Responsabilità degli amministratori (anche di fatto) di società di capitali: natura, onere della prova, solidarietà Trib. Milano, Sez. Spec. Impr. B, 01/02/2021, n. 711

By | 27/05/2021

TRIB. MILANO, SEZ. SPEC. IMPR. B, 01/02/2021, N. 711

«La responsabilità contrattuale dell’amministratore nei confronti della società che gli ha attribuito il mandato gestorio presuppone oltre alla deduzione di comportamenti tenuti dall’amministratore in violazione di specifici obblighi derivanti dalla legge e dallo statuto anche la dimostrazione che ne sia derivato un pregiudizio nella sfera giuridica della società, causalmente e logicamente connesso all’illecito prospettato, da rimediare attraverso il risarcimento per equivalente pecuniario.

Si tratta, infatti, di responsabilità civile che non è configurabile in termini semplicemente sanzionatori della condotta illecita prospettata attraverso la concezione di una sorta di danno “punitivo”, sganciato nella sua determinazione dalla effettiva dimostrazione della natura e consistenza del pregiudizio che dall’illecito sarebbe derivato alla società.

Ne consegue che la semplice violazione da parte dell’amministratore dell’obbligo di regolare tenuta delle scritture contabili, condotta di per sé inidonea a determinare un materiale pregiudizio nella sfera patrimoniale della società, non giustifica il riconoscimento del risarcimento del danno con natura e finalità sanzionatoria della violazione formale.

Con riferimento, invece, alla responsabilità dell’organo gestorio per le operazioni distrattive la violazione degli obblighi inerenti la conservazione dell’integrità del patrimonio sociale compromessa da prelievi di cassa o pagamenti a favore di terzi ingiustificati per la mancanza di idoneo riscontro nella contabilità e documentazione sociale della loro causa deve ritenersi dimostrata per presunzioni, ove l’ amministratore convenuto non provi la riferibilità all’attività sociale delle spese o la destinazione dei pagamenti all’estinzione di debiti sociali.

Di tali condotte distrattive accertate risponderanno in solido l’amministratore di diritto e l’amministratore di fatto, essendo appena il caso di ricordare, che non costituiscono circostanze di esonero dalla responsabilità civile dell’amministratore per il danno derivato alla società ed ai creditori dalla violazione degli obblighi imposti dalla carica, né l’essersi prestato ad assumere solo formalmente la carica di amministratore fungendo da prestanome del soggetto a cui è demandata di fatto la gestione né lo svolgimento del mandato nella completa ignoranza dell’operato del terzo incaricato dell’esecuzione delle attività proprie dell’amministratore» (Massima non ufficiale)

MOTIVAZIONE

Con atto di rinnovazione della citazione ritualmente notificato il 26.6.2018 ed il 1.7.2020, il Fallimento della [Omissis] s.r.l., dichiarato con sentenza del Tribunale di Milano il [Omissis], ha proposto azione di responsabilità, ai sensi dell’art. 146 della legge fallimentare e dell’art. 2476 c.c., nei confronti dell’amministratore unico della società, [Omissis], in carica dalla sua costituzione, avvenuta nell’anno 2002 per l’esercizio di attività di smaltimento come rifiuti speciali di farine, sino al fallimento, del socio amministratore di fatto avv. [Omissis] e del socio [Omissis], chiedendo il risarcimento del danno subito dalla società e dai creditori sociali in conseguenza della mala gestio desumibile dall’omessa tenuta delle scritture contabili sin dall’anno 2006 e dal mancato deposito dei bilanci degli esercizi successivi a quello chiuso al 31 dicembre 2005 oltre che da numerose operazioni di distrazione delle risorse sociali a favore direttamente dei soci o di soggetti a loro riconducibili.

Riferiva, in particolare, il fallimento attore che l’amministratore non aveva consegnato alcuna documentazione contabile relativa alla gestione sociale successiva all’anno 2006 e che la società aveva approvato, tutti contestualmente all’assemblea del 30.6.2006, solo i bilanci degli esercizi dal 2002 al 2005 che, ad eccezione dell’ultimo, evidenziavano la perdita del capitale sociale neanche interamente versato.

La mancanza delle scritture contabili aveva reso impossibile al Curatore la ricostruzione della gestione sociale cagionando, di per sé un danno non inferiore ad € 50.000.

