Il D.L. 11/2020 e la vergognosa vicenda della sospensione che non c’è. Giocare con i termini processuali significa giocare con l’esistenza delle persone

By | 14/03/2020

Nota di aggiornamento: tre giorni dopo la pubblicazione del presente articolo, il Governo è intervenuto sul tema con con il D.L.80/2019. Per una prima lettura relativa al tema della sospensione dei termini potete consultare l’articolo «Decreto “cura Italia” 18/2020: primissima lettura delle nuove disposizioni sulla sospensione dei termini processuali per il processo civile e penale e tributario»

Personalmente, dopo quasi trent’anni di professione, credevo di aver visto più o meno di tutto.

Di aver visto, cioè, toccare il fondo dell’incompetenza e dell’incapacità da parte dei diversi legislatori arruffoni e impreparati, privi di qualsiasi visione, teorica, pratica, di breve periodo, come di lungo periodo, anzi, privi di qualsiasi visione tout court, che si sono affastellati l’uno dopo l’altro, o meglio, l’uno sull’altro, in tutto questo tempo.

E invece non era così, poiché, la vergognosa vicenda dei termini processuali e della loro “sospensione che non c’è” che oggi ci tocca di sperimentare dimostra che a tale ignavia imbelle ed incapace non c’è davvero fine.

Cosa è successo

Rissumo, per chi si fosse perso qualche puntata di questa incredibile farsa, l’accaduto.

Nella convulsa serata dello scorso 8 marzo, è stato pubblicato in G.U. n. 60/2020 il D.L. 08/03/2020, n. 11, preceduto da un  comunicato stampa del Ministero della Giustizia, diffuso qualche ora prima.

Il provvedimento in questione, dedicato alle «misure straordinarie ed urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da covid-19 e contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria», contiene, in particolare, due norme che stanno determinando interpretazioni estremamente problematiche, dedicate, rispettivamente, ai rinvii dei processi in corso (civili, penali, tributari e militari, ex art. 1, comma 1,D.L. 08/03/2020, n. 11 cit.) ed alla corrispondente sospensione dei termini processuali (comma 2 della medesima disposizione).

Questo il tenore testuale della disposizione:

«1. A decorrere dal giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto e sino al 22 marzo 2020 le udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari, con le eccezioni indicate all’articolo 2, comma 2, lettera g), sono rinviate d’ufficio a data successiva al 22 marzo 2020.

2. A decorrere dal giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto e sino al 22 marzo 2020 sono sospesi i termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti indicati al comma 1, ferme le eccezioni richiamate. Ove il decorso abbia inizio durante il periodo di sospensione, l’inizio stesso è differito alla fine di detto periodo».

Quali sono i termini sospesi?

Il primo problema interpretativo che si è posto sin dalle prime ore successive all’entrata in vigore, dunque, riguarda l’ambito di applicazione della sospensione dei termini prevista dal decreto in questione: la sospensione prevista dal comma 2 art. 1 cit., cioè, è generalizzata oppure riguarda i soli procedimenti rinviati ex primo comma della medesima disposizione?

La risposta è, sotto un profilo letterale, quanto, almeno per chi scrive abbastanza chiara: il primo comma dell’art. 1 cit. (cui si riporta il secondo comma nel disporre la sospensione dei termini) fa, infatti, riferimento al rinvio delle «udienze dei procedimenti civile e penali pendenti» a decorrere dal 09/03/2020 (giorno successivo all’entrata in vigore del D. L. cit.) sino al 22/03/2020 e, dunque, ad un sottoinsieme dell’insieme dei procedimenti pendenti, non a tutti questi ultimi.

Un sottoinsieme, cioè, composto di quei procedimenti che soddisfano i seguenti requisiti: (-) essere pendenti alla data di entrata in vigore del D.L.; (-) essere chiamati tra il 9 ed il 23 di marzo; (-) essere ivi rinviati perché non rientranti nelle esclusioni di cui all’art. 2 D. L. cit.

Dunque, ammesso ciò, la sospensione non vale,  non varrà, a titolo di esempio, per i procedimenti pendenti, ma non chiamati tra il 09/03 e il 22/03 e, dunque, non oggetto di rinvio (ad esempio: procedimento con termini istruttori già fissati a suo tempo; citazioni a comparire con termine per la costituzione in corso; impugnazioni pendenti; opposizioni a decreto ingiuntivo. Lo stesso comunicato stampa di cui sopra avvalora tale interpretazione laddove recita: «sono sospesi i termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti rinviati») o per i procedimenti non tecnicamente pendenti (citazioni in corso di notificazione ad esempio).

E questo è solo l’inizio dell’elencazione casistica delle varie problematiche che si è vista scorrere su tutti i siti/social durante questi giorni – basti pensare al distinto tema dei termini a ritroso, che rischiano di essere scaduti addirittura nel passato, a causa dell’impatto di questa assurda norma – su cui non mi attarderò oltre, perché ormai è storia.

I tentativi interpretativi di porre rimedio a questo disastro

Di fronte a ciò, i vari Fori hanno emesso provvedimenti ad hoc tentando di salvare il senso complessivo della disposizione, frustrato, evidentemente, dall’interpretazione letterale di cui sopra.

Ma ciò hanno fatto nella consapevolezza della delicatezza di un’attività interpretativa che resta tale e che, quando i procedimenti in questione approderanno alla S.C., non si sa davvero che accoglienza troverà.

