Il 14/04/2017 le Sezioni Unite penali hanno depositato un’importante pronuncia (n. 18620) in tema di reformatio in peius e rinnovazione istruttoria.
Già con il nostro articolo dell’11/07/2016 avevamo segnalato la pronuncia, sempre delle Sezioni Unite della Suprema Corte, e precisamente la 06/07/2016, n. 27620 (nota anche come sentenza Dasgupta) sullo stesso tema.
Senonchè, subito dopo la predetta pronuncia, la Sezione Terza penale della Corte, con la sentenza 12/07/2016, n. 43242 , si era pronunciata nel senso di negare obbligatorietà del rinnovo dell’istruttoria nell’ipotesi di rito abbreviato non condizionato, fermo restando il dovere di una motivazione ‘rafforzata’.
Alla luce di ciò, nel caso di cui qui ci occupa, la Seconda Sezione penale della Corte, ravvisando un contrasto di interpretazione giurisprudenziale, ha rimesso nuovamente alle Sezioni Unite. Sezioni Unite, che si sono pronunciate con la sentenza 14/04/2017, n. 18620 che qui, appunto, si segnala per la particolare importanza.
Il caso.
Il caso nasce dal ribaltamento per opera della Corte d’appello di Roma, di una sentenza di assoluzione per usura pronunciata dal Tribunale di Latina a seguito di giudizio abbreviato. In quel caso, la Corte territoriale di Roma, senza procedere alla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, pure inizialmente disposta, aveva ritenuto raggiunta la prova della colpevolezza dell’imputato, sulla base dello stesso materiale probatorio esaminato dal giudice di primo grado, diversamente valutato in punto di attendibilità della persona offesa e di coerenza della consulenza tecnico-contabile, e dunque aveva pronunciato la condanna dell’imputato.
L’imputato, tramite il difensore, impugnava in Cassazione detta sentenza, censurando il vizio di motivazione della stessa richiamandosi, tra l’altro, alla sopra citata sentenza Dasgupta, Sezioni Unite n. 27620/2016.
La sentenza S.U., 14/04/2017, n. 18620.
Con la sentenza 14/04/2017, n. 18620, Sezioni Unite della Corte chiariscono subito che l’oggetto del contrasto riguarda unicamente l’applicabilità o meno dei principi contenuti nella nota sentenza Dasgupta (S.U. 27620/2016) anche al giudizio abbreviato non condizionato.
E dopo aver dato atto dei due orientamenti effettivamente esistenti sul punto, la Corte prende posizione affermando l’applicabilità anche al giudizio abbreviato non condizionato dell’obbligo della rinnovazione dell’esame dei dichiaranti, nel caso il giudice d’appello, a fronte dell’impugnazione del pubblico ministero, ritenga di mutare in condanna l’assoluzione pronunciata in primo grado.
Testualmente, con la 18620/2017 le Sezioni Unite affermano che:
«il canone ‘oltre ogni ragionevole dubbio’ pretende che, in mancanza di elementi sopravvenuti, l’eventuale rivisitazione in senso peggiorativo compiuta in appello sia sorretta da argomenti dirimenti e tali da evidenziare oggettive carenze od insufficienze della decisione assolutoria, che deve, quindi, rivelarsi, a fronte della riformatrice, non più sostenibile, neppure nel senso di lasciare aperti residui ragionevoli dubbi sull’affermazione di colpevolezza».
Ed aggiungono che:
«per riformare un’assoluzione non basta una diversa valutazione di pari plausibilità rispetto alla lettura del primo giudice, occorrendo invece ‘una forza persuasiva superiore’, capace, appunto, di far cadere ogni ragionevole dubbio, perché, mentre la condanna presuppone la certezza della colpevolezza, l’assoluzione non presuppone la certezza dell’innocenza, bensì la mera non certezza della colpevolezza».
Proprio sulla base di queste considerazione, le Sezioni Unite della Corte giungono, come si è anticipato, a concludere che anche nell’ambito del giudizio abbreviato l’imperativo della motivazione ‘rafforzata’ è destinato ad operare in tutta la sua ampiezza attraverso l’effettuazione obbligatoria di una istruttoria e con l’assunzione per la prima volta in appello di una prova dichiarativa decisiva.
Secondo la Corte:
«sarebbe infatti difficilmente comprensibile come, di fronte ad un risultato dichiarativo cartolare, che caratterizza il giudizio abbreviato non condizionato, il giudice di appello […] possa pronunciare, in riforma di quella assolutoria, una sentenza di condanna espressione del ‘giusto processo’ e perciò equa, fondata solo sul rapporto mediato che esso ha con le prove, senza il diretto esame delle fonti dichiarative».
Seguendo il ragionamento delle Sezioni Unite, emerge un altro concetto di particolare interesse che viene espresso con l’affermazione secondo cui il giudizio di appello che voglia ribaltare una sentenza assolutoria, pur a seguito del rito abbreviato, costituisce un «un nuovo giudizio, in cui il dubbio sull’innocenza dell’imputato può essere superato, come già osservato, solo impiegando il metodo migliore per la formazione della prova».
Insomma, in conclusione, con la decisione 18620/2017 secondo le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, un accertamento cartolare in grado di appello a seguito di impugnazione del pubblico ministero di sentenza di proscioglimento è incompatibile con il superamento del limite del ‘ragionevole dubbio’, posto che una condanna che non si è nutrita dell’oralità nell’acquisizione della base probatoria, confligge con la presunzione di non colpevolezza di cui all’art. 27/2 Cost.
Va però anche chiarito che, sempre secondo le Sezioni Unite, detto principio di rinnovazione istruttoria, non si applica allorchè il documento di prova risulti semplicemente ‘travisato’, cioè quando emerga che la lettura della prova sia affetta da errore ‘revocatorio’, per omissione, invenzione o falsificazione, perché in questo caso la difformità cadrebbe sul significante (sul documento) e non sul significato (sul documentato), del che non vi è un’esigenza di rivalutazione del contenuto.
Documenti & materiali
Scarica la sentenza Cass. Pen., S.U., 06/07/2016, n. 27620
Scarica la sentenza Cass. Pen., Sez. III, 12/07/2016, n. 43242
Scarica la sentenza Cass. Pen., S.U., 14/04/2017, n. 18620