Equa riparazione per eccessiva durata del processo: nei procedimenti fallimentari occorre avere riguardo al momento di ammissione al passivo Cass. Civ., sez. II, 27/08/2018, n. 21200

By | 04/09/2018

«In tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo, la nozione di procedimento presa in considerazione dall’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali include anche i procedimenti fallimentari. Tuttavia, se si tratta dei creditori, occorre aver riguardo, quale dies a quo, al decreto con il quale ciascuno di essi è stato ammesso, in via tempestiva o tardiva (artt. 97, 101 e 99 L. fall.), al passivo (irrilevante, invece, rimanendo, rispetto alla ragionevole durata della procedura fallimentare, il momento in cui il presunto creditore abbia proposto la domanda di ammissione al passivo, che, al più, può valere ai fini della ragionevole durata del procedimento di accertamento della pretesa, a norma degli artt. 92 ss L. fall.). Solo dal momento dell’ammissione, infatti, i creditori, effettivamente riconosciuti come tali, subiscono gli effetti della irragionevole durata dell’esecuzione fallimentare nella quale si sono insinuati, rimanendo, per gli stessi, irrilevante, la durata pregressa della procedura, alla quale sono rimasti, fino a quel momento, estranei, salvo che per gli accantonamenti nei riparti parziali, a norma dell’art. 113 l. fall., i quali, tuttavia, richiedono o una misura cautelare in sede di opposizione ovvero l’accoglimento dell’opposizione con decreto non ancora definitivo».

La Cassazione, con la pronuncia che si segnala, fa il punto sui requisiti per l’ottenimento dell’equa riparazione  nelle procedure fallimentari.
La Suprema Corte osserva come, avuto riguardo alla giurisprudenza della medesima Corte,

«in tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo, la nozione di procedimento presa in considerazione dall’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali include anche i procedimenti fallimentari» (Cass. n. 950/2011).

Tuttavia  – precisa la Corte – se si tratta dei creditori, occorre aver riguardo, quale dies a quo, al decreto con il quale ciascuno di essi è stato ammesso, in via tempestiva o tardiva al passivo secondo il disposto degli artt. 97  ,101 e 99) D.P.R. n. 267/1942, mentre sarebbe irrilevante il momento in cui il presunto creditore abbia proposto la domanda di ammissione al passivo, che, al più, può valere ai fini della ragionevole durata del procedimento di accertamento della pretesa, a norma dell’ art. 92 e ss. D.P.R. cit.

Solo dal momento dell’ammissione, infatti, i creditori, effettivamente riconosciuti come tali, subiscono gli effetti della irragionevole durata dell’esecuzione fallimentare nella quale si sono insinuati, rimanendo, per gli stessi, irrilevante, la durata pregressa della procedura, alla quale sono rimasti, fino a quel momento, estranei, salvo che per gli accantonamenti nei riparti parziali.

Nel caso in esame, la corte d’appello, ritenendo che il dies a quo dovesse essere individuato nel giorno in cui i creditori hanno proposto la domanda di ammissione, non ha fatto corretta applicazione dei principi suindicati.

Tali le ragioni che hanno determinato la cassazione del decreto impugnato, il quale sarà oggetto di un nuovo esame presso altra sezione della Corte d’appello territorialmente competente.

Documenti&Materiali

Leggi il contenuto della sentenza Cass. Civ., sez. II, 27/08/2018, n. 21200 

 

 

Print Friendly, PDF & Email

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.