Il principio di parità di retribuzione uomo-donna ex art. 157 TFUE ha efficacia diretta C. Giustizia U.E., Sez. II, 03/06/2021

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C. GIUSTIZIA U.E., SEZ. II, 03/06/2021

«L’articolo 157 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFEU) deve essere interpretato nel senso che ha efficacia diretta nelle controversie tra privati in cui è dedotta l’inosservanza del principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile per un “lavoro di pari valore”, sancito in tale articolo»

* * *

Nella causa C-624/19, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Watford Employment Tribunal (Tribunale del lavoro di Watford, Regno Unito), con decisione del 21 agosto 2019, pervenuta in cancelleria il 22 agosto 2019, nel procedimento [Omissis] contro [Omissis] Ltd.

(..)

1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 157 TFUE.

2. Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra circa 6 000 lavoratori e la [Omissis] Ltd, datore di lavoro attuale o passato di questi ultimi presso i suoi negozi, in merito alla rivendicazione della parità di retribuzione tra lavoratori e lavoratrici.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

Disposizioni relative al recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea

3. Con decisione (UE) 2020/135, del 30 gennaio 2020, relativa alla conclusione dell’accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea e dalla Comunità europea dell’energia atomica (GU 2020, L 29, pag. 1; in prosieguo: l’«accordo sul recesso»), il Consiglio dell’Unione europea ha approvato, a nome dell’Unione europea e della Comunità europea dell’energia atomica (CEEA), detto accordo, che è stato allegato a tale decisione (GU 2020, L 29, pag. 7).

4. Ai sensi dell’articolo 86, paragrafi 2 e 3, dell’accordo sul recesso, intitolato «Cause pendenti dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea»:

«2. La Corte di giustizia dell’Unione europea resta competente a pronunciarsi in via pregiudiziale sulle domande presentate dai giudici del Regno Unito prima della fine del periodo di transizione».

3. Ai fini del presente capo, la Corte di giustizia dell’Unione europea si considera adita e la domanda di pronuncia pregiudiziale si considera presentata nel momento in cui la domanda giudiziale è registrata presso la cancelleria della Corte di giustizia..».

5. Conformemente all’articolo 126 dell’accordo sul recesso, il periodo di transizione ha avuto inizio alla data di entrata in vigore di detto accordo ed è terminato il 31 dicembre 2020.

Disposizioni relative al principio della parità di retribuzione tra lavoratori e lavoratrici

6. L’articolo 119 del Trattato CEE (divenuto, in seguito a modifica, articolo 141 CE, a sua volta divenuto articolo 157 TFUE) era così formulato:

«Ciascuno Stato membro assicura durante la prima tappa, e in seguito mantiene, l’applicazione del principio della parità delle retribuzioni fra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro.

Per retribuzione deve essere inteso, ai sensi del presente articolo, il salario o trattamento normale di base o minimo, e tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal datore di lavoro al lavoratore in ragione dell’impiego di quest’ultimo.

La parità di retribuzione, senza discriminazione fondata sul sesso, implica:

(..)

b) che la retribuzione corrisposta per un lavoro pagato a tempo sia uguale per un posto di lavoro uguale».

7. L’articolo 157 TFUE così dispone:

«1. Ciascuno Stato membro assicura l’applicazione del principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore.

2. Per retribuzione si intende, a norma del presente articolo, il salario o trattamento normale di base o minimo e tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal datore di lavoro al lavoratore in ragione dell’impiego di quest’ultimo.

La parità di retribuzione, senza discriminazione fondata sul sesso, implica:

(..)

b) che la retribuzione corrisposta per un lavoro pagato a tempo sia uguale per uno stesso posto di lavoro.

(..)».

Diritto del Regno Unito

8. L’articolo 79 dell’Equality Act 2010 (legge del 2010 in materia di parità di trattamento), vertente sulla comparabilità, prevede quanto segue:

«(1) Il presente articolo si applica ai fini del presente capo.

(2) Se A è assunto come dipendente, B è un soggetto con cui può essere effettuato un raffronto qualora si applichino i paragrafi 3 o 4.

(..)

(4) Il presente paragrafo si applica se:

(a) B è assunto dal datore di lavoro di A o da un soggetto collegato al datore di lavoro di A,

(b) B lavora in una sede diversa da quella in cui lavora A, e

(c) nelle sedi si applicano condizioni di lavoro comuni (in generale o tra A e B).

