Infedeltà: l’onere della prova a chi spetta? In nota alla sentenza Cass. Civ., Sez. I, 25/05/2016, n. 10823


L’infedeltà tra i coniugi, come noto, costituisce violazione di uno dei doveri coniugali (quella della fedeltà, appunto) previsti dall’art. 143 CC e può comportare la condanna dell’infedele coniuge al risarcimento del danno.

Ma per fare scattare l’obbligazione risarcitoria, chi deve, e come, dare la prova dell’infedeltà?

Ora per affrontare questo importante tema occorre prima chiarire che l’infedeltà non comporta sempre ed automaticamente, l’obbligo del risarcimento del danno, ma solo allorché ricorrano determinati presupposti, quali, ad esempio, la circostanza che l’infedeltà sia commessa da un coniuge nei confronti dell’altro in modo palese e comunque offensivo del decoro e della sua immagine (per cui, di solito, l’infedeltà vissuta clandestinamente non dà luogo al risarcimento del danno).

Inoltre, occorre che l’infedeltà sia connessa eziologicamente alla crisi coniugale, nel senso che ne sia stata geneticamente la causa.

Quest’ultima considerazione è particolarmente importante perchè, la Suprema Corte, in più occasioni, ha affermato che quando, una volta scoperta l’infedeltà, la coppia prosegue ugualmente il matrimonio, andrà escluso il risarcimento del danno (alla base di questo orientamento è il fatto che la coppia, o meglio il coniuge tradito, all’evidenza, ha ritenuto l’infedeltà dell’altro non così grave da determinare la fine del matrimonio)(Cass. Civ., Sez. I, 14/02/2012, n. 2059).

Anche quando l’infedeltà viene commessa da un coniuge in un momento in cui la coppia, il matrimonio, già versa in crisi e le due parti vivono in stato di reciproco disinteresse, anche in questo caso, l’infedeltà di norma non costituisce un fatto suscettibile di risarcimento del danno (Cass. Civ., Sez. I, 14/02/2012, n. 2059).

Ma un altro aspetto delicato su questo tema è proprio l’onere della prova. Su ciò si è espressa di recente la Suprema Corte con la sentenza, Sez. I, 25/05/2016, n. 10823 che qui si segnala.

Con la citata sentenza la Corte di Cassazione afferma che:

L’evento dissolutivo può rivelarsi già “prima facie”- e cioè, sulla base della stessa prospettazione della parte – non riconducibile, sotto il profilo eziologico, alla condotta antidoverosa di un coniuge: come ad esempio, nell’ipotesi di un isolato e remoto episodio d’infedeltà (ma anche di mancata assistenza, o allontanamento dalla casa coniugale), da ritenere presuntivamente superato, nel prosieguo, da un periodo di convivenza.

Va da sè, infatti, che occorre l’elemento della prossimità (“post hoc, ergo propter hoc”): la presunzione opera quando la richiesta di separazione personale segua, senza cesura temporale, all’accertata violazione del dovere coniugale.

Diversamente, nel caso – infrequente, ma non eccezionale – di accettazione reciproca di un allentamento degli obblighi previsti dalla norma (come nel regime- secondo la definizione invalsa nell’uso- dei “separati in casa”), si prospetta un fatto secondario, accidentale e atipico, che contrasta l’applicabilità della regola generale di causalità: onde, il relativo onere probatorio incumbit ei qui dicit.

E quindi, sotto il profilo probatorio, conclude affermando che:

spetterà quindi all’autore della violazione dell’obbligo la prova della mancanza del nesso eziologico tra infedeltà e crisi coniugale: sotto il profilo che il suo comportamento si sia inserito in una situazione matrimoniale già compromessa e connotata da un reciproco disinteresse. In una parola, in una crisi del rapporto matrimoniale già in atto (Cass., sez. 1, 14 febbraio 2012, n. 2059).

Tale riparto dell’onere probatorio oltre a palesarsi rispettoso del canone legale (art. 2697 c.c.) è altresì aderente al principio empirico della vicinanza della prova; laddove, riversare la dimostrazione della rilevanza causale in ordine all’intollerabilità della prosecuzione della convivenza su chi abbia subito l’altrui infedeltà si risolverebbe nella probatio diabolica che in realtà il matrimonio era sempre stato felice fino alla vigilia dell’adulterio (o dell’omissione di assistenza, o dell’interruzione della coabitazione).

In sintesi, dunque, secondo la Cassazione l’onere della prova spetta al coniuge infedele e precisamente, questi, per andare esente da responsabilità risarcitoria, dovrà dimostrare che non vi è nesso eziologico tra l’infedeltà e la crisi del matrimonio.

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Author: Avv. Daniela Gattoni

Avvocato, nata a Pesaro il 20 agosto 1963. Iscritto all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 1992. Abilitata al patrocinio dinanzi alle magistrature superiori dal 2004. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione famiglia di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833.

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