Sosteneva, comunque, di aver rilevato l’avvenuto compimento di una serie di gravi operazioni distrattive, consistite nella distrazione di risorse sociali mediante l’irragionevole conclusione di un contratto di finanziamento per la somma di € 300.000 con la banca Unicredit in data 3.11.2006, quasi integralmente dirottata, con un bonifico di € 290.000, a favore della [Omissis] s.r.l., amministrata dallo stesso avv. [Omissis] e fallita il 24.2.2011, senza aver restituito alla [Omissis] s.r.l. la somma che pure aveva riconosciuto di dover pagare nel mese di giugno 2010;

nell’esecuzione di pagamenti ingiustificati a favore del socio e amministratore di fatto [Omissis] per la somma di complessivi € 85.360 senza causa nel periodo tra il 2005 ed il 2007, a favore di tale [Omissis] s.a.s. per la somma di € 54.000 il 22.8.2005 e a favore della [Omissis] s.r.l., facente capo al socio [Omissis], per la somma di complessivi € 55.297 tra il 5.8.2005 ed il 16.9.2005;

nell’indebito rimborso di finanziamenti postergati, avuto riguardo all’entità del debito tributario già cumulato all’epoca dalla società fallita, al socio [Omissis] per la somma di complessivi € 56.145,41, con bonifici in data 8.8.2005 e 20.4.2006, ed al socio [Omissis] per la somma di complessivi € 30.647,50 con versamento del 5.8.2005;

nell’acquisto mediante sottoscrizione di contratti di leasing per l’utilizzo a beneficio personale dell’amministratore [Omissis], di un’autovettura BMW X5, con un costo per canoni di almeno € 37.749,15, e del socio [Omissis], di una Jaguar S Type, con un costo di riscatto di € 12.578,43, così da assicurare ai soci la disponibilità di autovetture di lusso mentre la società non era in condizioni di pagare i debiti tributari.

Sosteneva la responsabilità per le operazioni distrattive descritte non solo dell’amministratore di diritto [Omissis] ma anche del socio [Omissis] che aveva assunto il ruolo di amministratore di fatto, operando con delega sul conto corrente sociale anche attraverso l’emissione di assegni, sottoscrivendo una fideiussione per il debito derivante dal leasing di acquisto dell’autovettura BMW e sostenendo un ruolo cardine nella promozione dell’operazione di finanziamento e ristrutturazione del debito della [Omissis] presso la banca Unicredit.

Chiedeva, pertanto, la condanna dei convenuti “in via solidale alternativa tra loro” o, in via gradata, “ciascuno per quanto di relativa stretta competenza” al risarcimento del danno mediante pagamento della somma di complessivi € 632.357,16.

Con ordinanza del giudice istruttore del 16.10.2018 veniva rilevata la nullità della citazione nei confronti del convenuto non comparso [Omissis] e il fallimento attore procedeva alla rituale notificazione della rinnovazione per l’udienza di trattazione successiva, mentre con ordinanza collegiale, emessa ai sensi dell’art. 279 c.c. dopo la remissione della causa in decisione, veniva rilevata la nullità della citazione originaria per inosservanza del termine a comparire nei confronti dei convenuti non costituiti [Omissis] e [Omissis].

Nonostante la rituale esecuzione della rinnovazione della citazione anche nei confronti dei convenuti [Omissis] e [Omissis] nessuno si costituiva in giudizio e tutti i convenuti restavano, pertanto, contumaci.

La causa veniva, quindi, rimessa al Collegio per la decisione senza esperire attività istruttoria.

***

Il Tribunale preliminarmente dichiara la contumacia anche dei convenuti [Omissis] e [Omissis] non costituitisi in giudizio nonostante la ritualità della notificazione dell’atto di rinnovazione della citazione per l’udienza del 15.12.2020.

La domanda proposta dal fallimento deve essere accolta nei limiti in cui è risultata fondata.

Il tenore della domanda svolta in giudizio dal fallimento rende preliminarmente necessario chiarire che la responsabilità contrattuale dell’amministratore nei confronti della società che gli ha attribuito il mandato gestorio presuppone oltre alla deduzione di comportamenti tenuti dall’amministratore in violazione di specifici obblighi derivanti dalla legge e dallo statuto anche la dimostrazione che ne sia derivato un pregiudizio nella sfera giuridica della società, causalmente e logicamente connesso all’illecito prospettato, da rimediare attraverso il risarcimento per equivalente pecuniario.

