«Le spese dell’accertamento tecnico preventivo ‘ante causam‘ vanno poste, a conclusione della procedura, a carico della parte richiedente, salvo, in esito all’eventuale giudizio di merito, il riaddebito di esse a carico del soccombente».
La Sesta Sezione Civile della Cassazione, lo scorso 18 ottobre, ha depositato la sentenza n. 21045/2016, con cui ha stabilito che in sede di procedimento per accertamento tecnico preventivo (ATP) le relative spese (quali il compenso del consulente tecnico d’ufficio) vanno poste a carico del richiedente, ovverosia della parte ricorrente.
La Corte ha così accolto il ricorso straordinario per Cassazione (art. 111 Cost.) con cui la parte resistente in seno al procedimento di ATP aveva impugnato il provvedimento ivi pronunciato dal Tribunale che aveva posto «a carico in solido di tutte le parti» le spese di tale procedimento.
La Cassazione, dopo aver dato conto della ritenuta ammissibilità del ricorso straordinario per Cassazione avverso il provvedimento di liquidazione delle spese di CTU, stante la natura decisoria e definitiva di tale provvedimento, ha chiarito che è proprio la natura del procedimento per ATP a giustificare una tale conclusione.
In motivazione si legge, infatti, che:
«la funzione probatoria dell’accertamento è infatti stimolata da una parte che si propone di valersene in un successivo giudizio, ma che potrebbe non attivarsi».
Discende da quanto sopra che è il ricorrente che, in via provvisoria ed esclusiva, deve farsi carico delle anticipazioni necessarie del procedimento di ATP, fatto salvo, poi, l’eventuale successivo giudizio di merito, all’esito del quale, tali spese verranno in luce quali “spese giudiziali” e saranno indi regolate secondo il principio della soccombenza, salva la possibilità di compensazione, totale o parziale.
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Scarica il testo integrale della sentenza Cass. Civ., VI^ Sez., 18/10/2016, n. 21045