PCT: copie, autentiche e notifiche – 3: autentica (segue) Terza parte dell'articolo

By | 13/05/2015

Alcuni casi particolari

Proseguiamo l’analisi dell’autentica degli atti/documenti processuali alla luce della normativa PCT (iniziata il 27 aprile scorso con una parte definitoria e proseguita il successivo il 7 maggio, delineando il quadro generale delle potestà di autentica nelle sue diverse articolazioni) per affrontare alcuni casi particolari.

L’originale cartaceo nel fascicolo informatico

Il primo di essi riguarda i casi in cui, all’interno di un procedimento sottoposto a “PCT obbligatorio”  confluiscano anche alcuni atti cartacei (come una comparsa di costituzione e risposta; un verbale che sia stato stampato per consentirne la sottoscrizione alle parti; un atto depositato prima del 01/01/2015; un atto di cui sia stato autorizzato il deposito cartaceo ex art. 16-bis, commi 4° e 8°, D.L. 179/2012, etc.).

Questi ultimi, a rigore, dovrebbero essere acquisiti – previa digitalizzazione – all’interno del fascicolo informatico, ma  ciò può non accadere per le più svariate ragioni. Cosicché, almeno astrattamente, si danno due ipotesi: quella dell’atto cartaceo che viene digitalizzato e  quindi “caricato” nel fascicolo informatico; quella dell’atto cartaceo che, pur essendo tale, “appartiene” ad un fascicolo informatico.

Come comportarsi, dunque, in vista dell’autentica?

Nella prima ipotesi, sembra soccorrere il disposto del primo periodo del più volte citato art. 16-bis, comma 9-bis, D.L. 179/2012, secondo cui

«le copie informatiche, anche per immagine, di atti processuali di parte e degli ausiliari del giudice nonché dei provvedimenti di quest’ultimo, presenti nei fascicoli informatici dei procedimenti indicati nel presente articolo, equivalgono all’originale anche se prive della firma digitale del cancelliere».

Considerando, dunque, che tali copie «anche per immagine», a mente del periodo successivo della medesima disposizione appena citata, possono essere autenticate dall’avvocato (oltre che dal consulente tecnico, dal professionista delegato, dal curatore e dal commissario giudiziale), non sembrerebbero porsi ostacoli a provvedere a tale adempimento.

Nella seconda ipotesi, invece, l’atto, sebbene partecipe di un fascicolo informatico, resta pur sempre un documento cartaceo e non informatico. Sembra, dunque di dover concludere che di esso, l’avvocato potrà estrarre (solo) copia  informatica autentica ad uso notifica (ma non una copia cartacea e/o una copia informatica ad uso diverso dalla notifica,  a mente dell’art. 3-bis L. 53/1994, che si è esaminato  nella seconda parte del presente articolo pubblicata il 07/05/2015).

Copie e formula esecutiva

Un’altra ipotesi che ha fatto e fa sorgere qualche perplessità è quella relativa all’estrazione di copia autentica su cui debba venire apposta la formula esecutiva.

Chi estrae/autentica la copia su cui apporre la formula?

La prima questione che si è posta in merito è stata la seguente: se l’avvocato può autenticare la copia di un provvedimento informatico, come una sentenza o un decreto ingiuntivo munito della clausola di provvisoria esecuzione (ex art. 16-bis, comma 9-bis, D.L. 179/2012), potrà anche autenticare la copie su cui apporre la formula, oppure dovrà richiedere sia la copia autentica, sia l’apposizione della formula al cancelliere stesso?

La problematica è stata affrontata ex professo dalla circolare Min. Giustizia 27/10/2014 che l’ha risolta nel secondo dei sensi sopra indicati, rilevando che l’art. 153 disp. att. C.P.C. (il quale attribuisce al cancelliere la potestà di rilasciare al copia in forma esecutiva di cui all’art. 475 del codice di rito) non è stato in alcuno modo intaccato dalla normativa “processual-telematica” sopravvenuta. Ne consegue, dunque, che l’attività di rilascio della copia munita di formula è attività tuttora riservata al cancelliere stesso.

