Danno differenziale: criteri di liquidazione Corte d'appello Roma, Sez. I, 22/04/2021, n. 2957


Ci sono questioni come quella del c.d. danno differenziale, già ostiche e di difficile comprensione per loro natura, che di solito non risultano chiarite nè dal dato normativo, nè da quello giurisprudenziale, nè, ancora, dai contributi dottrinali.

Poi, inaspettatamente, capita di imbattersi in una sentenza finalmente chiara e chiarificatrice.

Questa è la sentenza 22/04/2021, n. 2957 emessa dalla Sezione I, della Corte d’appello di Roma, che qui si segnala.

I problemi

La complessità della questione del c.d. danno differenziale deriva dalla sovrapposizione delle normative che disciplinano l’evento da cui sorge l’obbligazione risarcitoria perchè esso si inquadra come sinistro stradale e, contemporaneamente, come infortunio sul lavoro.

Il caso

Il classico caso è quello del sinistro stradale in cui rimane danneggiato il dipendente di lavoro subordinato mentre raggiunge, o lascia, il luogo di lavoro: infortunio in itinere.

In questo caso, come noto, il responsabile del sinistro, con la sua compagnia assicurativa, dovrà risarcire i danni secondo le regole della responsabilità civile; ma essendo anche equiparato ad un infortunio sul lavoro, scatta anche la protezione e la copertura dell’Inail tramite gli indennizzi previsti dalla specifica normativa.

La necessità di ripartire le voci di danno

Il problema è che i due risarcimenti/indennizzi (quello dell’assicurazione obbligatoria e quello dell’Inail) non si possono cumulare sic et simpliceter perchè, come è giusto che sia, non è ammissibile che il danneggiato risulti ‘economicamente’ arricchito (cioè oltre le somme destinate a ristorare i danni subiti) dal sinistro.

Il che, quindi, ha condotto ad una individuazione delle voci di danno che devono essere ristorate dall’assicurazione obbligatoria secondo le regole della responsbailità civile e di quelle che invece vengono coperte dall’Inail.

La rivalsa dell’Inail

La questione poi si complica ulteriormente perchè l’Inail ha diritto di rivalsa nei confronti dell’assicurazione del responsabile la quale, naturalmente, non intendendo pagare due volte, scomputa dal proprio debito quanto richiesto in sede di rivalsa dall’Inail e corrisponde al danneggiato solo la differenza.

Senonchè l’operazione di scomputo non è automatica, non è un puro calcolo artmetico tra quanto chiesto in rivalsa dall’Inail e quanto dovuto dall’assicurazione, e non è un’operazione di puro calcolo perchè non tutto quanto chiesto in via di rivalsa dall’Inail deve essere dedotto dalla somma dovuta dalla compagnia del responsabile.

Queste in sintesi le principali criticità della questione a cui, con la sentenza che qui si segnala, la Corte d’appello di Roma fornisce, secondo chi scrive, un’interpretazione risolutiva.

La pronuncia della Corte d’appello di Roma 2957/2021

In primo luogo la Corte territoriale romana evidenzia che tra il sistema di risarcimento del danno in sede civile ed il meccanismo di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali sussiste una sorta di concorso funzionale; per effetto della riforma introdotta con il D. Lgs. n. 38/2000 tale tutela copre non solo il danno patrimoniale collegato alla riduzione della capacità lavorativa generica, ma anche quello sotteso alle lesioni dell’integrità psicofisica causative di menomazioni valutabili secondo le tabelle di cui al DM 12/07/2000.

In altri termini, all’interno del sistema risarcitorio civilistico si situa il sottoinsieme rappresentato dalla garanzia previdenziale, che prevede un regime di favore mediante il quale il ristoro dell’unico danno rilevante viene erogato: liquidazione automatica e tempestiva, alleggerimento dell’onere probatorio per il lavoratore, irrilevanza del concorso di colpa del danneggiato.

