Coloro che confidavano finalmente nell’introduzione dell’istituto della continuazione anche per gli illeciti amministrativi, devono, ancora una volta, abbandonare ogni speranza.
La Corte Costituzionale, infatti, con l’ordinanza 17/12/2015, n. 270, ha respinto nuovamente la questione dichiarandola manifestamente infondata.
Il problema, noto a chi si occupa di illeciti amministrativi regolati dalla L. 24/11/1981 n. 689, e sentito da chi ha avuto la disavventura di commettere più violazioni, è il seguente.
Mentre nell’ipotesi di più violazioni commesse con una sola azione o omissione (c.d. concorso formale), ai sensi e per gli effetti dell’art. 8/1° comma, L. 689/81, (analogamente a quanto accade in sede penale per effetto dell’art. 81/1° comma cp), si applica la sanzione prevista per la violazione più grave aumentata sino al triplo, nella diversa ipotesi di più violazioni commesse con più azioni o omissioni, anche se esecutive del medesimo disegno criminoso, invece, non si applica la continuazione (come invece previsto analogamente in sede penale dall’art. 81/2° comma c.p.), e cioè – allo stesso modo dell’altra ipotesi – la sanzione prevista per la violazione più grave aumentata fino al triplo.
La conseguenza, dunque, è che in sede di illeciti amministrativi si è costretti ad applicare la disciplina del cumulo materiale delle sanzioni con il conseguente, a volte davvero rilevante, importo complessivo delle sanzioni.
Ciò perchè, ai sensi dell’art. 8, 2° comma, L. 689/1981, per effetto della modifica introdotta con D.L. 2/12/1985, n. 688, convertito con L. 31/01/1986, n. 11, l’istituto della continuazione, ossia del cumulo giuridico anzichè materiale delle sanzioni, è sì previsto, ma espressamente riservato alle sole violazioni in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie, con esclusione, dunque, di tutte le altre.
Questa disparità di trattamento è stata più volte oggetto di impugnazione alla Corte Costituzionale.
Da ultimo la questione di legittimità costituzionale sotto questo profilo di disparità di trattamento e dunque di violazione dell’art. 3 Cost. è stata sollevata dal Tribunale di Imperia in relazione ad illeciti in materia ambientale (rifiuti) la cui plurima violazione, in applicazione del cumulo materiale delle pene, comportava nella fattispecie una sanzione pecuniaria complessiva di € 16.200,00.
Esaminata la questione, però, con la cit. ordinanza n. 270/2015, depositata ieri 17/12/2015, la Corte Costituzionale, oltre a richiamare altre proprie pronunce di rigetto sul punto (ordinanza n. 280/1999; ordinanza n. 23/1995; ordinanza n. 468/1989), respinge la questione, non solo perché non sufficientemente illustrata ed argomentata, ma anche perché:
la questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, secondo comma, della legge n. 689 del 1981, nella parte in cui non prevede la possibilità del cumulo giuridico delle sanzioni − anche per gli illeciti amministrativi diversi dalle violazioni di norme in materia previdenziale ed assistenziale – risulta inammissibile poiché un intervento come quello invocato dal rimettente deve ritenersi precluso dalla discrezionalità del legislatore nel configurare il trattamento sanzionatorio per il concorso tra plurime violazioni, nonché per l’assenza di soluzioni costituzionalmente obbligate (ordinanze n. 280 del 1999; n. 23 del 1995; n. 468 del 1989).
Conclusione: legislatore pensaci tu.
Documenti & Materiali
scarica la L. 24/11/1981, n. 689
scarica la Corte Cost. ordinanza 17/12/2015, n. 270