Cessione d’azienda e revocatoria fallimentare: il cessionario (di regola) non risponde

By | 23/01/2018

Con un’interessante decisione che oggi vi proponiamo (Cass. Civ., Sez. Un., 28/02/2017, n. 5054), le Sezioni Unite intervengono sull’interpretazione dei limiti della responsabilità del cessionario d’azienda ai sensi dell’art. 2560, 2° co., C.C.1 in una fattispecie particolare, nella quale alla cessione aziendale si era sovrapposta la revocatoria fallimentare di pagamenti ai sensi dell’art. 67, 1° co., n. 2, L. Fall.

Il caso

Tizio, quale titolare dell’omonima ditta individuale, dopo avere incassato somme dalla società Alfa, in notorio stato di insolvenza, conferisce la propria azienda nella società Beta (che verrà, da ultimo, a propria volta, incorporata nella società Gamma durante il  giudizio sfociato nella decisione odierna).

La società Alfa, dopo il pagamento a Tizio, viene sottoposta a LAC e la procedura si aziona in revocatoria, ex art. 67, 2° co., L. Fall., contro la società Beta per ottenere la declaratoria di inefficacia dei pagamenti a Tizio.

La società Beta, tuttavia, resiste adducendo la propria carenza di legittimazione passiva in relazione ad un debito che non risultava dalle scritture contabili dell’azienda conferitale da Tizio.

La revocatoria di Alfa viene accolta sia in primo che in secondo grado e, da ultimo, la società Beta (nel frattempo divenuta Gamma in seguito a fusione per incorporazione), ricorre per cassazione, ivi ponendo, come rileva il precedente di legittimità in commento, «una questione di particolare importanza concernente l’interpretazione dell’art. 2560 cod. civ».

La questione e la decisione: non si risponde per il debito “da revocatoria”

Tale questione interpretativa è riconducibile al tema dell’identificazione dei reali confini della norma contenuta nell’art. 2560, 2° co., C.C., che, nel caso di trasferimento d’azienda, addossa al cessionario di quest’ultima, in via solidale con il cedente, la responsabilità per i debiti inerenti l’esercizio dell’azienda stessa anteriori al trasferimento «se essi risultano dai libri contabili obbligatori».

Ed è proprio sulla corretta interpretazione di tale condizione del “risultare dai libri contabili obbligatori” che si appunta l’attenzione del Supremo Consesso nella decisione odierna.

Quest’ultima parte dal rilevare come il giudice del merito avesse fatto applicazione del principio secondo il quale è

«sufficiente, ai fini dell’insorgere della responsabilità solidale prevista dalla norma, la conoscibilità, tramite i libri contabili obbligatori, del precedente rapporto contrattuale intrattenuto dal dante causa con un imprenditore, divenuto poi insolvente alla data del pagamento: pur se il concreto debito restitutorio maturi solo all’esito dell’accoglimento della domanda di revoca, in epoca successiva al trasferimento aziendale»,

principio che, tuttavia, viene del tutto disatteso dalle Sezioni Unite.

Secondo queste ultime, infatti, l’impostazione interpretativa appena citata finisce con il dilatare

«a dismisura l’ambito di applicazione dell’art. 2560 c.c., comma 2, includendo nella previsione di solidarietà obbligazioni non ancora venute alla luce, sulla sola base di un documentato fatto genetico mediato: e dunque, un mero rischio di sopravvenienza passiva, anziché un debito già maturato ed annotato nei libri contabili, come testualmente previsto dalla norma».

Cosicché, proprio per tale assorbente ragione non è possibile

«ritenere estensivamente inclusa nel trasferimento dell’azienda commerciale anche una situazione non già di debito, bensì di soggezione ad una successiva azione revocatoria promossa dal curatore del fallimento del solvens».

L’eccezione alla regola

Tale condivisibile conclusione soffre una sola eccezione, che si verifica allorché cedente e cessionario di azienda sostanzialmente coincidano tra loro (ricorrendo, dunque, la «carenza di un’effettiva alterità soggettiva delle parti titolari dell’azienda»), come accade nelle ipotesi di

«trasformazione, anche eterogenea, della forma giuridica del soggetto (art. 2498 c.c. e segg.) – stante la continuità dei rapporti giuridici pendenti»

ed in quella di

«conferimento dell’azienda di un’impresa individuale in una società unipersonale (che non costituisce una trasformazione in senso tecnico)»,

accumunate dal fatto dell’esservi ravvisabile

«una perdurante identità soggettiva – sostanziale, se non formale – significativa di una conoscenza diretta dei rapporti giuridici in fieri, estranea alla ratio protettiva del successore a titolo particolare nell’azienda, sottesa all’art. 2560 c.c.».

Documenti & materiali

Scarica Cass. Civ., Sez. Un., 28/02/2017, n. 5054

Note al testo

1. L’art. 2560 C.C. recita: «Art. 2560 – Debiti relativi all’azienda ceduta. [I] L’alienante non è liberato dai debiti, inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi hanno consentito. [II] Nel trasferimento di un’azienda commerciale risponde dei debiti suddetti anche l’acquirente dell’azienda, se essi risultano dai libri contabili obbligatori».

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