Inidoneità fisica sopravvenuta: sussiste l’obbligo della previa verifica di adattamenti organizzativi nei luoghi di lavoro Nota a Cass. Civ., Sez. Lav., 10/07/2019, n. 18556

Passaggio ineludibile nel giudizio di legittimità del licenziamento per inidoneità fisica sopravvenuta del lavoratore (giustificato motivo oggettivo) è l’obbligo della previa verifica, a carico del datore di lavoro, della possibilità di adattamenti organizzativi nei luoghi di lavoro.

Lo ha precisato la Cassazione con la sentenza n. 1855/2019 che Vi abbiamo segnalato con un post del 31/10/2019, che pur ritenendo in quello specifico caso che il licenziamento fosse stato irrogato legittimamente, ha espresso il principio secondo il quale

«In tema di licenziamento per inidoneità fisica sopravvenuta del lavoratore, sussiste l’obbligo della previa verifica, a carico del datore di lavoro, della possibilità di adattamenti organizzativi nei luoghi di lavoro – purché comportanti un onere finanziario proporzionato alle dimensioni e alle caratteristiche dell’impresa e nel rispetto delle condizioni di lavoro dei colleghi dell’invalido – ai fini della legittimità del recesso, in applicazione dell’art. 3 comma 3 bis del D.Igs. n. 216 del 2003, in recepimento dell’art. 5 della Direttiva 2000/78/CE secondo una interpretazione costituzionalmente orientata e conforme agli obiettivi posti dal predetto art. 5» (Massima non ufficiale)

Verifica di potenziali adattamenti, sì, dunque, ma solo se ciò non comporti oneri finanziari sproporzionati rispetto alle dimensioni ed alle caratteristiche dell’azienda.

Nel caso di specie, il giudice di merito aveva dichiarato la legittimità del licenziamento del lavoratore per giustificato motivo oggettivo in quanto, in funzione di una ricollocazione al lavoro disposta in sede giurisdizionale, il medico competente aveva accertato l’inidoneità del lavoratore ad espletare tutte le mansioni disponibili.

Il lavoratore si trovava, dunque, permanentemente inidoneo a svolgere qualsivoglia mansione nei reparti di montaggio, stampaggio metallico, rifilatura flessibile ed integrale, schiumatura flessibile ed integrale in situ, mentre, quanto al reparto stampaggio, il lavoratore era stato ritenuto idoneo a svolgere solo alcune attività che, però, avrebbero richiesto una diversa organizzazione del lavoro nel reparto in funzione delle patologie e limitazioni da cui era affetto.

Ne conseguiva che tale esigenza si sarebbe configurata come una indebita ingerenza nell’insindacabile valutazione di carattere organizzativo rimessa al datore di lavoro e tutelata dall’art. 41 Cost.

Seguiva il ricorso per Cassazione presentato dal lavoratore.

Ritenendo infondate le censure formulate dal lavoratore, la Cassazione ha affermato il principio sopra richiamato, sostenendo che pur avendo verificato che l’unico reparto, presso cui il lavoratore avrebbe potuto svolgere attività lavorativa in relazione alle limitazioni funzionali accertate, era quello del reparto “stampaggio materie plastiche”, la sola assegnazione possibile avrebbe richiesto una diversa organizzazione del lavoro nel reparto stesso (che avrebbe rappresentato una indebita ingerenza nell’insindacabile valutazione rimessa al datore di lavoro e tutelata dall’art. 41 Cost.) e avrebbe determinato, altresì, un aggravamento della posizione dell’intero gruppo degli altri addetti allo stampaggio termoplastici, tenuti alla rotazione su postazioni più impegnative, con il conseguente maggior rischio a loro carico.

Correttamente, quindi – soggiunge la Cassazione – la sentenza impugnata ha escluso la possibilità di riutilizzare, in relazione al contesto lavorativo accertato, il lavoratore in altre mansioni o in altri reparti.

Documenti & materiali

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Author: Avv. Francesca Serretti Gattoni

Avvocato, nata a Pesaro il 24 febbraio 1982. Iscritta all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 2010. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione lavoro di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833

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