Ad esempio, il Tribunale di Frosinone, pur tentando di offrire un’interpretazione lata e ragionevole al paradossale dettato legislativo di specie, sul tema delle impugnazioni (in senso lato, comprensive, cioè, ad esempio, anche delle opposizioni a decreto ingiuntivo), ha prudentemente concluso come segue:

«É ovvio che si tratta di questione la cui soluzione è largamente condizionata dall’orientamento che assumeranno le Corti superiori (d’Appello e di Cassazione) chiamate a decidere sulla tempestività della maggior parte di codesti atti. Pertanto, fermo restando l’impegno del Tribunale di Frosinone a pervenire ad una soluzione unanime sulle fattispecie di propria competenza (reclami cautelari, opposizioni a decreti ingiuntivi, ecc.) e a segnalare agli Uffici legislativi competenti l’opportunità di inserire, in sede di conversione in legge, una norma di interpretazione autentica almeno su questa specifica questione, sembrerebbe evidente la convenienza per i difensori di adottare prassi che scongiurino l’effetto decadenziale anche nell’ipotesi maggiormente sfavorevole, vale a dire quella secondo la quale la sospensione ex art. 1, comma 2, d.l. n. 11/2020 non si applica ai termini stabiliti per gli atti in questione che, dunque, andranno compiuti entro la data di scadenza che risulta considerando il termine come non sospeso».

Non diversa la conclusione, tratta nel medesimo Foro, sul tema della cd sospensione dei termini a ritroso:

«Lo scrivente non è in condizione di prevedere quale sarà la soluzione che prevarrà presso gli Uffici giudiziari di grado superiore (ben potendo l’eccezione di decadenza dal compimento dell’atto processuale, seppure respinta dal Tribunale di Frosinone, essere coltivata come motivo di impugnazione). Potrebbe allora essere prudente compiere l’atto entro il termine originariamente stabilito (vale a dire, senza considerare che esso sia soggetto alla sospensione di cui qui si sta trattando) e, proprio al fine di agevolare il compimento di tali atti pur nelle difficoltà derivanti dall’attuale situazione emergenziale epidemiologica da COVID-19, il Tribunale di Frosinone e il Consiglio da Lei presieduto hanno sottoscritto, in data odierna, il Protocollo che consente ai difensori di depositare validamente nei giudizi penali liste testimoniali, nomine, memorie e istanze cautelari utilizzando la posta elettronica certificata».

Dunque?

In altre parole, cioè, seguendo l’interpretazione letterale autorizzata da questo legislatore analfabeta-funzionale – cioè a dire, tanto per personalizzare, autorizzata dalle menti piccole e incapaci che hanno ideato il testo di questo decreto-legge criminale, ed indi l’hanno stilato così com’è, con le loro molli manine sudaticce da burocrati ottusi e cattivi – la sospensione dei termini, in realtà, riguarda una minima, trascurabile, percentuale dei processi. E tutti gli altri si impiccassero pure nell’incertezza del futuro.

Ma quel che è più grave è che le menti piccole piccole della burokratia incapace di cui sopra, per tentare di porre rimedio al danno, invece di fare subito l’unica cosa che andava fatta – cioè ricorrere ad una norma di interpretazione autentica, sicuramente retroattiva – hanno, prima, traccheggiato facendo circolare una sorta di bozza di lavori preparatori di non si sa bene cosa, ove veniva esposta un’improbabile interpretazione estensiva della questione de quo; e solo dopo aver capito, non si sa per qualche miracolo neurologico, che un intervento del genere serviva solo ad aumentare l’entropia dell’universo, hanno messo mano alla riforma, la cui bozza, però – quantomeno nel testo che circolava nella giornata di ieri – contiene la sola estensione della “sospensione che non c’è” sino al 03/04/2020, senza però intervenire sulla struttura complessiva del testo.

Con la conseguenza che, se tale rimarrà la pensata, tale rimarrà anche la “sospensione che non c’è”. E, dunque, toccherà rispettarli i termini. Redigere memorie, appelli, opposizioni. E portarle a mano dove il telematico ancora non esiste.

Con buona pace dell’hashtag “state a casa” che giustamente imperversa in questi giorni sui social.

In conclusione

La vergognosa vicenda sopra riassunta è tanto più vergognosa, quanto più si rifletta che la mente ottenebrata del legislatore oggi non sta giocando solo con i termini processuali – cosa già di per sé molto grave – ma sta baloccandosi con l’esistenza delle persone: con l’esistenza nostra e dei nostri clienti, in un momento di fortissima incertezza che tutti stiamo sperimentando in questi giorni per la prima volta.

Il che è inaccettabile: come esseri umani, come professionisti, come cittadini.

Ciò impone a tutti noi di non tacere in questo momento. Di farci sentire. A tutti i livelli, con in nostri COA. Con i nostri rappresentanti nelle associazioni e nelle istituzioni. Con tutti quelli che possono offrire un contributo fattivo per risolvere questa situazione incredibile.

Qualcosa è già stato fatto in questo senso (l’OCF è intervenuto sul punto con propria nota). Ma qualcosa si può e si deve ancora fare per impedire questo scempio che calpesta il processo ed i diritti fondamentali dei suoi protagonisti.

Facciamo sentire la nostra voce: una voce di dignità e di orgoglio. Per le persone che assistiamo e per noi stessi.

Documenti & materiali

Consulta il D.L. 08/03/2020, n. 11

Scarica il  comunicato stampa del Ministero della Giustizia

Scarica il provvedimento del Tribunale di Frosinone dell’11/03/2020

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Author: Avv. Luca Lucenti

Avvocato, nato a Pesaro il 20 ottobre 1961. Iscritto all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 1991. Abilitato al patrocinio dinanzi alle magistrature superiori dal 2004. Responsabile di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833

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