(..)».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

9. La [Omissis] è un rivenditore al dettaglio che vende i suoi prodotti in rete e in 3 200 negozi ubicati nel Regno Unito. Tali negozi, aventi dimensioni differenti, impiegano complessivamente circa 250 000 lavoratori, retribuiti a tariffa oraria e che svolgono diverse attività lavorative. Detta società dispone altresì di una rete di distribuzione composta da 24 centri di distribuzione con circa 11 000 dipendenti, del pari retribuiti a tariffa oraria e che svolgono diverse attività lavorative.

10. I ricorrenti nel procedimento principale sono dipendenti o ex dipendenti della [Omissis], tanto di sesso femminile (in prosieguo: le «ricorrenti nel procedimento principale») quanto di sesso maschile, che lavorano o hanno lavorato presso i negozi di detta società. Tali ricorrenti hanno citato la suddetta società dinanzi al Watford Employment Tribunal (Tribunale del lavoro di Watford, Regno Unito), giudice del rinvio, a partire dal febbraio 2018, per il motivo che non avevano beneficiato di una pari retribuzione per uno stesso lavoro, in violazione della legge del 2010 in materia di parità di trattamento nonché dell’articolo 157 TFUE.

11. Il suddetto giudice ha sospeso il procedimento in merito alle azioni proposte dai ricorrenti di sesso maschile, ritenendo che l’esito di queste ultime dipendesse da quello delle azioni proposte dalle ricorrenti nel procedimento principale.

12. A sostegno delle loro azioni volte a poter beneficiare della parità di retribuzione, le ricorrenti nel procedimento principale fanno valere, da un lato, che il loro lavoro e quello dei lavoratori di sesso maschile impiegati dalla [Omissis] presso i centri di distribuzione della sua rete hanno pari valore e, dall’altro lato, che esse hanno il diritto di confrontare il loro lavoro con quello di detti lavoratori, pur se svolto presso stabilimenti diversi, ai sensi tanto della legge del 2010 in materia di parità di trattamento quanto dell’articolo 157 TFUE. Infatti, in conformità all’articolo 79, paragrafo 4, di detta legge, in tali negozi e centri di distribuzione sarebbero applicabili condizioni di lavoro comuni. Inoltre, conformemente all’articolo 157 TFUE, le condizioni di lavoro delle ricorrenti nel procedimento principale e dei suddetti lavoratori sarebbero riconducibili a un’unica fonte, ossia la [Omissis].

13. La predetta società contesta l’esistenza di un qualsiasi diritto delle ricorrenti nel procedimento principale di effettuare un confronto con i lavoratori di sesso maschile dei centri di distribuzione della sua rete sulla base del rilievo che, anzitutto, non vi sono condizioni di lavoro comuni ai sensi del suddetto articolo 79, paragrafo 4. Essa fa poi valere che l’articolo 157 TFUE non ha effetto diretto nell’ambito di azioni fondate su un lavoro di pari valore, sicché le ricorrenti nel procedimento principale non possono invocare tale disposizione dinanzi al giudice del rinvio. Infine, e in ogni caso, la [Omissis] sostiene di non poter essere qualificata come «unica fonte» cui sarebbero riconducibili le condizioni di lavoro applicabili nei negozi e centri di distribuzione della sua rete.

14. Il giudice del rinvio ritiene che le ricorrenti nel procedimento principale e i lavoratori di sesso maschile con cui viene effettuato il confronto, sebbene lavorino presso stabilimenti diversi, abbiano lo stesso datore di lavoro. Tale giudice precisa inoltre di aver adottato misure di organizzazione del procedimento al fine di accertare, mediante perizie, se le attività lavorative delle ricorrenti nel procedimento principale siano di pari valore rispetto a quelle dei lavoratori con cui viene effettuato il confronto.

15. Per quanto riguarda l’articolo 157 TFUE, il giudice del rinvio rileva che sussiste, tra i giudici del Regno Unito, un’incertezza in merito all’efficacia diretta di tale articolo, che è legata, in particolare, alla distinzione formulata al punto 18 della sentenza dell’8 aprile 1976, Defrenne (43/75, EU: C: 1976: 56), fra le discriminazioni che si possono accertare con l’ausilio di meri criteri di identità del lavoro e di parità di retribuzione e quelle che possono essere messe in luce solo valendosi di disposizioni d’attuazione più precise, del diritto dell’Unione o nazionali. Orbene, le azioni oggetto del procedimento principale potrebbero rientrare in tale seconda categoria, priva di efficacia diretta.