Si tratta, infatti, di responsabilità civile che non è configurabile in termini semplicemente sanzionatori della condotta illecita prospettata attraverso la concezione di una sorta di danno “punitivo”, sganciato nella sua determinazione dalla effettiva dimostrazione della natura e consistenza del pregiudizio che dall’illecito sarebbe derivato alla società.

Ne consegue che la semplice violazione da parte dell’amministratore dell’obbligo di regolare tenuta delle scritture contabili, condotta di per sé inidonea a determinare un materiale pregiudizio nella sfera patrimoniale della società, non giustifica il riconoscimento del risarcimento del danno con natura e finalità sanzionatoria della violazione formale, come richiesto dal fallimento attore mediante l’applicazione di una sorta di “pena” pecuniaria commisurata all’entità del passivo fallimentare da determinarsi in € 50.000.

Sicuramente produttive di danno per il patrimonio sociale sono, invece, le prospettate distrazioni di risorse sociali attraverso pagamenti ingiustificati e scelte di gestione del tutto irrazionali compiute a beneficio di terzi.

Con riferimento alla responsabilità dell’organo gestorio per le operazioni distrattive la violazione degli obblighi inerenti la conservazione dell’integrità del patrimonio sociale compromessa da prelievi di cassa o pagamenti a favore di terzi ingiustificati per la mancanza di idoneo riscontro nella contabilità e documentazione sociale della loro causa deve ritenersi dimostrata per presunzioni, ove l’ amministratore convenuto non provi la riferibilità all’attività sociale delle spese o la destinazione dei pagamenti all’estinzione di debiti sociali (v. fra le molte Cass. 18.6.2014 n. 13907 in motivazione).

Nel caso in esame il fallimento attraverso le risultanze del conto corrente bancario intestato alla società convenuta ha rilevato diversi prelievi, attraverso bonifici e assegni, di somme destinate ai soci o a società con oggetto sociale estraneo all’attività di impresa della fallita, non supportati da alcuna giustificazione causale.

In mancanza della documentazione contabile che l’amministratore convenuto non ha tenuto o, comunque, non ha consegnato al Curatore, deve, dunque, presumersi l’avvenuta distrazione delle somme in questione dal patrimonio sociale non avendo i convenuti, rimasti tutti contumaci, assolto all’onere di dimostrare che i prelievi fossero destinati ad estinguere debiti sociali fondati su comprovati titoli contrattuali.

In particolare, con riguardo all’addebito sub b) relativo all’esecuzione di pagamenti ingiustificati, dall’estratto del conto corrente della società fallita presso la Banca Popolare di Vicenza risultano

disposizioni di pagamento a favore del socio avv. [Omissis] con la causale “prestazioni professionali” ” anticipazioni” o del tutto privi di causale, nel periodo tra il 5.10.2005 ed il 2.5.2007, per la somma di complessivi € 77.860,00, poi, parzialmente restituita mediante rimesse con la causale di ” storno” tra il 31.10.2007 ed il 31.8.2008 per complessivi € 35.500, oltre che prelievi mediante emissione di quattro assegni bancari in suo favore per complessivi € 43.000 (v. doc. 31, 35, 36, 37, 38). Alla richiesta del Curatore di consegnare la documentazione attestante le prestazioni professionali e le anticipazioni svolte nell’interesse della società fallita (v. doc. 34), il [Omissis] non ha mai risposto né si è costituito in giudizio per assolvere all’onere di provare i mandati professionali, l’esecuzione delle relative prestazioni e le parcelle emesse nei confronti della società; devono presumersi, quindi, pagamenti ingiustificati da parte della società a favore del socio [Omissis] per complessivi € 85.360.

una disposizione di pagamento a favore di tale [Omissis] s.a.s. per la somma di € 54.000 avente ad oggetto sociale l’attività di produzione e commercializzazione di arredamenti interni, completamente estraneo all’attività di impresa della società fallita (v. doc. 31);

due disposizioni di pagamento a favore della [Omissis] s.r.l., società appartenente per il 45 % al socio convenuto [Omissis] avente ad oggetto sociale lo svolgimento di attività di agenzia marittima e raccomandataria di navi ed aerei, l’una di € 39.603,50 in data 5.8.2005 e l’altra di € 15.603,50 in data 156.9.2005 per complessivi € 55.207, che non hanno trovato alcuna giustificazione nella scarna documentazione pervenuta al Curatore (v. doc. 31 e doc. 29);

Dal momento che anche queste ultime disposizioni di pagamento sono rimaste prive di adeguata giustificazione causale in ragione della mancanza delle scritture contabili e della contumacia dei convenuti gravati dell’onere della prova dei relativi contratti, deve presumersi l’esecuzione da parte dell’organo amministrativo di pagamento ingiustificati per complessivi € 194.567.

