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Il tema del rapporto tra acquisto di partecipazioni societarie e comunione legale dei beni tra coniugi è uno dei non pochi rompicapi che, nel silenzio del legislatore in materia, hanno agitato, e in parte ancora agitano, dottrina e giurisprudenza.
Esso si sviluppa in diversi sotto-temi tra essi variamente sovrapposti, quali, ad esempio, quello dell’individuazione della natura della quota societaria, se res o diritto di credito e dell’idoneità di essa, a seconda dell’accezione prescelta, ad essere acquisita alla comunione legale; quello del trattamento, ai fini che qui interessano, tra partecipazioni che comportano la responsabilità limitata del socio e partecipazioni cui invece consegue la responsabilità illimitata di esso; quello della sorte che tocca, ai fini della comunione legale, agli aumenti di capitale; quello, ancora, di come debbano essere regolate le società, specie di persone, tra coniugi (caso strutturalmente diverso, come si vedrà meglio, da quello in cui uno solo dei coniugi detenga partecipazioni in società cui l’altro sia estraneo); quello, ancora, eveniente da diverse fattispecie concrete di interesse pratico, quali, ad es., i casi dell’acquisto di partecipazioni in società mutualistiche, di obbligazioni, di fondi comuni di investimento e di titoli di stato.
In un contesto così articolato diventa sommamente difficile ricostruire organicamente la materia, che, dunque, sarà di seguito affrontata per singoli aspetti, cominciando da quello logicamente preliminare, relativo alla individuazione della natura della quota societaria e dei riflessi sul tema in esame delle opzioni interpretative emerse in materia.
Partecipazioni societarie tra diritto di credito e res
In ordine al problema della natura attribuibile alla quota societaria già Cass. Civ., Sez. I, 01/02/1996, n. 875 aveva avuto modo di sottolineare le difficoltà relative
«all’assimilabilità della quota sociale ad un bene, talora definito immateriale, oggetto di un diritto reale, per lo più di comunione sul patrimonio sociale. Ricostruzione quest’ultima poco attendibile, sia per la personificazione dell’ente sociale titolare del patrimonio sociale, sia per la disciplina codicistica dei trasferimenti (artt. 2254, 2342 e 2476 c.c.), sia infine per la impossibilità di far coesistere la proprietà esclusiva della società-ente ed il preteso diritto reale del singolo socio».
Ed in effetti, in materia si sono manifestati due distinti indirizzi, uno del quali considera la quota societaria un autonomo bene immateriale, mentre l’altro, alla luce delle difficoltà ricordate dalla pronunzia appena citata, le attribuisce natura di mero diritto di credito.
Ora, mentre la tesi che “reifica” la quota societaria conduce a considerare acquisita quest’ultima alla comunione immediata ex art. 177, 1° co., lett. a), C.C., al pari di ciò che avviene nel caso di acquisto di qualsiasi altro bene che ricada nell’ambito applicativo della norma citata, le cose si complicano se invece si opta per la natura di diritto di credito della partecipazione.
In questo caso, infatti, per verificare gli effetti di tale opzione interpretativa ai fini del regime di comunione legale, occorre necessariamente rifarsi alla soluzione della parallela querelle circa l’idoneità o meno dei diritti di credito, in quanto tali, ad entrare a fare parte della comunione legale ex art. 177, 1° co., lett. a), C.C., problema che ha avuto anch’esso soluzioni oscillanti tra chi ha ammesso e chi ha negato una tale idoneità.
Infatti, assimilata la quota societaria ad un diritto di credito, se si ritiene che quest’ultimo tipo di diritto non sia suscettibile di entrare in comunione immediata, ne deriva anche le quote societarie non saranno suscettibili di cadere in tale genere di comunione. Viceversa, opinando per la tesi che ammette la caduta immediata in comunione dei diritti di credito ex art. 177 cit., la soluzione, quanto all’ingresso in detta comunione delle partecipazioni societarie, sarà ovviamente di segno positivo.
Come si vedrà subito entrambi i problemi sono stati risolti in favore della caduta in comunione legale immediata delle quote di partecipazione acquistate, matrimonio durante, ex art. 177, 1° co., lett. a), C.C. e ciò qualunque sia l’opzione interpretativa prescelta circa la loro natura.