Ciò chiarito, però, la Corte di Roma fa anche due precisazioni molto importante e cioè che da un lato:

la concorrenza fra i due sistemi non può mai travolgere l’essenziale funzione riparatoria tipica della responsabilità civile

e dall’altro

al contempo non deve determinare un ingiustificato arricchimento.

Venendo al nocciolo del problema la Corte chiarisce che

nell’ambito della liquidazione del danno differenziale, nella distinzione fra r.g. n. 19 la componente del danno biologico e quella del patrimoniale presunto (che viene liquidato dall’INAIL anche in assenza di prova dell’effettivo pregiudizio alla capacità di produrre reddito), in presenza di menomazioni pari o superiori al 16%, rispetto alle ipotesi in cui ricorrono i presupposti di applicazione dell’art. 13, comma 2, lett. b), d.lgs. 38 del 23 febbraio 2000, nelle quali appunto l’Istituto liquida al lavoratore un indennizzo in forma di rendita, quest’ultima «ha veste unitaria, ma duplice contenuto: con quell’indennizzo, infatti, l’INAIL compensa sia il danno biologico, sia il danno patrimoniale da perdita della capacità di lavoro e di guadagno.

La conseguenza di ciò è che

quando la vittima di un illecito aquiliano abbia percepito anche l’indennizzo da parte dell’.INAIL, per calcolare il danno biologico permanente differenziale è necessario: (a) determinare il grado di invalidità permanente patito dalla vittima e monetizzarlo, secondo i criteri della responsabilità civile, ivi inclusa la personalizzazione o “danno morale ” che dir si voglia, attesa la natura unitaria ed onnicomprensiva del danno non patrimoniale; (b) sottrarre dall’importo sub (a) non il valore capitale dell’intera rendita costituita dall’.INAIL, ma solo il valore capitale della quota di rendita che ristora il danno biologico».

Diversità di criteri di liquidazione tra indennizzo Inail e responsabilità civile

Va anche precisato che per quanto riguarda il risarcimento del danno patrimoniale da riduzione permanente della capacità di guadagno,

l’INAIL indennizza a prescindere da qualsiasi prova della sua sussistenza, sol che l’invalidità causata dall’infortunio superi il 16%, il relativo indennizzo assicurativo potrà essere detratto dal risarcimento aquiliano solo se la vittima abbia effettivamente patito un pregiudizio di questo tipo. Negli altri casi, l’indennizzo resta acquisito alla vittima.

In sostanza, dunque, sembra di capire che nell’ipotesi in cui il danneggiato non abbia subito anche un danno patrimoniale, anche se esso viene indennizzato da Inail, detto indennizzo

non potrà essere defalcato dal credito risarcitorio dovuta dall’assicurazione obbligatoria per altre voci di danno, né potrà dar luogo a surrogazione: se infatti la vittima non ha patito alcuna riduzione della capacità di guadagno, non vanta il relativo credito verso il responsabile, e se quel diritto non esiste, non può nemmeno trasferirsi all’.INAIL» (v. Cass., 30 agosto 2016, n. 17407).

Infatti, in tema di danno c. d. differenziale, il giudice di merito

deve procedere d’ufficio allo scomputo, dall’ammontare liquidato a detto titolo, dell’importo della rendita INAIL, anche se l’istituto assicuratore non abbia, in concreto, provveduto all’indennizzo, trattandosi di questione attinente agli elementi costitutivi della domanda, in quanto l’art. 10 del D. P. R. n. 1124 del 1965, ai commi 6, 7 e 8, fa riferimento a rendita “ liquidata a norma ”, implicando, quindi, la sola liquidazione, un’operazione contabile astratta, che qualsiasi interprete può eseguire ai fini del calcolo del differenziale.
Diversamente opinando, il lavoratore locupleterebbe somme che il datore di lavoro comunque non sarebbe tenuto a pagare, né a lui, perché, anche in caso di responsabilità penale, il risarcimento gli sarebbe dovuto solo per l’eccedenza, né all’INAIL, che può agire in regresso solo per le somme versate; inoltre, la mancata liquidazione dell’indennizzo potrebbe essere dovuta all’inerzia del lavoratore, che non abbia denunciato l’infortunio, o la malattia, o abbia lasciato r.g. n. 24 prescrivere l’azione(v. Cass. Sez. L, Sentenza n. 13819 del 31/05/2017).