Non possono, invece, essere annoverate fra i pagamenti ingiustificati le diverse rimesse a favore dei soci [Omissis] e [Omissis], eseguite dalla società tra l’8.8.2005 ed il 20.4.2006 per complessivi € 56.145,41, a titolo di restituzione di finanziamenti dei soci, non avendo il fallimento attore neanche allegato l’esistenza al momento dell’erogazione dei prestiti e del loro rimborso dei presupposti stabiliti dall’art. 2467 c.c. per l’operatività dell’invocata postergazione.

Attengono, essenzialmente alla formulazione dell’imputazione di responsabilità per scelte gestorie del tutto irrazionali risoltesi nella distrazione di risorse sociali a favore dei soci o di soggetti a loro riferibili l’addebito sub. a) relativo al contratto di finanziamento concluso con la banca Unicredit al solo scopo sostenere la ristrutturazione del debito della [Omissis], amministrata dallo stesso avv. [Omissis] e l’addebito sub. d) relativo alla conclusione di onerosi contratti di leasing per l’acquisto di due autovetture di lusso inutili ai fini dell’esercizio dell’attività di impresa.

Con riguardo all’addebito sub. a) dalla documentazione acquisita risulta che il 18.5.206 la società fallita, dopo aver effettuato un giroconto di € 290.000 sul conto corrente acceso presso la Banca Popolare di Vicenza, ha contestualmente disposto della somma a favore della [Omissis], amministrata all’epoca dal socio [Omissis], a titolo di finanziamento (v. doc. 17 e 18) prestandosi così, per quanto desumibile dalla corrispondenza intrattenuta dallo stesso [Omissis] con la Banca Unicredit e gli altri due soci (doc. 22, 23, 25), a fungere da ” veicolo societario esterno” per il finanziamento da parte dell’istituto di credito della ristrutturazione del debito della [Omissis], all’epoca in difetto di liquidità, come riferito dal [Omissis] nel corso dell’audizione del Curatore (v. doc. 11 a pag. 7), e successivamente fallita, dopo aver riconosciuto il debito restitutorio verso la [Omissis] s.r.l. mai onorato.

L’operazione di finanziamento della ristrutturazione del debito di una società in alcun modo partecipata o collegata alla società fallita, concordata dal socio [Omissis], all’epoca consigliere dell’organo amministrativo della [Omissis], con un funzionario compiacente dell’istituto di credito, corrispondeva ad una scelta gestoria del tutto irragionevole se si considera che la società fallita aveva già una sua linea di credito per la somma di € 300.000 che utilizzava nell’esercizio della propria attività di impresa (v. doc. 16) e che nessun vantaggio poteva derivarle dal sostegno finanziario concesso alla [Omissis] che evidentemente non dava nessuna garanzia di restituzione, essendo ormai in difetto di liquidità tale da non poter ricevere direttamente il finanziamento bancario.

Dell’insensatezza e della conseguente natura distrattiva dell’operazione, del resto, il [Omissis] era perfettamente consapevole come emerge dalla corrispondenza intrattenuta con gli altri due soci [Omissis] e [Omissis] dopo l’avvio delle azioni di recupero del credito restitutorio da parte della banca nei confronti della [Omissis]: infatti, nel riassumere le circostanze in cui era avvenuto il finanziamento bancario indiretto alla [Omissis] a scapito della [Omissis] s.r.l., caldeggiato dal funzionario della banca già fortemente esposta, ha significativamente affermato “Tale circostanza ho precisato al funzionario in questione, sconsiglierebbe, a mio avviso, la proposizione di istanza di fallimento giacché il curatore approfondirebbe l’argomento…. (v. doc. 23) e “Tale circostanza… è importante soprattutto qualora venisse proposto e dichiarato il fallimento, al fine di esimere l’Organo amministrativo da responsabilità relativamente all’accesso al credito.” (v. doc. 25).

