Prescrizione tra coniugi: decorre anche durante la separazione. La Suprema Corte conferma Cass. Civ., Sez. I, 02/11/2022, n. 32212


In tema di prescrizione, l’art. 2941 cc, tra le varie cause di prescrizione, prevede lo stato di coniuge disponendo, infatti, testualmente che:

La prescrizione rimane sospesa:
1) tra i coniugi;
2)……

Ora, questo principio, per lungo tempo è stato interpretato dalla Corte di legittimità (oltre che dai giudici di merito) in senso estensivo e cioè nel senso che esso trovava applicazione anche durante il periodo di separazione dei coniugi per cui si doveva considerare che tra i coniugi il decorso della prescrizione doveva riprendere solo con il divorzio.

Ma negli ultimi anni, invece, per ‘stare al passo con i tempi’ anche in sede di legittimità si è fatta strada un’interpretazione più restrittiva della norma, nel senso del decorso della prescrizione tra coniugi già durante il periodo della loro separazione legale.

E’ in questo senso che si pronuncia la sentenza Cass. Civ., Sez.I, 02/11/2022, n. 32212 che qui si segnala, producendo così l’effetto di consolidare sempre più quell’orientamento di cui sopra si è detto.

In sostanza, con la pronuncia n. 32212/2022 la Corte di legittimità ricorda che la tradizionale interpretazione, sostanzialmente fondata sul tenore letterale della norma di cui all’art. 2941 c.c., n. 1, e sul rilievo che il regime di separazione dei coniugi comporta una mera attenuazione e non l’elisione del vincolo scaturente dal matrimonio, è stato modificato con la sentenza n. 7981/2014, secondo cui

“La sospensione della prescrizione tra coniugi di cui all’art. 2941 c.c., n. 1, non trova applicazione al credito dovuto per l’assegno di mantenimento previsto nel caso di separazione personale, dovendo prevalere sul criterio ermeneutico letterale un’interpretazione conforme alla “ratio legis”, da individuarsi tenuto conto dell’evoluzione della normativa e della coscienza sociale e, quindi, della valorizzazione delle posizioni individuali dei membri della famiglia rispetto alla conservazione dell’unità familiare e della tendenziale equiparazione del regime di prescrizione dei diritti post-matrimoniali e delle azioni esercitate tra coniugi separati. Nel regime di separazione, infatti, non può ritenersi sussistente la riluttanza a convenire in giudizio il coniuge, collegata al timore di turbare l’armonia familiare, poiché è già subentrata una crisi conclamata e sono già state esperite le relative azioni giudiziarie, con la conseguente cessazione della convivenza, il venir meno della presunzione di paternità di cui all’art. 232 c.c., e la sospensione degli obblighi di fedeltà e collaborazione”.

In sostanza il principio di tassatività delle cause di sospensione della prescrizione, già nel 2014, aveva condotto la Suprema Corte ad una interpretazione restrittiva dell’art. 2941 c.c., n. 1, che ne esaltava il nucleo valoriale autentico, escludendo l’applicabilità della sospensione della prescrizione ai rapporti tra coniugi non più in comunione di vita, orientamento, questo, successivamente confermato (Cass. 18078/2014; Cass. 8987/2016).

Questo indirizzo sull’interpretazione restrittiva della disposizione in esame è stato poi ribadito sempre in sede di legittimità (Cass. 24160/2018) anche in relazione a credito diverso dall’assegno di mantenimento, affermando che

al credito vantato da un coniuge separato nei confronti dell’altro per la restituzione di somme pagate per spese relative ad un immobile in comproprietà con l’altro coniuge, non si applica la sospensione della prescrizione ex art. 2941 c.c., n. 1, dovendo prevalere sul criterio ermeneutico letterale un’interpretazione conforme alla “ratio legis”, da individuarsi, tenuto conto dell’evoluzione della normativa e della coscienza sociale e, quindi, della valorizzazione delle posizioni individuali dei membri della famiglia rispetto alla conservazione dell’unità familiare e della tendenziale equiparazione del regime di prescrizione dei diritti post-matrimoniali e delle azioni esercitate tra coniugi separati. Nel regime di separazione, infatti, non può ritenersi sussistente la riluttanza a convenire in giudizio il coniuge, collegata al timore di turbare l’armonia familiare, poiché è già subentrata una crisi conclamata e sono già state esperite le relative azioni giudiziarie, con la conseguente cessazione della convivenza “.

Tale orientamento viene oggi condiviso con la sentenza 32212/2022 che ritiene il prinicipio pienamente applicabile alla controversia del caso di specie da cui muove, attinente a domanda relativa a comunione de residuo.

In particolare, in punto di prescrizione del diritto dell’ex coniuge sulla quota divisionale di spettanza sul patrimonio della comunione de residuo, costituito dai proventi della attività separata dell’ex coniuge non consumati alla data dello scioglimento della comunione, la Corte, a conferma della giustezza del proprio orientamento, si richiama alla L. 6 maggio 2015, n. 55, che ha introdotto il c.d. “divorzio breve”, in quanto ha ridotto i tempi di separazione necessari per giungere allo scioglimento definitivo del vincolo, e con la quale è stato modificato il regime del momento di insorgenza della cessazione della comunione dei beni tra i coniugi aggiugendo all’art. 191 c.c., il seguente comma:

“nel caso di separazione personale, la comunione tra i coniugi si scioglie nel momento in cui il presidente del tribunale autorizza i coniugi a vivere separati, ovvero alla data di sottoscrizione del verbale di separazione consensuale dei coniugi dinanzi al presidente, purché omologato”.

Secondo la Suprema Corte, con la cit. L. 55/2015 si è accresciuto quel processo di avvicinamento, quanto ai rapporti patrimoniali, tra coniugi separati e tra coniugi divorziati, pur essendo rimasta ferma (seppure nell’abbreviazione del termine per il divorzio) la distinzione sostanziale e formale tra i due procedimenti di separazione e di divorzio.

In definitiva, secondo l’orientamento così consoldato della Corte di Cassazione, la ratio della sospensione della prescrizione, e cioè evitare il turbamento della armonia familiare tra coniugi conviventi, non può più operare allorché la crisi coniugale ha ormai trovato un riscontro formale nella separazione e la convivenza è cessata.

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