Utilizzabilità degli SMS in giudizio Nota a Cass.Civ., Sez. I, ord. n. 19155 del 17/07/2019


Con l’ordinanza n. 19155 del 17/07/2019 la Corte di Cassazione affronta la delicata e sempre più attuale questione dell’efficacia probatoria di contenuti digitali e/o informatici quali, nella specie, messaggi telefonici SMS, riconducibili, secondo la Corte, all’alveo dell’art. 2712 c.c. a mente del quale

le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime

Il caso

Caia chiedeva e otteneva dal GdP di Mantova decreto ingiuntivo nei confronti di Tizio per il pagamento delle spese straordinarie riguardanti il mantenimento del comune figlio minore. In accoglimento dell’opposizione proposta da Tizio, il GdP revocava il suddetto decreto. Successivamente, il Tribunale di Mantova, investito della questione su appello di Caia,  riformava la decisione di primo grado, conseguentemente revocando il decreto ingiuntivo opposto. Il giudice di secondo grado, infatti, diversamente opinando rispetto a quello di prime cure, riteneva che Tizio fosse tenuto al pagamento di quanto ingiuntogli sul presupposto che egli avesse aderito al pagamento della metà delle spese straordinarie richieste, la cui prova di tale adesione veniva fornita da Caia attraverso la riproduzione di messaggi telefonici scambiati tra i due.

Avverso tale pronuncia Tizio proponeva ricorso per cassazione.

La decisione della Corte

Richiamandosi ad un proprio precedente sul punto, la Corte fornisce in primo luogo la definizione di messaggio telefonico, SMS, affermando che

lo “short message service” (“SMS”) contiene la rappresentazione di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti ed è riconducibile nell’ambito dell’art. 2712 c.c., con la conseguenza che forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale viene prodotto non ne contesti la conformità ai fatti o alle cose medesime.

In sostanza secondo la Cassazione:

  • l’SMS contiene la rappresentazione di atti, fatti, dati o giuridicamente rilevanti ed è producibile in giudizio rientrando nell’ambito di applicazione dell’art. 2712 c.c.;
  • la riconosciuta effiacia probatoria dei messaggi telefonici può venire meno solo se vi è contestazione da parte dell’autore.

Ma la contestazione di tali messaggi come deve essere effettuata? in che termini e modalità?

Proprio in riferimento alle modalità di contestazione, la Corte prosegue, stabilendo che il disconoscimento delle riproduzioni informatiche ex art. 2712 c.c., pur non essendo soggetto ai limiti di cui all’art. 214 c.p.c., “deve tuttavia essere chiaro, circostanziato ed esplicito, ovverosia deve concretizzarsi nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta.

Inoltre, precisa la Suprema Corte, l’eventuale disconoscimento di tale conformità non ha gli stessi effetti del disconoscimento previsto dall’art. 215 c.p.c., comma 2, per quanto riguarda la scrittura privata. Poiché mentre quest’ultimo, in mancanza di richiesta di verificazione e di esito positivo di questa, determina l’inutilizzabilità in giudizio della scrittura, il disconoscimento in questione, invece, “non impedisce che il giudice possa accertare la conformità all’originale anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni”.

Si tratta in sostanza di un disconoscimento avente “forza” minore rispetto a quello richiesto per la scrittura privata, in quanto esso solo non è in grado di impedire al giudice di utilizzare il documento disconosciuto, rectius la riproduzione digitale, come prova. Tuttavia, tale ridotta efficacia non significa che il disconoscimento in questione possa tradursi in una generica contestazione, anzi, proprio in ragione di tale efficacia limitata, per poter ottenere il risultato preposto è necessario che esso sia chiaro, circostanziato ed esplicito e che sia corredato da elementi che, appunto, attestino la non veridicità di quanto riprodotto rispetto alla realtà dei fatti.

Nella specie, si legge nella decisone in commento, il giudice di secondo grado ha attribuito efficacia probatoria al contenuto di tre SMS in quanto dalla lettura degli stessi emergeva l’impegno del padre ad accollarsi la metà delle spese straordinarie oggetto di contenzioso, ed inoltre, di tali messaggi non era stata avanzata alcuna tempestiva contestazione da parte del padre stesso all’udienza di prima comparizione ove questi era peraltro comparso personalmente.

A nulla poi è valsa la doglianza del ricorrente circa la propria avvenuta contestazione della produzione di tali messaggi. Le contestazioni effettuate dal ricorrente sono state infatti considerate inammissibili poiché tardive e generiche.

Inoltre, aggiunge la Suprema Corte, in tema di contestazioni probatorie entra in gioco anche l’art. 115 c.p.c. nelle sua più recente formulazione, a mente del quale la mancata e precisa contestazione di un fatto produce l’effetto della “relevatio ad onere probandi“, e dunque “spetta al giudice del merito apprezzare, nell’ambito del giudizio di fatto al medesimo riservato, l’esistenza ed il valore di una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti, allegati dalla controparte“.

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Author: Avv. Claudia Gianotti

Avvocato, nata a Pesaro il 08 settembre 1982. Iscritta all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 2011. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione fiscale di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833

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