Azione di regresso: non basta il semplice rischio di dover pagare Trib. Reggio Emilia, Sez. II, Ordinanza collegiale 26/09/2022

By | 28/10/2022

TRIB. REGGIO EMILIA, SEZ. II, ORDINANZA COLLEGIALE 26/09/2022

«In sede di ricorso per sequestro conservativo proposto in vista del futuro esercizio di un’azione di merito fondata su un asserito diritto di regresso/manleva verso il debitore principale, non è sufficiente ad integrare il requisito del fumus boni juris la mera prospettazione, da parte del ricorrente, del rischio di pagamento, posto che l’azione di regresso, per giurisprudenza costante, presuppone, o l’avvenuto pagamento effettuato dal debitore solidale, o quantomeno l’avvenuta proposizione di un’azione giurisdizionale nei confronti del debitore che la manleva intende esercitare» (Massima non ufficiale)

ORDINANZA COLLEGIALE EX ART. 669 TERDECIES C.P.C

[Omissis]

rilevato che, Credito [Omissis] S.p.A. (di seguito, per brevità, CR. o Banca) ha convenuto in giudizio davanti al Giudice del Lavoro la propria dipendente e private banker C.P., promuovendo nei suoi confronti ricorso per sequestro conservativo ex art. 671 c.p.c. per l’importo di € 2.500.000.

In particolare, CR. ha riferito che la C.P. aveva gestito, ex aliis, il patrimonio delle sorelle G.Z e MA.Z.; che dopo il loro decesso, aveva ricevuto una comunicazione dall’erede di G.Z., con la quale si deduceva l’avvenuto spoglio del patrimonio della propria de cuius da parte della C.P. con la collaborazione del di lei marito M.M. e della di lei suocera I.B., si dava atto di avere proposto denuncia-querela presso la Procura della Repubblica di [Omissis], si ipotizzava un’azione risarcitoria nei confronti della Banca; che a seguito delle successive indagini interne disposte, CR. aveva ritenuto la fondatezza delle contestazioni dell’erede di G.Z.; che pertanto, doveva ragionevolmente ipotizzarsi che la Banca avrebbe in futuro dovuto rispondere dell’operato della propria dipendente ai sensi degli articoli 2049 c.c., 2055 c.c. e 31 comma 3 TUF.

Sulla base di tale narrativa, CR. ha proposto ricorso per sequestro conservativo nei confronti della C.P. (ed analogo ricorso è stato proposto avanti al Tribunale di [Omissis] nei confronti di M.M. e della I.B.), preannunciando un giudizio di merito finalizzato ad essere “manlevata da quanto dovrà eventualmente corrispondere agli aventi causa delle signore G.Z. ai sensi dell’articolo 2049 c.c. per le condotte poste in essere dalla signora C.P.” (cfr. pag. 21 ricorso cautelare).

In accoglimento del ricorso e disattendendo le difese della convenuta, il Giudice del Lavoro ha concesso il sequestro conservativo per la somma di € 1.816.000, ritenendo lumeggiata una condotta fraudolenta della C.P. e probabile una futura richiesta risarcitoria alla Banca da parte degli eredi delle sorelle G.Z.

Avverso l’ordinanza interpone reclamo la C.P., mentre resiste CR.;

– ritenuto che, alla stregua dei pacifici princìpi generali ed in ragione della strumentalità che connota i procedimenti cautelari, l’accoglimento del sequestro conservativo presuppone in tutta evidenza un giudizio di fumus boni iuris e di periculum in mora relativamente al preannunciato giudizio di merito.

Ciò premesso, sulla base di quanto risulta dagli atti e così come peraltro confermato anche dalla difesa della Banca in sede di discussione davanti al Collegio, è pacifico tra le parti che, dopo l’invio della lettera da parte dell’erede di G.Z., né la stessa, né l’erede di MA. G.Z., hanno mai evocato in giudizio CR. per ottenerne la condanna al risarcimento del danno: pertanto, allo stato non solo la Banca non ha ancora subìto un danno integrato da un esborso economico a favore degli eredi delle clienti per le condotte asseritamente poste in essere dalla dipendente, ma neppure è stata proposta nei confronti della Banca la relativa domanda giurisdizionale.

Tanto basta, anche prescindendo dal fatto che ad ora nessun esito ha dato la presentazione della denuncia-querela alla Procura della Repubblica di [Omissis], a ritenere insussistente il necessario presupposto del fumus boni iuris rispetto alla causa di merito relativa all’azione di regresso/manleva nei confronti della dipendente.

Detta azione, infatti, secondo l’insegnamento di legittimità dal quale non vi è motivo di discostarsi, presuppone o l’avvenuto pagamento effettuato dal debitore solidale, id est la Banca, o quantomeno l’avvenuta proposizione di un’azione giurisdizionale nei confronti del debitore che la manleva intende esercitare, cioè nuovamente la Banca (Cass. n. 16135/2009, Cass. n. 12691/2008, Cass. n. 490/2003, Cass. n. 2680/1998).