Dunque, sempre secondo la circolare in questione, le cancellerie dovranno astenersi

dall’apporre la formula esecutiva su copie di provvedimenti giudiziari autenticate ai sensi dell’art. 16-bis comma 9-bis d.l. n.179/2012, ed attenendosi, invece, alla nota procedura disciplinata dal codice di procedura civile.

Tale, pertanto, la prassi ministeriale, cui, almeno a quanto consta, si sono prevalentemente uniformate quelle locali (vedi, però, ad es., il protocollo di Ancona, che prevede l’esatto contrario o il protocollo di Torino, che prevede una doppia opzione).

Detto ciò, restano comunque aperte alcune ulteriori perplessità concernenti, in particolare, il tema dei provvedimenti monitori, tra le quali si possono segnalare quelle che seguono.

Decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo: cosa notificare?

Il primo caso che ha suscitato qualche perplessità, riguarda l’ipotesi del decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo che debba essere notificato al debitore, previa apposizione della formula.

A tale fine la prassi sembra orientarsi nel senso che l’avvocato predispone al cancelliere (o quest’ultimo stampa) le copie necessarie del provvedimento monitorio. Queste ultime vengono indi autenticate dal cancelliere stesso – previa apposizione della formula su una di esse – ed indi riconsegnate all’istante per la notifica.

Ciò non crea alcun problema in caso di notificazione cartacea. Ma supponiamo che quel decreto ingiuntivo debba essere notificato telematicamente. Quid?

In questo caso, deve, almeno a parere di chi scrive, escludersi che si possa procedere a notificare la copia conforme del titolo munito di formula, previa digitalizzazione a mente dell’art.3-bis L. 53/1994: sarebbe, infatti, impossibile procedere all’autentica prevista dalla norma in questione, stante la qualità di copia propria dell’atto che si è digitalizzato e si intende notificare.

Sembra, invece, necessario procedere notificando la scansione dell’originale munito di formula, previa autentica di conformità ai sensi art.3-bis L. 53/1994 appena citato.

Decreto ingiuntivo non opposto: dove apporre la formula?

Un ulteriore aspetto problematico riguarda il caso della formula esecutiva da apporre su decreto ingiuntivo divenuto esecutivo per mancata opposizione, ex art. 654 C.P.C.

Sino all’entrata a regime del PCT, divenuto esecutivo un decreto ingiuntivo per mancata opposizione, l’interessato si recava in cancelleria, ove, disposta l’esecutorietà ai sensi dell’art. 647 C.P.C., veniva apposta la formula direttamente sull’originale notificato (che, ai sensi del secondo comma dell’art. 654 C.P.C. sopra citato non deve essere rinotificato in vista dell’esecuzione, dovendosi, comunque, fare menzione nel precetto del provvedimento «del provvedimento che ha disposto l’esecutorietà e dell’apposizione della formula»). Indi si estraevano le copie necessarie per la notifica.

Intervenuta la normativa processual-telematica, la prassi in materia si è complicata alquanto, registrandosi, almeno a quanto risulta a chi scrive, almeno tre approcci.

Il primo di essi mantiene fondamentalmente inalterato il pregresso meccanismo cartaceo; il soggetto interessato si reca in cancelleria con il decreto notificato corredato di tutte le prove della notificazione (telematica o cartacea) ed ivi, previa dichiarazione di esecutorietà, la formula viene apposta sull’originale notificato. Si tratta di un meccanismo che ha il pregio di essere ad “impatto processuale” nullo, ma che, svolgendosi in modo completamente cartaceo, viene meno completamente alle linee ispiratrici del PCT.

Il secondo approccio ” telematizza” lo schema come segue:  (a) la richiesta di esecutorietà viene inoltrata telematicamente, con i relativi allegati a comprova; (b) la cancelleria annota la mancata opposizione e il giudice emette telematicamente il decreto di esecutorietà, di cui viene data notizia, sempre per via telematica, all’istante; (c) quest’ultimo deposita in cancelleria l’originale del decreto su cui viene apposta la formula. Si tratta di una prassi più articolata, ma che consente uno svolgimento telematico di quasi tutti i passaggi procedurali, rispettando la filosofia di fondo del PCT (v., ad esempio, il protocollo PCT di Modena, quello di Nola e quello di Biella).