16. In tali circostanze, il Watford Employment Tribunal (Tribunale del lavoro di Watford) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se l’articolo 157 [TFUE] possa essere invocato quale norma ad efficacia diretta nelle azioni basate sul fatto che i ricorrenti svolgono un lavoro di valore pari a quello dei lavoratori con cui viene effettuato il raffronto.

2) In caso di risposta negativa alla prima questione, se il criterio dell’unica fonte per la comparabilità di cui all’articolo 157 [TFUE] sia distinto dalla questione del pari valore del lavoro e, in tal caso, se tale criterio abbia efficacia diretta».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla competenza della Corte

17. In via preliminare si deve rilevare che dall’articolo 86 dell’accordo sul recesso, entrato in vigore il 1° febbraio 2020, risulta che la Corte resta competente a pronunciarsi in via pregiudiziale sulle domande presentate dai giudici del Regno Unito prima della fine del periodo di transizione, fissata al 31 dicembre 2020, circostanza che ricorre nel caso della domanda di pronuncia pregiudiziale in esame.

Sulla prima questione

18. Con la prima questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 157 TFUE debba essere interpretato nel senso che ha efficacia diretta nelle controversie tra privati nelle quali è contestato il mancato rispetto del principio della parità di retribuzione tra lavoratori e lavoratrici per un «lavoro di pari valore», sancito da tale articolo.

19. Come risulta dalla decisione di rinvio, la [Omissis] ha fatto valere nel procedimento principale che l’articolo 157 TFUE non ha efficacia diretta in circostanze, come quelle che ricorrono nel procedimento principale, nelle quali i lavoratori messi a confronto svolgono un lavoro diverso. A sostegno di tale affermazione la società resistente nel procedimento principale sostiene nelle sue osservazioni sottoposte alla Corte che il criterio del «lavoro di pari valore», a differenza di quello relativo a uno «stesso lavoro», deve essere precisato da disposizioni di diritto nazionale o del diritto dell’Unione. Inoltre, le considerazioni esposte della Corte ai punti da 18 a 23 della sentenza dell’8 aprile 1976, Defrenne (43/75, EU: C: 1976: 56) e la sua giurisprudenza successiva corroborerebbero una siffatta interpretazione. In particolare, secondo tale società, in sostanza, l’invocazione del principio della parità di retribuzione tra lavoratori e lavoratrici nell’ambito del confronto di attività lavorative di pari valore si fonderebbe su un’asserita discriminazione che potrebbe essere individuata solo in base a disposizioni più precise di quelle dell’articolo 157 TFUE.

20. Si deve anzitutto osservare che la formulazione stessa dell’articolo 157 TFUE non può suffragare tale interpretazione. Conformemente a quest’ultimo, ciascuno Stato membro assicura l’applicazione del principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore. Pertanto, tale articolo impone, in modo chiaro e preciso, un obbligo di risultato e ha carattere imperativo tanto per quanto riguarda uno «stesso lavoro» quanto con riferimento a un «lavoro di pari valore».

21. In tal senso, la Corte ha già dichiarato che dal momento che l’articolo 157 TFUE ha carattere imperativo, il divieto di discriminazione tra lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile non solo riguarda le pubbliche autorità, ma vale del pari per tutte le convenzioni, che disciplinano in modo collettivo il lavoro subordinato nonché per i contratti fra singoli (sentenza dell’8 maggio 2019, Praxair MRC, C-486/18, EU: C: 2019: 379, punto 67 e giurisprudenza citata).

22. Secondo giurisprudenza costante della Corte, tale disposizione produce effetti diretti creando, in capo ai singoli, diritti che i giudici nazionali hanno il compito di tutelare (v., in tal senso, sentenza del 7 ottobre 2019, Safeway, C-171/18, EU: C: 2019: 839, punto 23 e giurisprudenza citata).

