L’assegno divorzile e la sua funzione tripartita Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 30/10/2019, n. 27771


CASS. CIV., SEZ. VI, ORDINANZA 30/10/2019, N. 27771

L’assegno divorzile, ed in particolare la sua natura, continua ad essere questione sottoposta alla Corte di legittimità la quale, con la decisione che qui si segnala, coglie l’occasione per confermare il proprio recente orientamento sulla sua funzione tripartita: e cioè assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa.

La questione in breve

Il caso sottoposto alla Corte di legittimità è quello di un marito che si trova condannato a pagare un assegno dirvozile di € 3.500,00 mensili (poi ridotto a € 2.500,00 dalla corte territoriale) alla propria ex coniuge che godeva, oltre che di un’abitazione di proprietà, anche di una pensione di circa € 12.000,00 annui.

Il coniuge obbligato all’assegno, contesta ed impugna la decisione facendo leva sull’orientamento della Corte contenuto nella nota sentenza ‘apripista’  10/05/2017, n. 11504.

Sintesi della decisione

La Corte, giustamente, precisa che i principi della sentenza n. 11504/2017 della I Sezione, invocata dal coniuge obbligato ricorrente, sono stati poi superati dalla ulteriore sentenza n. 11/07/2018 n. 18287 delle Sezioni Unite.

E con una chiarezza che, non sempre ha avuto il merito di avere sulla questione, definisce finalmente i principi che devono essere osservati nella attribuzione, prima, e nella quantificazione, poi, del predetto assegno secondo i precisati criteri che si possono sintetizzare in quelli di rilevanza costituzionale di solidarietà post-coniugale.

Precisa la Corte, infatti, che

«la controversia deve essere esaminata alla luce della nuova giurisprudenza in materia di assegno divorzile compendiata nella sentenza n. 18287 dell’11 luglio 2018 delle Sezioni Unite Civili di questa Corte che, come è noto, ha affermato che il riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante, e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno. Il giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto. Infatti all’assegno divorzile in favore dell’ex coniuge deve attribuirsi, oltre alla natura assistenziale, anche natura perequativo-compensativa, che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà, e conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente non il conseguimento dell’autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate e senza che la funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, venga finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma piuttosto al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi.» (Massima non ufficiale)

Il testo integrale

[La Corte]

RILEVATO

Che:

1. Con ricorso del 6 ottobre 2014 il sig. [Omissis] ha chiesto al Tribunale di [Omissis] di pronunciare lo scioglimento del matrimonio contratto il [Omissis] con [Omissis]

2. Il Tribunale di [Omissis] con sentenza n. 3588/2016 ha dichiarato lo scioglimento del matrimonio e ha imposto al sig. [Omissis] il pagamento di un assegno divorzile mensile di 3.500 Euro.

3. La Corte di appello di [Omissis] con sentenza n. 5422/2017 ha ridotto la misura dell’assegno a 2.500 Euro, con decorrenza dal mese di novembre 2017 confermando nel resto la impugnata sentenza del Tribunale. Ha compensato per metà le spese del giudizio di appello e ha condannato il sig. [Omissis] al pagamento della residua quota in favore della sig.ra [Omissis].

4. Ricorre per cassazione il sig. [Omissis] secondo il quale il parametro dell’autosufficienza di cui alla sentenza n. 11504/2017 della Corte di Cassazione in materia di assegno divorzile non è stato interpretato in maniera rigorosa dalla Corte di appello che ha così violato e falsamente applicato la L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6. Rileva il ricorrente che la sig.ra [Omissis] gode di una pensione per complessivi Euro 12.192 annui, è proprietaria della sua abitazione in (…) e dispone di un ulteriore immobile in (…). Nell’ottobre 2015 ha estinto il mutuo ipotecario che comportava il pagamento di una rata mensile di 946,51 Euro. È quindi in possesso di mezzi adeguati di sussistenza. Il ricorrente censura poi con il secondo motivo il mancato esame della produzione documentale relativa ai redditi della sig.ra [Omissis].

5. [Omissis] si difende con controricorso e deposita memoria difensiva. Propone ricorso incidentale articolato in due motivi con i quali deduce: a) la violazione e falsa applicazione di legge con riferimento alla L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, per ciò che concerne il criterio di determinazione dell’an dell’assegno divorzile; b) la violazione e falsa applicazione di legge con riferimento alla L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, per ciò che concerne la mancata e comunque non corretta applicazione dei criteri per la determinazione del quantum dell’assegno divorzile posti da tale norma.

RITENUTO

Che:

6. La controversia deve essere esaminata alla luce della nuova giurisprudenza in materia di assegno divorzile compendiata nella sentenza n. 18287 dell’11 luglio 2018 delle Sezioni Unite Civili di questa Corte che, come è noto, ha affermato che il riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante, e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno. Il giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto. Infatti all’assegno divorzile in favore dell’ex coniuge deve attribuirsi, oltre alla natura assistenziale, anche natura perequativo-compensativa, che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà, e conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente non il conseguimento dell’autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate e senza che la funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, venga finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma piuttosto al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi.

7. Alla luce di questa nuova giurisprudenza il primo motivo del ricorso principale si rivela infondato perché teso a far valere una interpretazione della L. sul divorzio, art. 5, comma, tutta costruita sulla giurisprudenza introdotta con la sentenza n. 11504/2017, della rigida ripartizione bifasica della determinazione dell’an e del quantum dell’assegno divorzile, della riaffermazione della funzione unicamente assistenziale dell’assegno di divorzio, della perimetrazione del quantum nei limiti della attribuzione di una somma idonea a garantire l’autosufficienza economica al coniuge beneficiario dell’assegno. Principi che la citata sentenza delle Sezioni Unite ha ritenuto non coerenti alla funzione complessa dell’assegno e alla rilevanza del contributo fornito dal coniuge richiedente al fine di realizzare quella solidarietà post-coniugale che la Costituzione intende garantire al coniuge che ha apportato un contributo rilevante al benessere familiare e che ha sacrificato le proprie potenzialità e aspirazioni lavorative e professionali per dedicarsi alla cura del nucleo familiare. In questa prospettiva è invece fondato il ricorso incidentale così come il secondo motivo di quello principale perché entrambi sono intesi alla rivalutazione del materiale probatorio da parte del giudice del rinvio alla luce della funzione tripartita dell’assegno di divorzio e presuppongono una adeguata valutazione della capacità reddituale ed economica delle parti.

8. Va pertanto respinto il primo motivo del ricorso principale mentre va accolto il ricorso incidentale e il secondo motivo del ricorso principale con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte di appello di [Omissis] che, in diversa composizione, rivaluterà la controversia alla luce dei principi indicati dalla citata sentenza delle Sezioni Unite n. 18287/2018 e deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso incidentale e il secondo motivo del ricorso principale di cui rigetta il primo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di [Omissis] che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Dispone che in caso di pubblicazione della presente sentenza siano omesse le generalità e le indicazioni identificative delle parti.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.

Documenti & materiali

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Author: Avv. Daniela Gattoni

Avvocato, nata a Pesaro il 20 agosto 1963. Iscritto all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 1992. Abilitata al patrocinio dinanzi alle magistrature superiori dal 2004. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione famiglia di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833.

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