«Nel rito del lavoro, la violazione del termine non minore di venticinque giorni che, a norma dell’ art. 435, comma 3, c.p.c. , deve intercorrere tra la data di notifica dell’atto di appello e quella dell’udienza di discussione, non comporta l’improcedibilità dell’impugnazione, come nel caso di omessa o inesistente notificazione, bensì la nullità di quest’ultima, sanabile “ex tunc” per effetto di spontanea costituzione dell’appellato o di rinnovazione, disposta dal giudice ex art. 291 c.p.c.».
La Cassazione sezione Lavoro con la pronuncia che si segnala ha stabilito, con ampia ed esaustiva motivazione in ordine ai consolidati arresti giurisprudenziali sul punto, Cass. n. 9404 del 17/04/2018, il principio di diritto sopra enunciato.
Specificamente – la Corte ha chiarito che – a fronte di una disciplina espressa e completa che modula i tempi e i modi per ottenere la sanatoria delle invalidità diverse dall’inesistenza della vocatio in ius, non è ammissibile che l’interprete possa ricorrere in via autonoma ad una diversa conformazione dei principi costituzionali di ragionevole durata o giusto processo, richiedendo giustificazioni del ritardo o sindacandone le ragioni e facendo scaturire dall’invalidità effetti diversi e più gravi (quale, nbel caso di specie, l’improcedibilità dell’appello) di quelli delineati dal sistema proprio delle norme processuali esistenti.
Sulla base delle ragioni sopra esposte, gli ermellini hanno accolto il ricorso promosso dall’Inps e cassato la sentenza impugnata,con rinvio al giudice del merito che si atterrà ai principi enunciati, provvedendo anche alla liquidazione delle spese del procedimento.
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Scarica il testo di Cass. Civ., sez. VI, 12/09/2018, n. 22166