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Il problema
Purtroppo, spesso, nel caso di risarcimento diretto, chi ha subito un sinistro stradale, anche quando viene risarcito dei danni riportati, non viene rimborsato delle spese legali stragiudiziali che, quindi, salvo che l’avvocato rinunci al proprio compenso, (ma perché dovrebbe?), si trova a dover sopportare in proprio, con l’effetto, naturalmente, di erodere e ridurre la somma risarcitoria ricevuta dalla compagnia di assicurazione.
In effetti, questo è un problema, non solo ricorrente, ma anche alquanto dibattuto.
L’art. 9 DPR 254/2006
Esso nasce dal fatto che il 2° comma dell’art. 9 DPR 18/07/2006 n. 254 (Regolamento recante la disciplina del risarcimento diretto dei danni dalla circolazione stradale), testualmente dispone che:
nel caso in cui la somma offerta dall’impresa di assicurazione sia accettata dal danneggiato, sugli importi corrisposti non sono dovuti compensi per la consulenza o assistenza professionale di cui si sia avvalso il danneggiato diversa da quella medico-legale per i danni alla persona.
In sostanza, dunque, secondo il citato regolamento, se il danneggiato accetta la proposta risarcitoria che la compagnia gli offre (si tratta della propria compagnia assicurativa perchè, come detto, siamo in ambito di risarcimento diretto), ecco che in questo caso, non avrà diritto al rimborso delle spese di consulenza o di assistenza professionale (quindi delle spese legali stragiudiziali, ma anche di quelle di un eventuale commercialista, di un perito tecnico, etc). L’unica eccezione prevista è per le spese del medico-legale per i danni alla persona.
L’intervento della Corte Costituzionale
L’art. 9 in esame è già stato sottoposto al vaglio della Corte Costituzionale, la quale, tuttavia, da ultimo con l’ordinanza Ordinanza 20/05/2010 n. 192 ha dichiarato l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale sollevata, anche perchè, si tratta di una norma regolamentare ed in quanto tale, quindi, sottratta al sindacato di costituzionalità.
Precisamente la Corte Costituzionale ha disposto che:
se anche dal contesto dell’ordinanza si desume la riferibilità della censura all’art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 18 luglio 2006, n. 254 (Regolamento recante disciplina del risarcimento diretto dei danni derivanti dalla circolazione stradale, a norma dell’articolo 150 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 – Codice delle assicurazioni private), fa difetto qualsiasi motivazione circa la sua applicabilità nel giudizio a quo (ordinanza n. 154 del 2010), oltre a trattarsi di norma sottratta al sindacato di costituzionalità (ordinanza n. 440 del 2008);
La soluzione indicata dalla Corte di Cassazione
Orbene, sul problema della rimborsabilità delle spese legali sostenute per la fase stragiudiziale, si è di recente espressa la III Sezione della Corte di Cassazione con la sentenza 29/05/2015, n. 11154.
La disapplicabilità dell’art. 9 DPR 254/2006
Si tratta di una pronuncia molto importante, da un lato, perché, per quanto concerne il cit. art. 9 DPR 254/2006, chiarisce che correttamente la Corte Costituzionale non ha potuto pronunciarsi in quanto trattasi di norma regolamentare, ma che, proprio per questo motivo, poichè si pone in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., è da ritenersi illegittima, anzi nulla, e dunque disapplicabile da parte del giudice ordinario.
Precisamente, nella citata sentenza 11154/2015, è detto che:
una norma regolamentare (e quindi una fonte di secondo grado) che escluda a priori il diritto al risarcimento di un tipo di danno che la legge (e quindi una fonte di primo grado) considera altrimenti risarcibile, appare difficilmente compatibile con gli artt. 3 e 24 Cost., ed è perciò nulla, alla luce del principio secondo cui i regolamenti in contrasto con la Costituzione, se non sono sindacabili dalla Corte costituzionali, perché privi di forza di legge, sono comunque disapplicabili dal giudice ordinario, in quanto atti amministrativi, in senso ampio.
Le spese legali stragiudiziali sono rimborsabili, ma…..
