Il pignoramento del bene in comunione legale dei beni tra coniugi Cass. Civ., Sez. III, 31/03/2016, n. 6230


Quella della comunione legale tra i coniugi – regime regolato dagli artt. 177 e ss C.C. – è forse una delle problematiche più complesse in materia familiare. La comunione ex art. 177 C.C. ivi prevista, infatti, costituisce un istituto affatto diverso e complesso rispetto alla comunione ordinaria ex artt. 1100 C.C..

Comunione legale dei beni, comunione ordinaria ed esecuzione forzata

Una delle principali differenze rispetto alla comunione ordinaria è, nella comunione ‘coniugale’, l’assenza di quote, nel senso che all’interno della comunione ai singoli coniugi non spetta una specifica quota, ma una contitolarità. Dunque, entrambi sono titolari dell’intero.

Questo produce particolari conseguenze in sede esecutiva.

Infatti, ci si chiede cosa accade se uno solo dei due coniugi contrae un debito ed il relativo creditore volesse aggredire un bene, facente parte della comunione legale?

In particolare, ci si chiede, se il pignoramento e di conseguenza l’esecuzione forzata debba/possa effettuarsi sull’intero ovvero solo su una parte del bene in comunione, visto che il debito è contratto solo da uno dei due coniugi.

E ci si chiede, anche, quali diritti spettino al coniuge non debitore, nel caso di pignoramento e di successiva esecuzione forzata sul bene in comunione, da parte del terzo creditore di uno dei due coniugi.

Esecuzione forzata su una quota o sull’intero?

Sotto il primo profilo, in un contesto in cui è costante la qualificazione di quella comunione come comunione senza quote o a mani riunite, la giurisprudenza ritiene la necessità e la contemporanea legittimità dell’aggressione esecutiva di ognuno dei beni facenti parte della comunione stessa, esclusivamente nella sua interezza e non per una inesistente quota della metà (cfr. per tutte Cass., Civ., Sez. III, 14/03/2013, n. 6575).

Dunque, si può e si deve sottoporre ad esecuzione forzata l’intero.

Diritti del coniuge non debitore

Per quanto concerne, poi, la posizione del coniuge non debitore, la posizione giuridica a questo spettante, si presenta più complessa.

La giurisprudenza tende a riconoscere il diritto a percepire, in sede di distribuzione del ricavato, la metà del ricavato (al lordo delle spese di procedura) della vendita del bene (Cass., Civ., Sez. III, 14/03/2013, n. 6575).

Oltre a ciò, comunque, al coniuge non debitore viene riconosciuta la possibilità di proporre le opposizioni agli atti esecutivi o anche l’opposizione di terzo, ma, in quest’ultimo caso non potrà con essa pretendere di escludere dall’espropriazione una quota del bene in natura, che non gli spetta e di cui (fino allo scioglimento della comunione, anche solo limitatamente a quel bene e dovuto alla conclusione del procedimento espropriativo) non è titolare, però potrà, ad esempio, fare valere la proprietà esclusiva del bene staggito, per sua estraneità alla comunione; oppure, con opposizione ad esecuzione, far valere la non sussidiarietà del bene in comunione, per la presenza di beni personali del coniuge debitore utilmente aggredibili per il soddisfacimento del credito personale verso quest’ultimo; oppure, ancora, con opposizione agli atti esecutivi, fare valere le nullità di quelli, fra questi, che comportino la violazione o la limitazione del suo diritto alla metà del controvalore del bene, come pure quelli che incidano sulla pienezza di quest’ultimo, se relativi alle operazioni di vendita o assegnazione.

L’ultima pronuncia della Corte di Cassazione

Su questo complesso tema, si è espressa la Sezione III della Corte di Cassazione con la pronuncia 31/03/2016, n. 6230.

Nella citata decisione 31/03/2016, n. 6230 la Corte, nel contesto di una sentenza piuttosto articolata ed argomentata, giunge a sintetizzare il principio vigente in materia in un contenuto alquanto chiaro e particolarmente utile.

Il principio è espresso come segue:

«per il debito di uno dei coniugi correttamente è sottoposto a pignoramento per l’intero il bene, pure se in parte compreso nella comunione legale con l’altro coniuge, con conseguente esclusione di ogni irritualità o illegittimità degli atti tutti della procedura, fino all’aggiudicazione ed al trasferimento di quello in favore di terzi compresi, nonchè con esclusione della fondatezza della pretesa del debitore esecutato e dell’opponente originaria non solo di caducare tali atti, ma pure di separare di quel bene parti o quote o di conseguire dalla procedura esiti diversi dalla vendita per l’intero, salva la corresponsione al coniuge non debitore, in sede di distribuzione, della metà del ricavato lordo di essa, dovuta in dipendenza dello scioglimento, avutosi sia pure in via eccezionale limitatamente a quel bene, ma per esigenze di giustizia ed all’atto del decreto di trasferimento, della comunione legale in parola».

Considerazioni conclusive

In conclusione, dunque, anche alla luce di questa recente pronuncia n. 6230/2016 della Suprema Corte, si può affermare che il bene facente parte della comunione legale dei beni dei coniugi ex art. 177 C.C., può essere aggredito per intero dal creditore del singolo coniuge; e che il coniuge non debitore, pur non avendo la possibilità di ‘inibire’ l’esecuzione forzata, neppure in parte (perchè, come detto, ad esso non spetta una quota sulla comunione, ma solo la contitolarità sull’intero), ha diritto alla liquidazione della metà sul ricavato al lordo delle spese; è legittimato a partecipare al processo di esecuzione forzata; e può esercitare l’opposizione all’esecuzione, ovvero ai singoli atti esecutivi, per salvaguardare la propria posizione giuridica.

Documenti & Materiali

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Author: Avv. Daniela Gattoni

Avvocato, nata a Pesaro il 20 agosto 1963. Iscritto all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 1992. Abilitata al patrocinio dinanzi alle magistrature superiori dal 2004. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione famiglia di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833.

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