Partecipazioni societarie intese come res e comunione legale
Sul punto, infatti, va intanto segnalato come appaia consolidato l’indirizzo (espresso, ad es., da Cass. Civ., Sez. I, 27/05/1999, n. 5172, appresso citata), secondo cui le partecipazioni societarie
«data la netta prevalenza della loro consistenza economica rispetto alle posizioni connesse allo status di socio, possono essere oggetto di diritti, e dunque rientrano nell’ampia definizione dei beni adottata dall’art. 810 cod. civ., e, segnatamente, nella categoria dei beni mobili, come delineata, dall’art. 812 terzo comma cod. civ».
Come tali, dunque, sempre secondo il precedente sopra menzionato, dette partecipazioni possono essere acquistate alla comunione legale al pari di ogni bene «secondo il citato art. 177 cod. civ., il quale adotta la relativa nozione senza specificazioni delimitative, abbracciando ogni mutamento idoneo ad incrementare il patrimonio con l’afflusso di un nuovo bene».
Partecipazioni societarie intese come diritti di credito e comunione legale
D’altro canto, qualora si opini, invece, per la tesi che attribuisce alle partecipazioni societarie in discorso natura di mero diritto di credito occorre allora tenere presente il fatto che la più recente giurisprudenza (v. Cass. Civ., Sez. I, 09/10/2007, n. 21098, da cui è tratta la massima che segue) in tema di rapporti tra diritti di credito e comunione legale ha stabilito che
«anche i crediti cosi come diritti a struttura complessa come i diritti azionari in quanto “beni” ai sensi degli artt. 810, 812 e 813 c.c., sono suscettibili di entrare nella comunione, o per effetto di donazione o successione (art. 179 c.c., comma 1, lett. b) ove specificamente stabilito nell’atto di liberalità ovvero nel testamento, oppure attraverso lo speciale meccanismo di acquisizione previsto dall’art. 177 c.c., comma 1, lett. a)»,
restando, viceversa, esclusi dalla comunione immediata, secondo Cass. Civ., Sez. I, 15/06/2012 n. 9845, solo quei particolari diritti di credito
«che non abbiano una componente patrimoniale suscettibile di acquisire un valore di scambio, come quelli derivanti da un contratto preliminare di compravendita (Cass. 2008/1548), dalla partecipazione ad una cooperativa edilizia a contributo erariale (Cass. 2005/12382; 2011/16305) o da un deposito bancario (Cass. 2006/1197)».
In conclusione
Vero ciò, può allora concludersi che, sia considerando la quota societaria in termini di diritto di credito, sia attribuendole la qualifica di vera e propria res, la conclusione non varia: essa, almeno in linea di principio, è idonea a cadere in comunione immediata ex art. 177, 1° co., lett. a), C.C.
A tale conclusione generale, tuttavia, va subito aggiunta la precisazione che il principio ivi enunciato ha trovato differenti declinazioni pratiche, in funzione delle singole situazioni di specie, delle quali si tenterà di seguito di svolgere una rapida panoramica.
Partecipazioni societarie che comportano responsabilità limitata del socio
Cominciamo dal tema dell’acquisto di partecipazioni sociali che comportano la responsabilità limitata del socio, i.e. azioni di spa, quote di srl e partecipazioni dell’accomandante nelle società in accomandita, il cui percorso interpretativo si è differenziato dal quello articolatosi in materia di partecipazioni cui consegue, invece, la responsabilità illimitata, ancorché, come si vedrà al paragrafo successivo, entrambi tali percorsi siano infine approdati alle medesime conclusioni.
Azioni
Per quanto attiene alle partecipazioni azionarie, può dirsi che, attribuita ad esse natura di res (o, il che è lo stesso, superato il problema dell’idoneità del diritto di credito ad entrare in comunione legale), se ne è dedotta l’inclusione del relativo acquisto alla comunione immediata ex art. 177, 1° co, lett. a, C.C.