23. Il principio introdotto da detta disposizione può essere fatto valere dinanzi ai giudici nazionali in particolare nel caso di discriminazioni che traggano direttamente origine da norme o da contratti collettivi di lavoro, nonché qualora il lavoro sia svolto nella stessa azienda o ufficio, privato o pubblico (v., in tal senso, sentenze dell’8 aprile 1976, Defrenne, 43/75, EU: C: 1976: 56, punto 40, e del 13 gennaio 2004, Allonby, C-256/01, EU: C: 2004: 18, punto 45).

24. Ai punti 18 e da 21 a 23 della sentenza dell’8 aprile 1976, Defrenne (43/75, EU: C: 1976: 56), la Corte ha rilevato, in particolare, che le discriminazioni che traggono origine da disposizioni legislative o dai contratti collettivi di lavoro rientrano tra quelle che possono essere accertate con l’ausilio dei soli criteri di identità del lavoro e di parità di retribuzione indicati dall’articolo 119 del Trattato CEE (divenuto, a seguito di modifica, articolo 141 CE, a sua volta divenuto articolo 157 TFUE), rispetto a quelle che possono essere individuate solo con riferimento a disposizioni d’attuazione più precise. La Corte ha aggiunto che lo stesso vale nel caso di una diversa retribuzione di lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile per uno stesso lavoro, svolto nella stessa azienda o ufficio, privato o pubblico, e che, in tale ipotesi, il giudice è in grado di procurarsi tutti gli elementi di fatto che gli consentono di accertare se un lavoratore di sesso femminile sia retribuito meno di un lavoratore di sesso maschile che svolge le stesse mansioni.

25. Orbene, la Corte ha precisato che, in una situazione simile, il giudice è in grado di accertare tutti gli elementi di fatto che gli consentono di accertare se una lavoratrice sia retribuita meno di un lavoratore che svolga lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore (v., in tal senso, sentenza dell’11 marzo 1981, Worringham e Humphreys, 69/80, EU: C: 1981: 63, punto 23).

26. Inoltre, la Corte ha dichiarato che l’articolo 119 del Trattato CEE (divenuto, a seguito di modifica, articolo 141 CE, a sua volta divenuto articolo 157 TFUE) impone l’applicazione del principio della parità di retribuzione dei lavoratori di sesso maschile e di quelli di sesso femminile nel caso in cui il lavoro sia uguale ovvero, secondo la sua costante giurisprudenza, sia di valore uguale (v., in tal senso, sentenza del 4 febbraio 1988, Murphy e a., 157/86, EU: C: 1988: 62, punto 9).

27. Peraltro, detto articolo stabilisce il principio secondo cui uno stesso lavoro o un lavoro a cui è attribuito pari valore deve essere retribuito nello stesso modo, sia esso svolto da un uomo o da una donna, principio che costituisce l’espressione specifica del principio generale di uguaglianza che vieta di trattare in maniera diversa situazioni analoghe, a meno che tale differenza di trattamento non sia obiettivamente giustificata (v., in tal senso, sentenza del 26 giugno 2001, Brunnhofer, C-381/99, EU: C: 2001: 358, punti 27 e 28 e giurisprudenza citata).

28. Occorre del pari ricordare che la portata delle nozioni di «stesso lavoro», di «stesso posto di lavoro» e di «lavoro di pari valore» di cui all’articolo 157 TFUE riveste carattere puramente qualitativo, in quanto riguarda esclusivamente la natura delle prestazioni lavorative effettivamente compiute dagli interessati (v., in tal senso, sentenza del 26 giugno 2001, Brunnhofer, C–381/99, EU: C: 2001: 358, punto 42 e giurisprudenza citata).

29. Pertanto, risulta da una giurisprudenza costante che, contrariamente a quanto fatto valere dalla [Omissis], l’effetto diretto prodotto dall’articolo 157 TFUE non è limitato alle situazioni in cui i lavoratori di sesso diverso messi a confronto svolgono uno «stesso lavoro», ad esclusione di un «lavoro di pari valore».

30. In tale contesto, la questione se i lavoratori interessati svolgano uno «stesso lavoro» o un «lavoro di pari valore», come previsto all’articolo 157 TFUE, comporta una valutazione di fatto del giudice. A tal riguardo occorre ricordare che spetta al giudice nazionale, che è l’unico competente a verificare e valutare i fatti, accertare se, tenuto conto della natura concreta delle attività svolte da tali lavoratori, si possa attribuire un valore uguale a queste ultime (v., in tal senso, sentenze del 31 maggio 1995, Royal Copenhagen, C-400/93, EU: C: 1995: 155, punto 42, nonché del 26 giugno 2001, Brunnhofer, C-381/99, EU: C: 2001: 358, punto 49 e giurisprudenza citata).