La dazione della somma di € 290.000 a titolo di finanziamento ad una società già in crisi al punto da non godere più di credito bancario, è una scelta gestoria del tutto irragionevole che si è risolta semplicemente nella distrazione di denaro sociale, impiegato in un progetto di sistemazione del debito della [Omissis] a cui la società fallita non era in alcun modo interessata, di cui l’organo gestorio è tenuto a rispondere per aver agito in violazione del dovere di tutelare l’integrità del patrimonio sociale nell’interesse della società e dei suoi creditori.

Procedendo all’esame dell’addebito sub. d) relativo essenzialmente alla conclusione da parte dell’amministratore di onerosi contratti di leasing per l’acquisto di due autovetture di lusso inutili ai fini dell’esercizio dell’attività di impresa e irragionevolmente costose per una società già pesantemente indebitata nei confronti dell’erario, non vi sono elementi per affermare l’irrazionalità della scelta gestoria relativa all’acquisto della BMW in uso all’amministratore [Omissis] che, come incaricato della gestione tecnico operativa dell’impresa (v. doc. 11 pag. 2,3), poteva avere necessità dell’autovettura aziendale il cui costo sarebbe stato, peraltro, in parte sostenuto dal fideiussione avv. [Omissis] (v. doc. 23).

Deve, invece, affermarsi la natura distrattiva del riscatto dell’autovettura Jaguar, avvenuto “per volere” del socio [Omissis] che ne ha goduto sino alla vendita di fallimento, come confessoriamente affermato dal [Omissis] nel corso dell’audizione del curatore (doc. 11).

L’acquisto ed il riscatto di un’autovettura di lusso in alcun modo funzionale all’attività di impresa, che già possedeva un’auto aziendale, su richiesta e nell’interesse del socio [Omissis] che ne è rimasto in possesso per quasi un decennio mantenendola in pessime condizioni, costituisce un’indebita utilizzazione del denaro sociale nell’interesse privato di un socio di cui l’organo amministrativo deve rispondere mediante versamento a titolo di risarcimento del danno della somma di € 12.078,43, pari alla differenza tra il prezzo di riscatto di € 12.578,43 versato dalla società fallita il 5.8.2005 (v. doc. 31) e l’esiguo ricavato dalla vendita fallimentare del veicolo pari ad € 500 (v. doc. 28).

In sintesi deve ritenersi accertata la responsabilità dell’organo gestorio della società fallita per distrazioni di risorse sociali nella misura di complessivi € 496.645,43.

Del danno derivato da tutte le distrazioni in questione devono rispondere, sotto il profilo soggettivo, l’amministratore di diritto [Omissis] ed il socio [Omissis] che, per quanto emerge dalla documentazione acquisita, ha assunto il ruolo di amministratore di fatto.

Con riguardo alla ” ripartizione” dei ruoli di gestione ed amministrazione fra i due è lo stesso amministratore [Omissis] a riferire al curatore nel corso della sua audizione che mentre lui si occupava ” della parte tecnica e operativa relativa allo smaltimento di farine: valutare i prezzi, stipulare i contratti, trasportare le farine” il socio [Omissis] si occupava di ” quella legale e amministrativa, aveva la firma sui conti correnti della società (..)” ospitava la sede legale della società presso il suo studio ove ” arrivava tutta la documentazione fiscale e contabile, per cui era compito di [Omissis] occuparsi degli adempimenti” relativi alla redazione dei bilanci (v. doc. 11 a pag. 1,2,6).

Il fatto che il socio [Omissis] avesse la delega ad operare sui conti correnti sociali e che se ne avvalesse per gestire il denaro sociale anche attraverso l’emissione di assegni bancari trova conferma nella documentazione prodotta dal fallimento (doc. 40 e doc. da 35 a 38) così come il ruolo cardine assunto nella gestione dei rapporti con gli istituti di credito ed in particolare con la banca Unicredit nell’operazione di finanziamento indiretto alla [Omissis] che va ben oltre la prestazione di assistenza legale per andare ad involgere l’assunzione stessa delle scelte gestorie come risulta dal tenore delle missive all’istituto di credito e ai soci (v. doc. 23 e 25), ove addirittura il [Omissis] consiglia all’amministratore di far difendere in giudizio la società da un altro legale per consentire a lui di testimoniare nel processo sulla vicenda.