Si veda sul punto, ad es., Cass. Civ., Sez. I, 18/08/1994, n. 7437, secondo la quale
«le azioni di società costituiscono incrementi patrimoniali sicuramente rientranti tra gli acquisti di cui alla lettera a) dell’art. 177 c.c. e quindi nell’oggetto della comunione tra coniugi, in quanto, anche se esse non sono meri titoli di credito, ma titoli di partecipazione, l’aspetto patrimoniale è assolutamente prevalente rispetto ai diritti e agli obblighi connessi con lo “status” di socio che in essi è incorporato».
Quote di srl
Per ciò che concerne, poi, l’acquisto di quote di società a responsabilità limitata, la mancanza di una “cartolarizzazione” assimilabile a quella delle azioni poneva qualche ostacolo in più al riconoscimento della qualità di res e, dunque, a ravvisare l’idoneità alla caduta in comunione del relativo acquisto ai sensi dell’art. 177, 1° co., lett. a) C.C. più volte citato.
Da ultimo, si è tuttavia concluso che anche detta tipologia di partecipazioni, pur non essendo incorporata in un’azione, rappresenta comunque un «bene immateriale equiparato ex art. 812 c.c., al bene mobile materiale (non iscritto in pubblico registro) e resta sottoposta alla disciplina legislativa di questa categoria di beni» (Cass. Civ., Sez. III, 12/12/1986 n. 7409). Ne consegue, perciò, che anche l’acquisto di quote di srl cade immediatamente in comunione, ai sensi del più volte citato art. 177, 1° co., lett. a), C.C.
Si vedano, in questo senso, la massima di Trib. Milano, Sez. VIII, 19/03/2007, n. 3390, secondo cui
«le quote di s.r.l. acquistate dal singolo coniuge in regime di comunione legale rientrano in comunione, in virtù dell’ampio tenore dell’art. 177 comma 1 lett. a) c.c., per cui la dizione “acquisti” si estende anche oltre la categoria dei diritti reali, ed in quanto le quote di s.r.l. costituiscono un “bene”»
e quella di Trib. Catania, 17/07/2007, secondo cui «gli acquisti di quote di s.r.l. cadono in comunione immediata ex art. 177, comma 1, lett. a), c.c.».
Quote dell’accomandante nelle società in accomandita
Un principio analogo, infine, è stato affermato, anche per ciò che attiene alle quote di partecipazione del socio accomandante di società in accomandita, caso esaminato da Comm. Trib. Centr., Sez. VI, 17/06/1992 n. 4049, a mente della quale
«l’acquisto di quote di partecipazione in società in accomandita semplice effettuate in regime di comunione legale, durante il matrimonio, da uno dei coniugi fa ricadere automaticamente in comunione tra i coniugi le quote suddette con la conseguenza che i redditi di partecipazione sociale sono da imputare per la metà a ciascuno dei coniugi».
Partecipazioni societarie che comportano la responsabilità illimitata del socio
Passando, ora, ad esaminare il distinto tema dell’acquisto di partecipazioni che comportano la responsabilità illimitata del socio, va premesso che l’indirizzo interpretativo originario tendeva ad escluderne la caduta in comunione legale immediata, rimanendo, dunque, tale acquisto confinato nell’ambito della comunione de residuo ex art. 178 C.C. (si veda, sul punto, la massima di Trib. Milano, 26/09/1994, secondo cui «non cadono in comunione – restando assoggettati alla disciplina di cui all’art. 178 c.c. e cioè alla c.d. comunione “de residuo” – gli acquisti di quote di società di persone, ovvero gli acquisti di partecipazioni che comportino a carico del socio responsabilità personale illimitata»).
A sostegno di tale conclusione, si è, anzitutto, evidenziata la natura strettamente personale della partecipazione (del coniuge/)socio di società di persone, incompatibile, come tale, con l’automatico acquisto della comproprietà di essa da parte dell’altro coniuge.
Sotto diverso profilo, si è altresì richiamata l’inopportunità che un soggetto estraneo ad una compagine societaria basata sull’intuitus personae possa entrarne a far parte ex lege.
Si è, infine, rilevato che una contitolarità automatica di partecipazioni del genere in esame acquisita dal coniuge non socio ex art. 177, 1° co., lett. a), C.C., finirebbe con il comportare la grave conseguenza della sua responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali contratte da una società cui egli è di fatto estraneo (v. il richiamo a tale argomento contenuto in Cass. Civ., Sez. I, 01/02/1996, n. 875).
