La Prima Sezione della Corte di Cassazione, con la sentenza 14/03/2017, n. 12328, ha affermato che la circostanza aggravante dell’essere stato il delitto commesso alla presenza del minore, nelle ipotesi previste dall’art. 61, n. 11 quinquies cod. pen., è configurabile tutte le volte che il minore degli anni diciotto percepisca la commissione del reato, anche quando la sua presenza non sia visibile all’autore del reato, se questi, tuttavia, ne abbia la consapevolezza ovvero avrebbe dovuto averla usando l’ordinaria diligenza.
L’aggravante di cui qui si tratta è stata introdotta dal D.L. 14/08/2013, n. 93, conv. in L. 15/10/2013, n. 119, con cui il Legislatore aveva voluto attribuire una specifica valenza alla c.d. violenza assistita, ossia quel complesso di ricadute di tipo comportamentale, psicologico, fisico, sociale e cognitivo, sui minori costretti ad assistere a fatti di violenza domestica, soprattutto a quelli in cui la vittima è la propria madre.
Precisamente la norma, introducendo il comma 11 quinquies, all’art. 61 c.p., e dunque una nuova ipotesi di aggravante comune, testualmente dispone che:
«l’avere, nei delitti non colposi contro la vita e l’incolumita’ individuale, contro la liberta’ personale nonche’ nel delitto di cui all’articolo 572, commesso il fatto in presenza o in danno di un minore di anni diciotto ovvero in danno di persona in stato di gravidanza».
Ciò ricordato, in un caso di omicidio di una donna da parte del marito, in casa, in un momento in cui erano presenti i due figli minorenni, pur non essendo nella stessa stanza in cui veniva consumato l’omicidio, l’imputato aveva impugnato la sentenza di condanna a 16 anni di reclusione, invocando l’inosservanza o l’erronea applicazione dell’aggravante comune di cui sopra, art. 61, comma 11 quinquies c.cp., proprio in considerazione del fatto che i figli minori, pur essendo presenti in caso, non avevano assistito all’omicidio della madre.
Ed allora, al riguardo, con la sentenza 12328/2017 che qui si segnala, la Prima Sezione della Cassazione, chiarisce che:
«per ritenere sussistente la circostanza aggravante in discorso è sufficiente che il minore percepisca il reato, non essendo richiesto che lo stesso sia commesso davanti ai suoi occhi».
La Corte ricorda, poi, che trattandosi di una circostanza aggravante di tipo oggettivo riguardante la modalità dell’azione a norma dell’art. 70 c.p., la stessa dovrà essere valutata a carico dell’agente se conosciuta ovvero se ignorata per colpa o ritenuta inesistente per errore determinato da colpa.
Tutto ciò premesso, la Corte conclude affermando che:
«la circostanza aggravante di cui all’art. 61, primo comma, n. 11 quinquies, c.p. introdotta dalla legge n. 119/2013 è configurabile tutte le volte che il minore degli anni diciotto percepisca la commissione del reato e anche quando la sua presenza non sia visibile dall’autore il quale, tuttavia, ne abbia la consapevolezza o avrebbe dovuto averla usando l’ordinaria diligenza».
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Scarica la sentenza Cass. Pen., Sez. I, 14/03/2017, n. 12328