TFR e calcolo per trasferimenti all’estero Cass. Civ., sez. Lavoro, 05 /10/2018, n. 24594


«Nei casi in cui non vi sia riferimento a precise ed univoche clausole contrattuali pattuite in vista del trasferimento e comunque, a prescindere dall’assetto riconducibile alla qualificazione delle parti in ipotesi di disciplina legale che sia da ritenere prevalente sulla concreta previsione delle stesse quanto alla inclusione nel trattamento di fine rapporto, in mancanza di deroga espressa da parte della contrattazione collettiva ai sensi dell’art. 2120, comma 2, c.c., ai fini della individuazione della natura di retribuzione ovvero di rimborso spese di una voce del trattamento corrisposto per lo svolgimento di lavoro all’estero, deve aversi riguardo ad indici sintomatici, che consentano una valutazione della suddetta natura in via induttiva, senza trascurare, in tale indagine, anche elementi che emergano in sede di stipulazione del contratto individuale, che assumono, per quanto detto, valore orientativo ai fini considerati. Così, ai fini della identificazione dei caratteri propri della retribuzione rilevano sicuramente: a) la continuità, periodicità ed obbligatorietà della somma corrisposta o del beneficio riconosciuto, b) l’assenza di giustificativi di spesa, c) la natura compensativa del disagio o della penosità della prestazione resa, d) il rapporto di necessaria funzionalità con la prestazione lavorativa, e) la funzione di salvaguardia del livello retributivo e di adeguamento ai maggiori oneri derivanti dal nuovo ambiente di lavoro, assumendo significato, quale ulteriore indice sintomatico della natura retributiva, il prelievo contributivo effettuato, la cui mancanza non può, tuttavia, deporre nel senso della connotazione quale esborso della indennità riconosciuta e della esclusione della natura retributiva; diversamente, la finalità di tenere indenne il lavoratore da spese che quest’ultimo non avrebbe incontrato se non fosse stato trasferito e che ha sostenuto nell’interesse dell’imprenditore (non attinenti, perciò, all’adempimento degli obblighi impliciti nella prestazione lavorativa, cui egli è contrattualmente tenuto) è indice della natura non retributiva dell’emolumento».

Con la sentenza Cass. Civ., sez. Lavoro, 05 /10/2018, n.24594, di cui si riporta la massima ufficiale, la Cassazione interviene in punto di calcolo del TFR.

La vicenda trae origine dalle richieste, avanzate da un quadro direttivo di un’azienda, in relazione a un periodo di lavoro svolto all’estero, aventi ad oggetto l’indennità di trasferimento e un aumento della retribuzione, che a suo parere – doveva essere adeguata al costo della vita fuori Italia. Sosteneva, inoltre, che anche il TFR dovesse essere ricalcolato.

La Corte d’Appello di Milano rigettava tali istanze, affermando che l’indennità di trasferimento poteva essere corrisposta solo in presenza di un cambio di residenza anagrafica, assente nella fattispecie. Riguardo al TFR non c’era alcuna incidenza.

Il lavoratore ricorre in Cassazione.

Gli ermellini chiariscono che, ai fini di tale calcolo, nell’ipotesi in cui nel contratto di lavoro non vi sussista alcuna pattuizione specifica in relazione al trasferimento del lavoratore (in specie, all’estero), e quest’ultimo percepisca somme a questo collegate senza stabilirne la natura, occorre fare riferimento a indici sintomatici che permettano di risalire ad essa in via induttiva, secondo i criteri richiamati nella massima.

In particolare, la Corte dà rilevanza a una serie di elementi: a) la continuità, periodicità ed obbligatorietà della somma corrisposta; b) l’assenza di giustificativi di spesa; c) la natura compensativa del disagio della prestazione resa; d) il rapporto di funzionalità con la prestazione lavorativa, ecc. Se, invece, l’emolumento serve a tenere indenne il lavoratore da spese che quest’ultimo non avrebbe dovuto affrontare se non fosse stato trasferito e che ha sostenuto nell’interesse dell’imprenditore (che nulla hanno a che fare, cioè con la prestazione lavorativa a cui è tenuto) vuol dire che non ha natura retributiva e che, pertanto, non ha rilevanza ai fini del TFR.

Secondo la Cassazione, i Giudici di merito non hanno tenuto conto di questo aspetto: perciò il ricorso va accolto e la sentenza cassata, con conseguente rinvio della causa alla Corte territoriale.

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Author: Avv. Francesca Serretti Gattoni

Avvocato, nata a Pesaro il 24 febbraio 1982. Iscritta all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 2010. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione lavoro di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833

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