Il raddoppio di durata della sospensione della patente in caso di guida di veicolo appartenente a terzi Cass. Pen., sez. IV, 30/08/2018, n. 39305

By | 06/09/2018

«Sulla base dell’art. 186, comma 2, lett. c) del codice della strada, all’accertamento del reato di guida sotto l’influenza dell’alcool consegue in ogni caso la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a due anni. Se il veicolo appartiene a persona estranea al reato, la durata della sospensione della patente è raddoppiata».

E’ quanto ha ricordato la Corte di Cassazione con la sentenza che si segnala.

La vicenda trae origine da un ricorso per cassazione presentato da un imputato condannato con sentenza di patteggiamento emessa dal GIP del Tribunale di Prato per il reato previsto dall’art. 186, comma 2, lett. c), D.LGS. n. 285/1992, limitatamente all’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della partente di guida per la durata di due anni.

Il ricorso, incentrato su un unico motivo, denuncia l’illegittimità costituzionale della citata disposizione dell’art. 186, comma 2, lett. c), per contrasto con gli artt. 3 e 27 Cost., laddove prevede la durata minima di anni due della predetta sanzione accessoria in caso di guida in stato di ebbrezza di veicolo appartenente a terzo estraneo al reato.

Ritiene, infatti, il ricorrente che non esista alcuna ragione per applicare un trattamento in tema di sospensione della patente nei confronti di chi, in maniera del tutto occasionale e contingente, violi l’art. 186 cod. strada alla guida di un veicolo altrui, in quanto trattasi di mera circostanza accidentale che non può ritenersi valevole ad aumentare il disvalore della condotta del reo.

Il ricorso è infondato.

Ad avviso della Corte, infatti,

«Rientra nel potere discrezionale del legislatore la tutela della pubblica incolumità mediante la misura in esame (Sez. 4, sent. n. 4321 del 27/10/2015 – dep. 02/02/2016, Fedele, Rv. 265941). Si tratta di una scelta legislativa con una ratio comprensibile se pur non esplicitata. La previsione del raddoppio della misura sospensiva, originariamente sancita con l’art. 3, comma 45, della legge 15 luglio 2009, non fu contestuale alla previsione specifica della confisca, che era stata invece introdotta in precedenza, con il c.d. “pacchetto sicurezza” del 2008. La disposizione attualmente in vigore – cioè la lettera c) del comma 2 dell’art. 186 del d.lgs. n. 285 del 1992 – è stata successivamente riscritta in sede di riforma del codice della strada, in particolare mediante l’art. 33 della legge 29 luglio 2010 n. 120, ove la previsione concernente il raddoppio di durata della sospensione della patente è rimasta testualmente invariata. Pur a fronte di una genesi non lineare, varie indicazioni orientano nel senso che la ragione della scelta per il raddoppio risieda nella necessità di prevenire e reprimere la prassi del ricorso a mezzi intestati ad altri per circolare avendo abusato di alcool, ovvero di abusare di alcool con minori remore perché alla guida di veicoli intestati a terzi. Dal punto di vista testuale, nell’odierno art. 186, comma 2, lett. c), la correlazione tra raddoppio di durata della misura sospensiva e impossibilità di confisca del veicolo non è istituita direttamente ma è significativo che la disposizione utilizzi la stessa espressione (veicolo appartenente a persona estranea al reato) per indicare, da un lato, la ragione del raddoppio della sospensione della patente e, dall’altro, una condizione preclusiva del provvedimento di confisca».

Ed, inoltre, proseguono gli ermellini

«Non operando, in caso di veicolo appartenente a terzi, la deterrenza derivante dal rischio di un grave danno patrimoniale, quale la confisca del veicolo, è plausibile reputare che il legislatore abbia ritenuto di compensare la conseguente diminuzione di efficacia dissuasiva con l’aggravamento di una sanzione a sua volta temuta (anche perché non suscettibile di sospensione condizionale) quale la sospensione del permesso di condurre. Quanto all’invocata violazione del canone di ragionevolezza – fondata sul presupposto che le Sezioni Unite di questa Suprema Corte (sent. n. 46624 del 29/10/2015, Bordin, Rv. 265024) hanno ritenuto che al reato di rifiuto di sottoporsi all’accertamento per la verifica dello stato di ebbrezza non si applica la previsione di cui all’art. 186, comma 2, lett. c) cod. strada, nella parte in cui dispone che la durata della sospensione della patente di guida è raddoppiata qualora il veicolo condotto dall’imputato appartenga a persona estranea al reato – si osserva che, proprio con tale pronuncia, si è affermata la legittimità delle diversa disciplina delle sanzioni amministrative accessorie previste per le diverse fattispecie (contemplate nell’art. 186) del comma 2, da un lato, e dei commi 7 (e 8) dall’altro, rilevando come la durata più contenuta della sanzione in esame in quest’ultimo caso trovi giustificazione nella diversa oggettività giuridica dei distinti reati, correlato l’uno direttamente all’utilizzo del veicolo, concretandosi l’altro nella frapposizione di un ostacolo all’accertamento di altro illecito penale».

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