del Protocollo Tribunale Minorenni Tribunale Ordinario Brescia
Scarica il testo del Protocollo intesa Trib. Min. Bari e Trib. Ordinario Foggia
Scarica il testo del Tribunale di Milano (decreto 3/5/2013)
Avviso “Replay”
Questo articolo è stato pubblicato in data 19/02/2014 ed è stato uno dei più letti del nostro blog. Non costituisce un aggiornamento e viene nuovamente pubblicato nella sua stesura originaria per la serie “Replay” di agosto 2015.