La detrazione per poste omogenee

Sotto altro profilo la corte territoriale di Roma tiene a ricordare che secondo la giurisprudenza di legittimità in tema di danno c.d. differenziale, la diversità strutturale e funzionale tra l’erogazione Inail ex art. 13 del d.lgs. n. 38 del 2000 ed il risarcimento del danno secondo i criteri civilistici non consente di ritenere che le somme versate dall’istituto assicuratore possano considerarsi integralmente satisfattive del pregiudizio subito dal soggetto infortunato o ammalato, con la conseguenza che il giudice di merito, dopo aver liquidato il danno civilistico, deve procedere alla comparazione di tale danno con l’indennizzo erogato dall’Inail secondo il criterio delle poste omogenee, tenendo presente che detto indennizzo ristora unicamente il danno biologico permanente e non gli altri pregiudizi che compongono la nozione pur unitaria di danno non patrimoniale.

In conclusione, quindi secondo la Corte di Roma

occorre dapprima distinguere il danno non patrimoniale dal danno patrimoniale, comparando quest’ultimo alla quota Inail rapportata alla retribuzione e alla capacità lavorativa specifica dell’assicurato; successivamente, con riferimento al danno non patrimoniale, dall’importo liquidato a titolo di danno civilistico vanno espunte le voci escluse dalla copertura assicurativa (danno morale e danno biologico temporaneo) per poi detrarre dall’importo così ricavato il valore capitale della sola quota della rendita Inail destinata a ristorare il danno biologico permanente.

In sostanza, dunque, in presenza della rivalsa dell’Inail, l’importo da portare in detrazione da quanto dovuto dall’assicurazione obbligatoria non è il totale di quanto da essa corrisposto al danneggiato e poi richiesto in rivalsa, ma la detrazione va effettuata per poste omogenee ossia andrà detratto, ad esempio, il valore capitale della quota della rendita Inail destinata a ristorare il danno biologico permanente,  dall’importo dovuto dall’assicurazione obbligatoria per questa stessa voce.

Conclusioni

Per capirci, dunque, se, ad esempio, l’Inail ha corrisposto al danneggiato complessivamente € 100,00 di cui solo 60,00 a titolo di danno biologico permanente, la conseguenza di quanto sopra è che dall’importo dovuto dall’assicurazione supponiamo pari a € 150,00 di cui € 80,00 a titolo di danno biologico permanente, l’imputazione per la detrazione sarà di € 60,00 dall’importo di € 80,00 e dunque la somma dovuta sarà pari a € 20,00.

Con la conseguenza quindi che, all’esito del suddetto calcolo, la somma dovuta dall’assicurazione al danneggiato sarà pari complessivamente a € 90,00 (150,00 – 80,00 = 70,00; 80,00 – 60,00 = 20,00; 70,00 + 20,00 = 90,00); mentre se la detrazione venisse effettuata nel suo complesso ossia dall’intero importo dovuto dall’assicurazione si detrasse l’intero importo chiesto in rivalsa dall’Inail, la somma residua che risulterà dovuta al danneggiato dal’assicurazione sarà inferiore e cioè pari a € 50,00 (150,00 – 100,00 = 50,00).

Documenti & Materiali

Scarica la sentenza Corte d’appello di Roma, Sez. I, 22/04/2021

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Author: Avv. Daniela Gattoni

Avvocato, nata a Pesaro il 20 agosto 1963. Iscritto all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 1992. Abilitata al patrocinio dinanzi alle magistrature superiori dal 2004. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione famiglia di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833.

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