Ma – e veniamo allo stretto merito della questione – dopo aver chiarito quanto sopra, nella citata sentenza 11154/2015 qui in esame, la Suprema Corte affronta il problema. Dapprima si richiama al proprio orientamento per ribadire la diversa sorte che dette spese dovrebbero avere, a seconda che la vicenda sfoci in un contenzioso giudiziale (nel qual caso, le spese stragiudiziali diventeranno un danno da liquidare sottoforma di ‘spese vive’ e confluire nelle voci di danno) o meno (nel qual caso potranno essere rimborsate come voce separata). Ed infatti afferma:
secondo la giurisprudenza di questa Corte, nella speciale procedura per il risarcimento del danno da circolazione stradale, “il danneggiato ha facoltà, in ragione del suo diritto di difesa, costituzionalmente garantito, di farsi assistere da un legale di fiducia e, in ipotesi di composizione bonaria della vertenza, di farsi riconoscere il rimborso delle relative spese legali; se invece la pretesa risarcitoria sfocia in un giudizio nel quale il richiedente sia vittorioso, le spese legali sostenute nella fase precedente all’instaurazione del giudizio divengono una componente del danno da liquidare e, come tali devono essere chieste e liquidate sotto forma di spese vive o spese giudiziali. (Cass. n. 2275/06, Cass. 11606/2005)
E poi, dopo aver chiarito quanto sopra, la cassazione giunge ad affermare (o riaffermare) il principio certo della rimborsabilità delle spese legali stragiudiziali laddove infatti afferma che
anche qualora non si volesse condividere l’orientamento giurisprudenziale riportato, resta il fatto che i compensi corrisposti dal danneggiato al proprio avvocato (o ad un perito diverso da quello medico legale) per l’attività stragiudiziale devono poter formare oggetto di domanda di risarcimento nei confronti dell’altra parte a titolo di danno emergente,
ma alla fine aggiunge
quando siano state necessarie e giustificate.
In sostanza, dunque, la Suprema Corte svolge un’interessante, quanto condivisibile, argomentazione in ordine al diritto costituzionalmente garantito (art. 24 Cost.) del danneggiato a fare ricorso all’assistenza e consulenza legale, e di conseguenza ad ottenere il relativo rimborso delle spese legali stragiudiziali. Tuttavia, poi, però, la stessa precisa che tali spese legali stragiudiziali dovranno essere rimborsate solo se necessarie e giustificate.
Precisamente, la Corte espressamente ritiene che
Dunque le spese consistite in compensi professionali saranno risarcibili o meno non già in base alla veste del percettore (sì al medico legale, no all’avvocato), ma in base alla loro effettiva necessità: dovrà perciò ritenersi sempre risarcibile la spesa per compensare un legale, quando il sinistro presentava particolari problemi giuridici, ovvero quando la vittima non ha ricevuto la dovuta assistenza, D.P.R. n. 254 del 2006, ex art. 9, comma 1, dal proprio assicuratore. Per contra, sarà sempre irrisarcibile la spesa per compensi all’avvocato, quando la gestione del sinistro non presentava alcuna difficoltà, i danni da esso derivati erano modestissimi, e l’assicuratore aveva prontamente offerto la dovuta assistenza al danneggiato. Quindi il problema delle spese legali va correttamente posto in termini di”causalità“, ex art. 1223 c.c., e non di risarcibilità”. Da ciò consegue, ovviamente, che il D.P.R. n. 254 del 2006, art. 9, comma 2, se inteso nel senso che esso vieta tout court la risarcibilità del danno consistito nell’erogazione di spese legali, deve essere ritenuto nullo per contrasto con l’art. 24 Cost., e va disapplicato.
Brevi considerazioni conclusive
Il problema, a questo punto, quindi, non è tanto se le spese legali siano state necessarie e giustificate in relazione al nesso causale e quant’altro, ma è, in primo luogo, che la valutazione della necessarietà e giustificabilità di esse viene effettuata ex post e l’accertamento circa la sussistenza o meno di ‘particolari problemi giuridici’ sopra richiamati, sarà necessariamente soggettiva e non univoca.
Senza considerare, poi, il fatto che, nel nostro sistema giuridico, il calcolo del danno (patrimoniale e non) è talmente complesso che difficilmente un comune cittadino danneggiato riuscirà a quantificare con esattezza la somma che ha diritto di riscuotere a titolo di risarcimento del danno dalla compagnia assicurativa (e ci si riferisce in particolare ai danni alla persona).
Inoltre, non si può ignorare che detta valutazione ex post verrà operata dal giudice del merito che, come l’esperienza purtroppo ci insegna, non è generalmente propenso a condannare alle spese ma piuttosto a compensarle ai sensi dell’art. 92 cpc.
Quindi siamo punto a capo? Forse no, però, qualche problema sembra rimanere.
Documenti & materiali
Scarica il testo dell’art. 9 DPR 18/07/2006 n. 254
Scarica il testo della ordinanza Corte Costituzionale 20/05/2010 n. 192Scarica il testo della sentenza Cass. Civ., Sez. III, 29/05/2015, n. 1154