Nel caso di specie, invece, la pacifica assenza di pagamenti agli eredi da parte di CR., e l’altrettanto pacifica assenza di domanda giurisdizionale da parte degli eredi verso la Banca, escludono la possibilità che quest’ultima, in forza del giudizio di merito che intende proporre, possa ottenere un provvedimento che consenta di agire esecutivamente sul patrimonio della C.P.

D’altronde, opinare diversamente vorrebbe dire assoggettare i beni della C.P. al vincolo del sequestro in modo potenzialmente perpetuo, posto che nella causa di merito occorrerebbe sancire il diritto del CR. al regresso, condizionando però tale diritto, senza neppure potere prestabilire un termine, all’avvenuto pagamento di CR. a seguito di condanna richiesta ed ottenuta nei suoi confronti da parte degli eredi delle G.Z.; ma detta domanda potrebbe non essere mai proposta dagli eredi, cosicché il debitore principale vedrebbe vincolato il proprio patrimonio oggetto di sequestro a tempo indeterminato e senza peraltro la possibilità per la Banca di aggredirlo esecutivamente.

Ciò consente di plasticamente evidenziare il corto circuito logico-giuridico nel quale si incorrerebbe laddove il sequestro conservativo fosse disposto, posto che, in assenza di pagamento spontaneo o di azione degli eredi verso la Banca, la sentenza che definirebbe la causa di merito necessaria e successiva alla presente fase cautelare, non potrebbe determinare effetti esecutivi sul patrimonio della C.P.

Né può operarsi un giudizio prognostico in ordine al fatto che una domanda risarcitoria verrà effettivamente proposta nei confronti della Banca dagli eredi delle clienti, poiché il giudizio sul fumus deve essere formulato con riferimento all’azione di merito che attualmente è stata prospettata, e non è invece possibile formulare una valutazione di probabilità in ordine al radicamento di un’azione di terzi allo stato non proposta, trattandosi di un dato di fatto e non già di una valutazione giuridica.

Parimenti, non coglie nel segno quanto lamentato dalla difesa dei reclamati circa la pretesa impossibilità, in caso di annullamento del sequestro, di ottenere un vincolo sui beni della controparte per potere garantire l’effettività di una eventuale condanna restitutoria: detto vincolo può infatti essere ottenuto sia in sede di sequestro penale; sia, come ripetutamente più sopra osservato ed anche prima della domanda giurisdizionale degli eredi delle G.Z., nella sede civile dopo avere effettuato il pagamento;

– ritenuto altresì che, neppure è formulabile un giudizio di fumus boni iuris con riferimento ad una ulteriore e diversa causa di merito che la reclamata sembra prospettare, sia pure molto vagamente ed in contraddizione con quanto dichiarato nel ricorso davanti al Giudice del Lavoro, con riferimento a un danno all’immagine subìto per il comportamento della cliente (cfr. pag. 26 comparsa di risposta davanti al Collegio): sul punto, è facile replicare che nessun danno-conseguenza viene allegato (con riferimento, ad esempio, ad una riduzione degli investimenti da parte dei clienti o ad una negativa campagna di stampa) e tantomeno provato.

Pertanto, pacifico essendo che nel sistema della responsabilità civile viene risarcita non già la lesione in sé considerata, bensì la conseguenza pregiudizievole che dalla lesione deriva, la più che generica allegazione di un danno all’immagine non specificamente concretizzato e privo del benché minimo riscontro probatorio, esclude radicalmente possa formularsi un giudizio in ordine all’accoglibilità di una ipotetica pretesa risarcitoria;

– considerato che, in ragione di tutto quanto sopra, il reclamo deve essere accolto, con conseguente annullamento del disposto sequestro, stante l’assenza di fumus boni iuris rispetto alla prospettata causa di merito.

Rimangono all’evidenza assorbite tutte le ulteriori questioni, comprese quelle relative allo scrutinio in ordine alla correttezza delle singole operazioni contestate all’attuale reclamante, nonché conseguentemente quelle relative alla complessiva entità delle somme asseritamente distratte.

La presente decisione, lo si rileva incidentalmente, risulta coerente con le sovrapponibili decisioni assunte dal Tribunale di [Omissis] nella controversia promossa da CR. nei confronti di M.M. ed I.B., sia dal giudice monocratico con ordinanza 15/6/2022 sia dal giudice collegiale in sede di reclamo con ordinanza 18/8/2022, provvedimenti che hanno entrambi negato la concessione del sequestro conservativo per i motivi anche qui indicati;

– osservato che, nonostante la soccombenza della reclamata, sussistono le gravi ed eccezionali ragioni di cui all’articolo 92 comma 2 c.p.c., così come rimodulato a seguito della sentenza di Corte Costituzionale n. 77/2018, per compensare integralmente tra le parti le spese di lite dell’intera fase cautelare, ragioni integrate sia in diritto dalla sostanziale novità della questione trattata, per la quale non si rinvengono precedenti editi ulteriori rispetti alla ordinanza reclamata ed ai due precedenti del Tribunale di [Omissis] citati in motivazione; sia in fatto dall’oggettiva peculiarità della vicenda, analiticamente ricostruita dal Giudice del Lavoro evidenziando plurimi comportamenti della C.P. di dubbia legittimità.

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