In questo quadro, tuttavia, nell’anno 2009 la Suprema Corte (Cass. Civ., Sez. II, 02/02/2009 n. 2569) ebbe a pronunciarsi sul tema in modo alquanto diverso, affermando che anche
«nelle società di persone la quota sociale va ricondotta nella nozione di bene mobile fornita dagli art. 810 e 812 c.c., perché, essendo trasferibile a terzi “inter vivos” e “mortis causa” ed assoggettabile anche ad espropriazione forzata, pur se per l’opponibilità del trasferimento alla compagine sociale occorre il consenso degli altri soci, costituisce una cosa immateriale che può formare oggetto di diritti».
Ne consegue, sempre secondo la decisione in rassegna, che
«l’iniziale partecipazione di uno dei coniugi ad una società di persone ed i suoi successivi aumenti, ferma la distinzione tra la titolarità delle quote e la legittimazione all’esercizio dei diritti nei confronti della società che essi attribuiscono al socio, rientrano conseguentemente tra gli acquisti che, a norma dell’art. 177, lett. a) c.c., costituiscono oggetto di comunione legale tra i coniugi, anche se effettuati durante il matrimonio ad opera di uno solo di essi, e non beni personali, ove non ricorra una delle ipotesi previste dall’art. 179 c.c.».
Conclusione, quest’ultima, che lascia a dire il vero perplessi, se non altro perché non ne appare agevole il raccordo con quantomeno alcuni degli argomenti che si sono sopra elencati a sostegno dell’opposto indirizzo e che non sembrano privi di forza persuasiva.
Ma tant’è: sembra potersi affermare che, allo stato, le quote di società che comportano la responsabilità ultra vires del socio cadono in comunione immediata esattamente come sopra si è visto accade per ciò che attiene a quelle da cui, viceversa, scaturisce la responsabilità limitata di questi.
Il problema degli aumenti di capitale
In materia rapporto tra investimenti in quote societarie e comunione legale dei beni, si è altresì posto il problema della sorte riservata agli aumenti di capitale.
Si tratta di un argomento alquanto complesso, cui in questa sede non è possibile dedicare che un breve cenno, ricordando due decisioni, una resa in materia di società di capitali ed una resa in materia di società di persone, dalle quali è possibile dedurre che, almeno tendenzialmente, anche tale tipo di incremento è suscettibile di cadere in comunione immediata.
Nel primo caso – una fattispecie di aumento di capitale a pagamento in spa, ove il coniuge/socio aveva esercitato il diritto di opzione – la Suprema Corte (Cass. Civ., Sez. I, 23/09/1997, n. 9355) ha infatti stabilito che
«se il conferimento dei mezzi economici necessari per la sottoscrizione dei nuovi titoli proviene da persona coniugata in regime di comunione legale, e se il coniuge sottoscrittore non dichiara la provenienza del conferimento stesso da suoi beni “personali” (…), l’acquisto entra immediatamente nella comunione (salva l’ipotesi – comunque in questa sede non rilevante – di un possibile diritto del coniuge sottoscrittore al rimborso ex art. 192, 3 comma, c.c., all’atto dello scioglimento della comunione, dell’eventuale valore venale del diritto di opzione impiegato nell’investimento di beni divenuti comuni)».
Nella seconda ipotesi – fattispecie di una snc cui partecipava uno dei coniugi sin da prima del matrimonio e che, durante quest’ultimo, in due distinte occasioni, non aveva distribuito gli utili annuali, andando ad aumentare il valore del patrimonio sociale, il precedente di Cass. Civ., Sez. II, 02/02/2009 n. 2569 ebbe a confermare la decisione della Corte Territoriale che aveva ritenuto che tali incrementi fossero confluiti in comunione legale immediata ex art. 177, 1° co., lett. a), C.C.
Secondo la pronuncia appena citata, infatti,
«la norma dell’art. 2262 c.c., applicabile anche alle società in nome collettivo in forza del richiamo di cui all’art 2293 c.c., nella società di persone il singolo socio, a differenza di quanto previsto nell’art. 2433 c.c., per le società di capitali, ha diritto all’immediata percezione degli utili risultanti dal bilancio dopo l’approvazione del rendiconto».