Le dichiarazioni confessorie rese dal [Omissis] in ordine al fatto di aver irresponsabilmente demandato la funzione amministrativa al [Omissis] e le risultanze documentali evidenziate consentono di ritenere accertata l’assunzione da parte del [Omissis] del ruolo di amministratore di fatto della società fallita.

Delle condotte distrattive accertate devono, pertanto, rispondere in solido l’amministratore di diritto e l’amministratore di fatto, essendo appena il caso di ricordare, che non costituiscono circostanze di esonero dalla responsabilità civile dell’amministratore per il danno derivato alla società ed ai creditori dalla violazione degli obblighi imposti dalla carica, né l’essersi prestato ad assumere solo formalmente la carica di amministratore fungendo da prestanome del soggetto a cui è demandata di fatto la gestione né lo svolgimento del mandato nella completa ignoranza dell’operato del terzo incaricato dell’esecuzione delle attività proprie dell’amministratore.

Con riguardo al socio convenuto [Omissis] il fallimento attore si è limitato ad indicarlo quale beneficiario del godimento dell’autovettura di lusso a spese della società e della somma distratta a favore di una delle sue società, senza allegare alcun elemento di ingerenza nella gestione sociale che possa renderlo corresponsabile con i due amministratori delle distrazioni di cui ha goduto.

Lo stesso [Omissis] nel corso dell’audizione del Curatore ha riferito che il socio [Omissis], ex onorevole, si occupava della parte “politica” procacciando gli affari attraverso le sue conoscenze e neanche dalla documentazione allegata risulta che si sia in qualche modo ingerito nell’amministrazione della società.

La domanda risarcitoria proposta nei suoi confronti deve, pertanto, essere respinta.

I convenuti [Omissis] e [Omissis] devono, invece, essere condannati, in solido, al risarcimento del danno subito dalla società con riferimento agli atti di mala gestio accertati, mediante pagamento della somma di € 496.645,43 oltre interessi nella misura legale sulla somma anno per anno rivalutata dalla domanda formulata dal fallimento con la convocazione per la mediazione il 14.6.2017 sino al saldo, trattandosi di debito di valore (sulla natura di debito di valore dell’obbligo risarcitorio anche derivante da perdita di somme di denaro v. Cass. 25.5.2005 n. 11018; Cass. 4.4.1998 n. 3483; Cass. 14.3.1985 n. 1981; Cass. 8.1.1979 n. 68).

La soccombenza implica la condanna dei convenuti [Omissis] e [Omissis] al pagamento a favore del fallimento delle spese processuali che si liquidano, avuto riguardo al mancato espletamento di qualsiasi attività istruttoria e alla non particolare complessità del giudizio derivata dalla contumacia dei convenuti, in € 3681,31 per spese ed € 12.000 per compenso oltre al 15% per spese generali ed oneri di legge.

La soccombenza implica, invece, la declaratoria di integrale irripetibilità delle spese processuali nei confronti del convenuto contumace [Omissis].

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, nella causa n. 57943/2017 promossa da FALLIMENTO [Omissis] S.R.L. contro [Omissis], [Omissis] e [Omissis] con atto di rinnovazione della citazione notificato, ai primi due il 1.7.2020, e all’altro il 26.6.2018, disattesa ogni altra istanza, eccezione e deduzione, così provvede:

accertata la responsabilità dei convenuti [Omissis] e [Omissis] per i fatti descritti in motivazione, li condanna, in solido, al risarcimento del danno mediante pagamento a favore del Fallimento [Omissis] s.r.l. della somma di € 496.645,43 oltre interessi nella misura legale sulla somma anno per anno rivalutata dal 14.6.2017 sino al saldo;

rigetta la domanda proposta dal fallimento attore nei confronti del convenuto [Omissis] e tutte le altre domande proposte dal fallimento attore nei confronti dei convenuti [Omissis] e [Omissis];

condanna i convenuti [Omissis] e [Omissis], in solido, al pagamento a favore del fallimento attore delle spese processuali che liquida in € 3681,31 per spese ed € 12.000 per compenso oltre al 15% per spese generali ed oneri di legge.

dichiara integralmente irripetibili le spese processuali nei confronti del convenuto [Omissis].

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