in tutti i predetti casi, per la proposizione della domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, le separazioni devono essersi protratte ininterrottamente da almeno ((dodici mesi dall’avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale e da sei mesi nel caso di separazione consensuale, anche quando il giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale)), ovvero dalla data certificata nell’accordo di separazione raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita da un avvocato ovvero dalla data dell’atto contenente l’accordo di separazione concluso innanzi all’ufficiale dello stato civile. L’eventuale interruzione della separazione deve essere eccepita dalla parte convenuta; nella separazione di fatto iniziatasi ai sensi del comma precedente, i cinque anni decorrono dalla cessazione effettiva della convivenza.
Con la sentenza 11636/2020 la Corte respinge il ricorso per cassazione del richiedente il divorzio, poichè ritiene che innanzi tutto, la Corte territoriale non ha affatto deciso la controversia, valorizzando il mancato assolvimento, da parte del ricorrente, dell’onere di dimostrare l’infondatezza dell’eccezione di riconciliazione della parte.
Testualmente la Corte osserva che:
se tale fosse stata la ratio decidendi, in effetti, la sentenza impugnata si sarebbe discostata dal condiviso orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo il quale, poichè, come osservato supra, il legislatore espressamente stabilisce che l’eccezione di sopravvenuta riconciliazione deve essere proposta ad istanza di parte, il giudice non può rilevarla d’ufficio, non investendo essa profili d’ordine pubblico, ma aspetti strettamente attinenti ai rapporti tra i coniugi, in ordine ai quali è onere della parte convenuta eccepire e conseguentemente provare l’avvenuta riconciliazione.
Tuttavia, in secondo grado, l’appellante si doleva della mancata ammissione dei capitoli di prova testimoniale articolati nella memoria depositata ai sensi dell’art. 183 c.p.c., comma 6, n. 3, ma, secondo la Corte di Cassazione la Corte d’appello, sul punto, aveva osservato che il richiedente per richiedere prove contrarie alla deduzione della controparte di avvenuta riconciliazione, avrebbe dovuto provvedere con la seconda memoria di cui all’art. 183 c.p.c., comma 6, il che non era avvenuto.
In definitiva, la Corte rileva che
non emerge alcuna inversione dell’onere della prova, ma la conferma della intempestività della richiesta di prova contraria.
E la prova contraria che deve fornire il richiedente il divorzio, assume un contenuto alquanto difficile dato che – vale la pena evidenziare – che la Suprema Corte ribadisce l’irrilevanza, ove considerata isolatamente, del fatto che i coniugi dormissero in letti separati o, a volte, si concedessero vacanze separate, oppure ancora che vi fossero pagamenti periodici per il mantenimento.
Ma vi è di più: neppure l’intervenuta modifica delle condizioni di separazione, può costituire una valida prova della mancata riconciliazione.
Infatti, il ricorrente lamentava anche, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 157 c.c., della L. n. 898 del 1970, art. 3, n. 2, lett. b e dell’art. 2909 c.c., per non avere la Corte d’appello tenuto conto del fatto che, per effetto del decreto con il quale il Tribunale aveva accolto la richiesta congiunta di modifica delle condizioni di separazione, si era formato il giudicato sull’assenza, in data anteriore a tale provvedimento, della pretesa riconciliazione.
Ma la Suprema Corte respinge anche questa doglianza osservando che, oltre a dover dimostrare il passaggio in giudicato della sentenza resa in altro giudizio,
deve escludersi che il procedimento di modifica delle condizioni di separazione – che certamente richiede la verifica della definitività del titolo della stessa: v., ad es., Cass. 24 luglio 2007, n. 16398 – comporti anche un accertamento con efficacia di giudicato dell’assenza di riconciliazione dei coniugi, ove la questione, evidentemente, non sia stata posta, come nel caso di specie, da alcuna delle parti processuali.