L’art. 12 bis della L. 01/012/1970, n. 898 testualmente dispone che:
«il coniuge nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a nuove nozze e in quanto sia titolare di assegno ai sensi dell’articolo 5, ad una percentuale dell’indennita’ di fine rapporto percepita dall’altro coniuge all’atto della cessazione del rapporto di lavoro anche se l’indennita’ viene a maturare dopo la sentenza.
Tale percentuale e’ pari al quaranta per cento dell’indennita’ totale riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro e’ coinciso con il matrimonio».
Dunque, il coniuge divorziato (e non quello semplicemente separato) ha diritto ad una quota pari al 40% del TFR percepito dall’ex coniuge riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio.
Ma la domanda è se questa percentuale spettante all’ex coniuge si estenda anche all’indennità percepita a titolo di incentivo all’esodo? Il Tribunale di Milano ritiene di no.
Precisamente il Tribunale di Milano, sez. IX civ., con la sentenza 18 maggio 2017 (Pres. Cattaneo, rel. Manfredini) ritiene che il suddetto diritto non si estenda alle somme erogate a titolo di incentivo all’esodo.
Milano pensa che questo istituto abbia
«natura sostanzialmente risarcitoria: erogato nell’ambito di una trattativa tra lavoratore e datore di lavoro finalizzata allo scioglimento del rapporto di lavoro, mira a sostituire mancati guadagni futuri (lucro cessante). A differenza del TFR, dunque, l’incentivo all’esodo non è costituito da somme accantonate durante il pregresso periodo lavorativo “coincidente con il matrimonio”, bensì va a sostituire un (mancato) reddito lavorativo futuro, ed al momento della sua erogazione in alcun modo è “riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio».
Documenti & materiali
Scarica Sentenza Tribunale Milano, Sez. IX, 18/05/2017 (estratta da la Rivista ‘Il Caso‘)