L’emergenza Coronavirus in Italia ha costretto i cittadini a tante limitazioni di diritti e di possibilità di agire. Tra queste c’è anche quello di celebrare le udienze per tutelare i propri diritti in giudizio.
La normativa mergenziale ed in particolare il D.L. 08/03/2020, n. 11, il D.L. 17/03/2020, n. 18 conv. in L. 24/04/2020, n.27, prevedono la sospensione delle udienze (dapprima fino al 22/03/2020, poi al 15/04/2020, poi ancora prorogato sino) all’11/05/2020, fatta eccezione, tuttavia, per alcune ipotesi tra cui espressamente le
«cause relative ad alimenti o ad obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o di affinita’; procedimenti cautelari aventi ad oggetto la tutela di diritti fondamentali della persona;» (art. 83 D.L. 18/2020)
Nel momento in cui si scrive, peraltro, si prende atto dell’ulteriore restrizione operata all’ambito di operatività dell’eccezione alla sospensione dalle udienze, per effetto della Legge di conversione 24/04/2020, n. 27 del cit. D.L. 18/2020, pubblicata in G.U. 29/04/2020, n. 110 laddove allegato n. 1, con riferimento all’art. 83, si precisa che:
“dopo le parole: «di matrimonio o di affinità» sono inserite le seguenti: «,nei soli casi in cui vi sia pregiudizio per la tutela di bisogni essenziali»”.
Ora, credo che si possa affermare con una certa serenità che le udienze in materia di famiglia, quantomeno quelle presidenziali deputate all’adozione dei provvedimenti temporanei ed urgenti ex art. 708 cpc (l’affidamento esclusivo o condiviso della prole, l’assegnazione della casa, la debenza dell’assegno di mantenimento per la prole, o per il coniuge, la regolamentazione delle frequentazioni del genitore non collocatario o non assegnatario nell’affidamento monogenitoriale), ma anche quelle destinate a modificare il contenuto di quell’ordinanza, ovvero ad adottare provvedimenti che per loro stessa natura hanno il carattere di urgenza e necessità, non rientrerebbero tra quelle ‘sospese’ per coronavirus, e dovrebbero celebrarsi perché i temi sopra sinteticamente elencati vertono sui bisogni essenziali della vita delle persone.
La stessa Corte Costituzionale è intervenuta in questi giorni, nella persona della sua Presidente Cartabia, per ricordare in un’intervista pubblicata su Ansa del 29/04/2020, che la Costituzione,
«non contempla un diritto speciale per i tempi eccezionali, e ciò per una scelta consapevole, ma offre la bussola anche per “navigare per l’alto mare aperto” nei tempi di crisi, a cominciare proprio dalla leale collaborazione fra le istituzioni, che è la proiezione istituzionale della solidarietà tra i cittadini».
Ebbene questa leale collaborazione, francamente, sembra mancare laddove, infatti, nella giustizia ed in tema specificatamente di famiglia, la maggior parte dei Tribunali si limita a prendere atto della normativa emergenziale ed a disporre rinvii, rinnovati nel tempo, delle udienze senza adottare alcuna misura alternativa alla tradizionale udienza, e comunque senza adottare alcun provvedimento.
Il problema è talmente sentito e diffuso che anche il CNF, nella seduta del 20/04/2020 ha ritenuto opportuno adottare delle Linee Guida per i procedimenti in materia di diritto di famiglia nella fase dell’emergenza Covid-19 in cui si evidenzia che:
«tutti i procedimenti in materia di famiglia sono intrinsecamente connotati da urgenza di provvedere o, quantomeno, di non doversi ulteriormente dilazionare nel tempo»
e, laddove non si possa procedere all’udienza ‘ordinaria’, si raccomanda la celebrazione delle udienze con collegamento da remoto oppure il ricorso alle udienze virtuali con trattazione scritta tramite lo scambio di memorie.
Siamo tutti consapevoli della situazione emergenziale per cui siamo anche consapevoli che l’udienza da remoto o, peggio, quella c.d. virtuale con scambio di memorie scritte senza interlocuzione diretta con il giudice, comportino una certa compressione del diritto di difesa, questa compressione, tuttavia appare più tollerabile – data l’emergenza – della giustizia negata per rinvio.
Ed allora, ci si chiede ancora perché una buona parte dei Tribunali non celebrano le udienze.