Deriva da ciò, prosegue detta sentenza, che gli utili delle società di persone non distribuiti cadono in comunione immediata giacché
«non costituiscono un incremento del patrimonio della società, ma conservano la loro originaria natura di crediti dei singoli soci nei confronti della società, e che il loro utilizzo per un aumento del capitale sociale costituisce unicamente una particolare modalità dell’apporto che ad esso abbiano dato i singoli soci. Va conseguentemente condivisa la conclusione della sentenza che non potevano essere riferiti allo status di socio acquisito dalla moglie anteriormente al matrimonio gli aumenti della sua partecipazione effettuati con utili degli esercizi precedenti che la società non aveva distribuito ai soci».
Da ultimo, un cenno merita la distinta questione dell’aumento gratuito di capitale sociale, ipotesi ove non si sono rivenuti precedenti giurisprudenziali, ma circa la quale sembra condivisibile l’opinamento secondo cui, non verificandosi, in ipotesi alcun acquisto, ma il semplice ampliamento di una ricchezza già precedentemente esistente, il “nuovo” capitale entra in comunione a seconda del fatto che fosse o meno già in comunione l’originaria partecipazione.
Società tra coniugi
Si è sin qui trattato il caso della caduta in comunione legale di una quota di società posseduta da uno dei due coniugi.
Può però ben porsi il caso di due coniugi che costituiscano tra loro una società e detengano, dunque, ciascuno una quota di tale società comune.
La figura differisce dall’ipotesi sino ad ora esaminata (in cui il coniuge deteneva partecipazioni di società in cui l’altro coniuge non era coinvolto) non solo sotto il profilo fattuale, ma anche sotto quello delle sue implicazioni giuridiche, giacché va ad impattare, oltre che con la problematica della caduta in comunione legale della quota di partecipazione sin qui esaminata, anche con il disposto dell’art. 177, 1° co., lett. d), C.C., secondo cui cadono in comunione immediata le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio.
Si tratta di un tema complesso che, stante l’interferenza tra disciplina codicistica delle società e quella dettata dagli artt. 180 e ss. C.C., pone numerosi ordini di problemi, di fronte ai quali, in estrema sintesi, può dirsi che gli orientamenti interpretativi (che emergono in caso di società di persone, ma sono in linea di principio estensibili anche alle società di capitali) oscillano tra chi sostiene, rispettivamente:
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la nullità di un tale genere di società, vuoi per mancanza della pluralità dei soci (che verrebbe elisa proprio per l’esistenza della comunione legale, intesa quale elemento unificante le sfere patrimoniali dei due coniugi), vuoi per contrarietà di essa a norme considerate imperative, quali quelle che disciplinano l’amministrazione dei beni caduti in comunione ed il regime della relativa responsabilità patrimoniale;
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la liceità di essa, condizionata tuttavia all’esclusione dalla comunione delle quote sociali e/o dei beni conferiti in società, tramite apposita convenzione matrimoniale ex artt. 162 e 191, ult. co., C.C.;
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la liceità della stessa tout court, con varie soluzioni relativamente alla regolamentazione della medesima, tra cui sembra essere prevalente quella che ritiene applicabile, quanto ad amministrazione, scioglimento e responsabilità patrimoniale, la regolamentazione familistica, prevalendo essa su quella societaria (in giurisprudenza, propugna la tesi della liceità della società Trib. Ragusa, 05/09/2000, secondo cui «in materia di rapporti patrimoniali tra coniugi, sono ammissibili la costituzione di società personali tra (soli) due coniugi in regime patrimoniale legale e l’eventualità che i coniugi stessi siano titolari di quote diverse, riguardando, infatti, tale diversità nella misura della partecipazione sociale, solamente la quantificazione dei diritti che ciascun socio esercita all’interno della compagine sociale»).
Casistica
Per concludere queste brevi note relative al rapporto tra quote societarie e comunione legale, restano da vedere alcune fattispecie particolari, cui, pur senza pretesa di completezza, vale comunque la pena accennare, giacché concernono aspetti di rilievo nello svolgimento della vita patrimonial/coniugale, al cui agevole fluire non ha certo contribuito la farraginosa disciplina della comunione legale dei beni.
