In punto di ascolto del minore, si è avuto modo di fare il punto con il nostro articolo del 24/01/2014, nonchè con particolare riferimento alle questioni economiche, con quello del 24/04/2014.
Come noto, con la L. 10/12/2012, n. 219 è stato introdotto l’art. 315 bis C.C. secondo cui, al 3° comma, «il minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano».
Successivamente, poi, il D.LGS 28/12/2013, n. 154 ha introdotto l’art. 336 bis C.C., intitolato espressamente ‘ascolto del minore‘, che testualmente dispone: «il minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento è ascoltato dal presidente del tribunale o dal giudice delegato nell’ambito dei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano. Se l’ascolto è in contrasto con l’interesse del minore, o manifestamente superfluo, il giudice non procede all’adempimento dandone atto con provvedimento motivato».
Ciò premesso sul piano sostanziale, e venendo invece all’aspetto procedurale, va detto che nella pratica non appare del tutto chiara la modalità di assunzione del predetto ascolto del minore, ed in particolare i soggetti che possono presenziare e partecipare ad esso.
Infatti, è pur vero che il 2° comma del citato art. 336 bis C.C. dispone che «l’ascolto e’ condotto dal giudice, anche avvalendosi di esperti o di altri ausiliari. I genitori, anche quando parti processuali del procedimento, i difensori delle parti, il curatore speciale del minore, se gia’ nominato, ed il pubblico ministero, sono ammessi a partecipare all’ascolto se autorizzati dal giudice, al quale possono proporre argomenti e temi di approfondimento prima dell’inizio dell’adempimento».
Ed è pur vero che l’art. 38 bis disp. att. C.C. in proposito dispone che «quando la salvaguardia del minore è assicurata con idonei mezzi tecnici, quali l’uso di un vetro specchio unitamente ad impianto citofonico, i difensori delle parti, il curatore speciale del minore, se già nominato, ed il pubblico ministero possono seguire l’ascolto del minore, in luogo diverso da quello in cui egli si trova, senza chiedere l’autorizzazione del giudice prevista dall’articolo 336 bis, secondo comma, del codice civile».
Il che, dunque, comporta che sussistono due ipotesi alternative in cui i soggetti sopra citati sono ammessi a partecipare all’udienza di ascolto del minore:
1) quella in cui essi sono espressamente autorizzati dal giudice ex art. 336 bis C.C.;
2) e quella in cui sussiste la stanza con vetro specchio, c.d. sala d’ascolto di cui all’art. 38 bis disp. att. C.C. (per la partecipazione della quale non è necessario la preventiva autorizzazione del giudice ma è chiaramente necessario che il difensore abbia fatto espressa istanza di usare la predetta sala).
Bene. Ma come si rapporta la norma sopracitata con il 2° comma dell’art. 194 C.P.C. previsto dal codice di rito in materia di CTU, secondo il quale «anche quando il giudice dispone che il consulente compia indagini da sè solo, le parti possono intervenire alle operazioni in persona e a mezzo dei propri consulenti tecnici e dei difensori….», per cui sembrerebbe che sia le parti che i loro difensori abbiano sempre il diritto di partecipare al compimento delle operazioni peritali?
Secondo il Tribunale di Milano, in tema di ascolto di minore non si applica il citato 2° comma, dell’art. 194 C.P.C..
Infatti il giudice milanese, con ordinanza Sez. IX, 06/05/2015 precisa che:
«in primo luogo, è bene evidenziare che nel concetto di “operazioni peritali” – preso di mira dal codice di rito civile – non si colloca affatto l’accertamento che abbia ad oggetto un minore, inclusa la sua audizione: ciò vorrebbe dire eguagliare, in punto di tutele, l’indagine su infiltrazioni in un immobile o l’accertamento dei confini tra due fondi a una attività di osservazioni e diagnosi sul fanciullo. E’ evidente che così non è. E’ sufficiente ricordare che ogni processo che coinvolga il minore deve essere modellato sul medesimo (cd. accomodamenti procedurali) al fine di creare una “giustizia a misura di bambino”, secondo la efficace espressione delle “Linee guida del Consiglio d’Europa per una giustizia a misura di bambino”, adottate dal Comitato dei Ministri il 17 novembre 2010».
In altre parole, secondo il Tribunale di Milano, non si può equiparare l’audizione/ascolto del minore ad una ordinaria CTU, con la conseguenza che,
«nel caso in cui […] il giudice si avvalga del consulente per compiere attività di osservazione, ascolto, diagnosi di persona minore di età, contesa in procedimenti di famiglia, non trova applicazione l’art. 194 comma II c.p.c. e, dunque, né i genitori e né gli Avvocati possono partecipare (in modo diretto all’atto del consulente compiuto in presenza del fanciullo) se non autorizzati dal giudice e salvo il caso dell’operazione svolta in sala cd. ascolto».
Il tutto, però, non sembrerebbe riguardare i consulenti tecnici di parte, i quali, anche a parere del citato giudice milanese, essendo professionisti esperti in minori, possono sempre partecipare all’audizione. Infatti, con il citato provvedimento, Sez. IX, 06/05/2015, il Tribunale di Milano precisa che:
«il fatto che i difensori non siano ammessi ad essere presenti durante l’attività di osservazione/ascolto del minore non pregiudica in alcun modo il loro diritto di difesa. In primis, essi ben possono avvalersi – come è capitato nel caso di specie – di consulenti tecnici di parte».
Quindi, anche per il Tribunale di Milano, si tratta di inapplicabilità del citato 2° comma dell’art. 194 C.P.C., solo parziale, perchè non riguarda i consulenti tecnici di parte i quali, appunto, possono sempre partecipare alle operazioni di ascolto del minore.
Documenti & materiali
Scarica l’ordinanza Tribunale di Milano, Sez. IX, 06/05/2015