Quante volte due persone vorrebbero separarsi, anzi, vorrebbero formalizzare una separazione che di fatto esiste già da tempo in casa, senza, tuttavia, nessuno dei due, abbandonare la casa familiare. E’ possibile?
Fatta qualche rara ed isolata pronuncia, la giurisprudenza prevalente è senza dubbio orientata negativamente. Recentemente, sempre in questo senso negativo, si è pronunciato anche il Tribunale di Como (ordinanza 06/06/2017) che si è rifiutato di omologare una separazione consensuale proprio perchè in essa i coniugi prevedevano la continuazione della coabitazione.
Tuttavia, a parere di chi scrive, la cosa che appare interessante di questo caso sono, le motivazioni che hanno indotto i due coniugi ad avanzare questa richiesta e, sempre le motivazioni, che invece hanno indotto il giudice di merito di Como a respingerla.
Infatti, nei precedenti che si sono verificati, i due coniugi hanno chiesto di continuare, entrambi, a coabitare la casa familiare per ragioni di necessità economica, e più in particolare perchè non vi era la disponibilità economica per consentire ad uno di essi di trovare altro alloggio.
In questo caso di Como, invece, le ragioni non sono tanto di natura economica ma….personale, perchè i due coniugi chiedevano di continuare a coabitare, a tempo indeterminato, nella stessa casa, non facilmente divisibile (pur in spazi diversi ed usando a turno gli spazi comuni), nella prospettiva di preservare le risorse economiche della famiglia nel’interesse del figlio maggiorenne ma studente, ed inoltre per una forma di solidaristica e cioè per garantire (il marito) assistenza personale (alla moglie) in relazione ad alcuni problemi di salute.
Precisamente, Tribunale di Como (ordinanza 06/06/2017) testualmente così riassume:
«interrogati dal Presidente, i coniugi hanno riferito di vivere da anni come “separati in casa” e che nessuno dei due ha al momento intenzione di allontanarsi dalla casa familiare di comproprietà, frutto di tanti sacrifici, dove dispongono ciascuno di una camera da letto personale e usano a turno gli altri locali; nel corso della discussione orale il procuratore dei ricorrenti ha motivato la opzione per la persistente coabitazione nella prospettiva di preservare le risorse economiche familiari e così agevolare il percorso di studio del figlio ( di anni 18), nonché di garantire alla moglie eventuale assistenza personale (a causa di non precisati problemi di salute)».
Oltre a
«pare inoltre che la motivazione che sorregge tale scelta separativa sui generis dei ricorrenti sia la volontà di svincolarsi reciprocamente dal dovere di fedeltà, anche agli occhi del figlio, dando una forma giuridica alla loro condizione di separati in casa»
Insomma, i due coniugi, non si amavano più nel senso ‘coniugale’ e, pur volendo fare vite separate, intendevano tuttavia – quantomeno questo era quello che dichiaravano – continuare a convivere insieme sia per non compromettere il patrimonio familiare, utile al proseguimento degli studi del figlio, che per garantirsi assistenza.
Questa originale impostazione ha costretto il giudice di merito di Como a prendere in considerazione la richiesta ed a motivarne adeguatamente il rigetto.
Como, infatti, rifiuta l’omologa della separazione perchè:
«ad avviso del Collegio tale prospettiva non può essere condivisa; […] l’ordinamento non può dare riconoscimento, con le relative conseguenze di legge, a soluzioni “ibride” che contemplino il venir meno tra i coniugi di gran parte dei doveri derivanti dal matrimonio, pur nella persistenza della coabitazione, la quale ex art. 143 cc costituisce anch’essa uno di questi doveri e rappresenta la “cornice” in cui si inseriscono i vari aspetti e modi di essere della vita coniugale; è vero che in costanza di matrimonio tale dovere può essere derogato, per accordo tra i coniugi, nel superiore interesse della famiglia, per ragioni di lavoro, studio ecc.. sì da non escludere la comunione di vita interpersonale (cfr. Cass. 19439/11, 17537/03), ma ciò non autorizza a ritenere il contrario, cioè ad affermare la validità di un accordo (con le conseguenze di legge della separazione) volto a preservare e legittimare la mera coabitazione una volta che sia cessata la comunione materiale e spirituale tra le parti;
più in generale devesi rilevare che l’istituto della separazione trova giustificazione in una situazione di intollerabilità della convivenza, intesa come fattore tipicamente individuale, riferibile alla personale sensibilità e formazione culturale dei coniugi, purchè però oggettivamente apprezzabile e giuridicamente controllabile (cfr. Cass. 8713/15, 1164/14), talchè non si vede nel caso di specie come possa “oggettivamente” apprezzarsi la condizione di intollerabilità della convivenza laddove gli stessi coniugi progettino di prorogarla a tempo indeterminato per ragioni di convenienze varie, atteso il contrasto con il dato di realtà reso evidente dalla persistente, collaudata, e “tollerata” convivenza;
in pratica essi chiedono che il giudice li dichiari separati perché soggettivamente si ritengono tali, ovvero non provano più reciprocamente sentimento né attrazione fisica, e desiderano proseguire una convivenza meramente formale, ma a tale desiderio (pur legittimo sul piano personale ed attuabile nella sfera privata), non corrisponde alcun “tipo” di strumento e/o istituto nello attuale ordinamento, ergo il desiderio non può assurgere a diritto»
Ed il Tribunale di Como, quindi, così conclude:
«non può quindi trovare accoglimento la pretesa di attribuire, con il provvedimento di omologa, riconoscimento giuridico, […] ad un accordo privatistico che regolamenti la condizione di “separati in casa” ; del resto, diversamente opinando, l’istituto della separazione consensuale, se del tutto svincolato da riferimenti oggettivi, si presterebbe fin troppo facilmente ad operazioni elusive o accordi simulatori, per finalità anche illecite».
Documenti & materiali
Scarica l’ordinanza Tribunale di Como 06/06/2017