Investimenti obbligazionari
Il primo caso che merita menzionare è quello degli investimenti obbligazionari, il quale deriva la rispettiva soluzione giurisprudenziale dall’orientamento espansivo adottato in generale circa la caduta in comunione immediata dei diritti di credito, che si è esposto ai paragrafi precedenti.
Secondo Cass. Civ., Sez. I, 09/10/2007, n. 21098, infatti, una volta ritenuti suscettibili di entrare a fare parte della comunione immediata i diritti di credito, analoga soluzione
«deve essere adottata per i titoli obbligazionari acquistati da un coniuge con i proventi della propria attività personale. Ciò in correlazione con la ratio della norma, che è quella di far entrare nella comunione, in linea generale e salvo le specifiche eccezioni, ogni tipo di “bene” che ciascun coniuge acquisti nel corso del matrimonio, e tenuto conto che nella realtà economica moderna i valori mobiliari tra i quali rientrano i titoli obbligazionari costituiscono una delle forme più diffuse e significative d’investimento della ricchezza».
Quote di fondi di investimento
Si è, ancora, concluso per l’inclusione nella comunione immediata ex art. 177, 1° co., lett. a) C.C., degli acquisti di quote fondi di investimento, le quali possiedono un valore economico autonomo, che le rende idonee allo scambio, ed una natura strutturale (quella di «patrimonio separato, in cui la separazione “garantisce adeguatamente la posizione dei partecipanti, i quali sono i proprietari”», come opinato da v. Cass. Civ., Sez. I, 15/06/2012 n. 9845) che ne evidenzia la componente patrimoniale.
Titoli di stato
Entra, altresì, a fare parte della comunione immediata, secondo la massima di Trib. Milano, 21/05/1997, l’acquisto di titoli di Stato.
Infatti, come recita il precedente appena citato:
«i titoli di Stato, che un coniuge in regime di comunione legale abbia separatamente dato ordine ad una banca di acquistare e di custodire, ricadono in comunione legale in quanto l’acquisto di titoli di Stato – in considerazione della loro natura di beni finali, cioè di ricchezze stabilmente entrate a far parte dei beni comuni e, quindi, di veri e propri investimenti – risulta riconducibile alla previsione di cui all’art. 177, lett. a, c.c.».
Quote di società cooperative
Da ultimo, un ulteriore cenno merita la questione relativa all’ingresso o meno in comunione immediata delle quote di società cooperative.
In sintesi può dirsi che, in tesi generale, si è escluso che tale acquisto possa costituire “investimento” o “acquisto” in senso proprio, come tale rilevante a mente dell’art. 177, 1° co., lett. a) C.C., posto lo scopo mutualistico che caratterizza la partecipazione a tale società, a fronte di quello “impersonalmente” lucrativo che, invece, qualifica la partecipazione nelle ordinarie società commerciali.
In questo senso, si veda, ad esempio, Trib. Venezia 04/07/1986, secondo la quale
«l’acquisto di una quota di società cooperativa, pur costituendo il presupposto della realizzazione dell’utilità della cooperazione e pur potendo comportare l’assunzione di impegni di contenuto economico da parte del socio, sfugge in sé e per sé alla comunione, nella quale potrà, a seconda del tipo di cooperativa, ricadere il risultato finale»
La regola appena esposta soffre, tuttavia, alcune eccezioni, funzione, in effetti, della considerazione del criterio del «tipo di cooperativa» richiamato dalla massima appena citata.
Tra queste, merita un cenno specifico quello dell’investimento in azioni di banche costituite in forma cooperativa, del quale la giurisprudenza (v. Cass. Civ., Sez. I, 18/09/2014 n. 19689), vista la particolare natura di tali istituti di credito (essenzialmente lucrativa) ed attesa, inoltre, la «prevalenza del carattere patrimoniale dell’acquisizione di partecipazioni al capitale di una impresa esercente il credito rispetto all’intuitus personae concernente la acquisizione della qualità di socio della banca popolare» nonché, infine, di fronte «al dato sostanziale preminente dell’estraneità del socio all’attività che costituisce l’oggetto sociale della cooperativa», ha sancito la caduta in comunione immediata ex art. 177, 1° co., lett. a, più volte citato.