31. Si deve peraltro sottolineare che una tale valutazione deve essere distinta dalla qualificazione dell’obbligo giuridico derivante da tale articolo 157, che, come rilevato al punto 20 della presente sentenza, impone in modo chiaro e preciso un obbligo di risultato.

32. La suesposta interpretazione è corroborata dall’obiettivo perseguito dall’articolo 157 TFUE, ossia eliminare, per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore, qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda tutti gli aspetti e le condizioni di retribuzione.

33. A tal riguardo si deve rilevare che il principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore, contemplato in tale disposizione, costituisce uno dei principi fondamentali dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 3 ottobre 2006, Cadman, C-17/05, EU: C: 2006: 633, punto 28 e giurisprudenza citata).

34. Inoltre, occorre sottolineare, da un lato, che ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, secondo comma, TUE, l’Unione promuove in particolare la parità tra uomini e donne. Dall’altro lato, l’articolo 23 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea sancisce che la parità tra donne e uomini deve essere assicurata in tutti i campi, compreso in materia di occupazione, di lavoro e di retribuzione.

35. Alla luce di tali elementi, si deve ritenere che l’interpretazione in base alla quale occorrerebbe distinguere, per quanto riguarda l’efficacia diretta dell’articolo 157 TFUE, in base al fatto che il principio della parità di retribuzione tra lavoratori e lavoratrici sia invocato per uno «stesso lavoro» o per un «lavoro di pari valore», sia tale da compromettere l’effetto utile di tale articolo nonché il raggiungimento dell’obiettivo da esso perseguito.

36. Peraltro, occorre ricordare che, qualora le differenze rilevate nelle condizioni retributive di lavoratori che svolgono uno stesso lavoro o un lavoro di pari valore non possano essere ricondotte ad un’unica fonte, manca un soggetto che sia responsabile della diseguaglianza e che possa ristabilire la parità di trattamento, sicché una situazione di tal genere non rientra nell’ambito di applicazione della disposizione in esame (v., in tal senso, sentenze del 17 settembre 2002, Lawrence e a., C-320/00, EU: C: 2002: 498, punti 17 e 18, e del 13 gennaio 2004, Allonby, C-256/01, EU: C: 2004: 18, punto 46). Ne consegue che una situazione in cui le condizioni di retribuzione di lavoratori di sesso diverso che svolgono uno stesso lavoro o un lavoro di pari valore possono essere ricondotte a un’unica fonte rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 157 TFUE e che il lavoro e la retribuzione di tali lavoratori possono essere messi a confronto sulla base di tale articolo, anche qualora questi ultimi svolgano la propria attività lavorativa presso stabilimenti diversi.

37. Pertanto, si deve considerare che l’articolo 157 TFUE può essere invocato dinanzi ai giudici nazionali in una controversia basata su un lavoro di pari valore svolto da lavoratori di sesso diverso aventi lo stesso datore di lavoro e presso stabilimenti diversi di detto datore di lavoro, giacché quest’ultimo costituisce un’unica fonte.

38. Nel caso di specie, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale emerge che la [Omissis] risulta costituire, nella sua qualità di datore di lavoro, un’unica fonte alla quale possono essere ricondotte le condizioni retributive dei lavoratori che svolgono il loro lavoro presso i negozi e i centri di distribuzione di cui essa dispone e che potrebbe essere responsabile di un’eventuale discriminazione vietata ai sensi dell’articolo 157 TFUE, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

39. Alla luce dell’insieme delle suesposte considerazioni si deve rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 157 TFUE deve essere interpretato nel senso che ha efficacia diretta nelle controversie tra privati in cui è dedotta l’inosservanza del principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile per un «lavoro di pari valore», sancito in tale articolo.

Sulla seconda questione

40. Tenuto conto della risposta fornita alla prima questione, non occorre rispondere alla seconda questione.

Sulle spese

41. Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

P.Q.M.

L’articolo 157 TFUE deve essere interpretato nel senso che ha efficacia diretta nelle controversie tra privati in cui è dedotta l’inosservanza del principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile per un «lavoro di pari valore», sancito in tale articolo.

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