Notifica avviso accertamento al contribuente in bonis. Il termine per impugnare decorre anche nei confronti del curatore? Nota a Cass. Civ. Sez. V Tributaria, 14/09/2016, n. 18002, Rel. Cons. Dott.ssa P. Vella


La notifica dell’avviso di accertamento effettuata al contribuente in bonis non è idonea a far decorrere il termine per l’impugnazione nei confronti del curatore del fallimento dichiarato in pendenza del relativo termine.

Ciò è quanto ha statuito la Corte di Cassazione, V Sezione Tributaria, con la sentenza n. 18002 del 14/09/2016.

Il caso

La Commissione tributaria provinciale di Rovigo dichiarava la nullità della cartella di pagamento notificata al curatore del fallimento di una società, in quanto priva di allegazione degli atti impositivi presupposti, notificati in precedenza al solo contribuente in bonis, poi dichiarato fallito proprio in pendenza del termine per l’impugnazione degli avvisi stessi.

In secondo grado la Commissione tributaria regionale del Veneto confermava la sentenza di prime cure e, dunque, l’Amministrazione finanziaria proponeva ricorso per cassazione.

La decisione della Corte

Chiamata a pronunciarsi sulla questione la Corte riassume le censure proposte dall’amministrazione finanziaria nei seguenti termini: «se la notifica dell’avviso di accertamento al contribuente in bonis sia idonea a far decorrere il termine per la sua impugnazione anche nei confronti del curatore del fallimento dichiarato in pendenza del relativo termine, al quale sia notificata solo la cartella di pagamento (senza allegazione dell’avviso), con l’effetto di rendere opponibile alla massa dei creditori la definitività dell’atto impositivo non impugnato, ai fini della ammissione al passivo».

Prima di affrontare la soluzione del quesito la Corte ritiene opportuno cristallizzare alcuni principi generali in materia fallimentare.

In primo luogo la Cassazione afferma che uno dei degli effetti del fallimento è il cd. spossessamento ovvero la perdita in capo al fallito della disponibilità del proprio patrimonio. Ciò però non significa che il fallito perda anche la titolarità dei propri beni ed, in effetti, a seguito del fallimento si crea una scissione tra titolarità del patrimonio e legittimazione a disporne. Scissione che è limitata alla durata della procedura fallimentare, posto che una volta conclusa, il fallito riascquista la disponibilità dei propri diritti.

La Corte prosegue esaminando il principio del doppio binario nell’accertamento tirbutario in caso di fallimento, secondo il quale un avviso di accertamento tributario «i cui presupposti si siano verificati prima della dichiarazione di fallimento, deve essere notificato non solo al curatore, ma anche al fallito, il quale rimane il soggetto passivo del rapporto tributario (Cass. nn. 14987/00, 6459/00) ed è perciò munito di una concorrente legittimazione ad agire e resistere (Cass. nn. 9434/14, 4113/14), sia pure esercitabile solo in caso di inerzia del curatore (Cass. nn. 6393/06, 6937/02), e con la precisazione che non integrano siffatta inerzia le eventuali scelte processuali del curatore che quel giudizio abbia promosso, o vi abbia partecipato». Secondo la Corte, inoltre, costituisce ius receptum il principio secondo il quale «l’accertamento tributario, se inerente a crediti i cui presupposti siano insorti prima della dichiarazione di fallimento del contribuente (o nel periodo d’imposta in cui tale dichiarazione è intervenuta) debba essere notificato non solo al curatore – in ragione della partecipazione di detti crediti al concorso fallimentare, o, comunque, della loro idoneità ad incidere sulla gestione delle attività e dei beni acquisiti al fallimento – ma anche al contribuente fallito, il quale non è privato, a seguito della dichiarazione di fallimento, della sua qualità di soggetto passivo del rapporto tributario, e resta esposto ai riflessi, anche di carattere sanzionatorio, che conseguono alla definitività dell’atto impositivo».

Da tale principio ne deriva specularmente che l’accertamento fiscale avente ad oggetto obbligazioni tributarie i cui presupposti sono insorti prima della dichiarazione di fallimento del contribuente, notificato solo al contribuente fallito e non anche al curatore del fallimento, è del tutto inefficace ed inopponibile nei confronti della curatela fallimentare e della massa dei creditori.

Detto ciò, la Corte aggiunge un importante precisazione per quanto riguarda la rilevanza di un accertamento fiscale nei confronti della curatela e dei rimedi a quest’ultima concessi per contrastarlo.
La Corte ha precisato, infatti, che per quanto riguarda il curatore, l’interesse ad impugnare un avviso di accertamento sorge solo successivamente alla volontà dell’amministrazione finanziaria di insinuarsi al passivo fallimentare secondo le modalità e i termini prescritti dalla legge fallimentare. Ciò in quanto, «sino a quando la pretesa tributaria non venga espressamente azionata nei confronti della massa, con la domanda di ammissione al passivo ex art. 93 L.fall., il curatore non sarebbe nemmeno legittimato a tutelarne gli interessi, in quanto in ipotesi nemmeno in astratto pregiudicabili», ed anzi, prosegue la Corte, in ipotesi di insinuazione cd. ultratardiva (oltre il termine di un anno dalla dichiarazione di esecutorietà dello stato passivo), la stessa avrebbe serie probabilità di essere dichiarata inammissibile.

Risulta evidente che, in virtù di tale assunto, anche la notifica di un avviso di accertamento nei confronti della curatela potrebbe non avere alcuna incidenza nei confronti della massa se tale notifica non sia stata proceduta o anche seguita, a seconda della fase in cui si trova la procedura fallimentare, dal deposito dell’insinuazione al passivo effettuata dall’ente creditore. E da ciò ne deriva ulteriormente che la notifica di un avviso di accertamento effettuata al solo contribuente non possa produrre effetto alcuno se non nei confronti del destinatario della notifica, ovvero il contribuente stesso e non anche il fallimento dell’impresa di quest’ultimo poi dichiarato.

Alla luce delle seguenti argomentazioni, è possibile estrapolare dalla sentenza in commento i seguenti principi di diritto:

la notifica dell’avviso di accertamento effettuata al contribuente in bonis non è idonea a far decorrere il termine per la sua impugnazione anche nei confronti del curatore del fallimento sopravvenuto in pendenza di detto termine.

L’intervenuta definitività dell’atto medesimo non potrà essere opponibile alla massa dei creditori, essendo invece necessario che il curatore sia messo direttamente in condizione, tramite apposita notifica a lui indirizzata, di esercitare le azioni a tutela della massa dei creditori. E ciò a prescindere dagli ulteriori rilievi svolti sulla ritenuta superfluità, in sede fallimentare, della notifica della cartella di pagamento, e della possibilità per il curatore di impugnare autonomamente il ruolo sulla cui base sia stata proposta domanda di ammissione al passivo, dovendosi in ogni caso ritenere che l’interesse concreto ed attuale del curatore a contestare l’atto impositivo insorga solo a seguito dell’insinuazione al passivo del credito tributario.

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