Sembra esistere, infine anche un terzo approccio costituente una variante del secondo. Anche in in questo terzo caso, infatti, richiesta di esecutorietà ed il relativo decreto sono telematici, ma la formula, invece di essere apposta in calce al decreto notificato depositato “cartaceamente” dall’istante, viene materialmente redatta su una copia autonomamente stampata dal cancelliere. Quest’ultima prassi, pur in astratto capace di “telematizzare” pressoché completamente la procedura, rischia  però di creare spiacevoli inconvenienti al momento della consegna del titolo esecutivo all’U.G: in vista dell’esecuzione (come sembra avvenuto nel caso raccontato in questo articolo).

L’aspetto fiscale

Anche l’aspetto fiscale, infine, possiede un certo rilievo in materia di copie autentiche.

Infatti, a mente dell’art. 40, commi 1-quater e 1-quinquies, 268, comma 1-bis e 269, comma 1-bis, DPR 30/05/2002, n. 115 (tutte disposizioni introdotte dall’art. 52, 2° co., lett. a), b) e c), D.L. 90/2014), nei casi di copia senza certificazione di conformità e di copia autentica estratta ex art. 16-bis, comma 9-bis, D.l. 179/2012, non sono dovuti diritti di copia.

Ancora, ai sensi dell’art. 10, 1° co., ultimo periodo,  L. 53/1994,  le notificazioni effettuate a norma dell’art. 3-bis del medesimo provvedimento non sono soggette all’apposizione della marca prevista dal primo periodo del citato art. 10, 1° co.

Viceversa, l’esenzione dalle varie gabelle che affliggono il nostro processo civile (telematico o meno che sia), non vige nei casi di apposizione della formula, ipotesi in cui l’autentica (quantomeno secondo la prassi delineata dalla sopra ricordata circolare ministeriale del 27/10/2014) è adempimento che continua ad essere svolto dal cancelliere, con correlativa applicazione dei (purtroppo)  consueti diritti.

Un cenno a parte, infine, riguarda la problematica delle copie autentiche di atti soggetti a registrazione. In questo caso, merita ricordare come, a mente dell’art. 66, DPR 26/04/1986, n. 131, non possano essere estratte copie autentiche di atti soggetti a registrazione, se non dopo che tale adempimento sia avvenuto.

La norma non pare sfiorata dalla riforma telematica, ragion per cui sembra logico ritenere che il divieto si estenda anche alle copie autentiche estratte dagli avvocati.

A questo proposito, va altresì ricordato come, dopo la sentenza C. Cost. 21/11 –  06/12/2002 n. 522, il divieto non si applichi «al  rilascio  dell’originale  o  della  copia  della sentenza o di altro provvedimento giurisdizionale, che  debba  essere utilizzato per procedere all’esecuzione forzata» e che dopo la sentenza C. Cost. 07-10/06/2010, n. 198, esso non trovi neppure spazio all’ipotesi di «rilascio di copia dell’atto  conclusivo  (sentenza  o  verbale  di conciliazione)  della  causa  di  opposizione  allo   stato passivo fallimentare, ai fini della variazione di quest’ultimo».

Copie, autentiche notifiche: la notifica

Si veda la quarta parte dell’articolo di prossima pubblicazione.

Nota di richiami

La prima parte dell’articolo è stata pubblicata il 16/04/2015.

La seconda parte dell’articolo è stata pubblicata il 07/05/2015.

La quarta parte dell’articolo è stata pubblicata il 28/05/2015.

La quinta parte dell’articolo è stata pubblicata il 05/06/2015

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Author: Avv. Luca Lucenti

Avvocato, nato a Pesaro il 20 ottobre 1961. Iscritto all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 1991. Abilitato al patrocinio dinanzi alle magistrature superiori dal 2004. Responsabile di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833

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