«Secondo la disciplina in vigore in materia di infortunio in itinere anche l’uso del mezzo proprio (senza altra connessione funzionale con l’attività lavorativa assicurata) non è di ostacolo all’indennizzabilità, ma permane la condizione che l’uso sia “necessitato” ovvero che non sussista altra agevole e meno rischiosa soluzione (in particolare attraverso l’utilizzo di mezzi pubblici che comporta un minore grado di esposizione al rischio della strada)»,
ed ancora,
«In tema di infortunio cd. “in itinere”, anche l’uso del mezzo proprio, senza altra connessione funzionale con l’attività lavorativa assicurata, non è di ostacolo all’indennizzabilità, sempre che esso sia “necessitato”, ovvero che non sussista altra agevole e meno rischiosa soluzione; a tal fine, è sufficiente una necessità relativa, emergente anche attraverso la deduzione e la prova, a carico del lavoratore, di molteplici fattori, non definibili in astratto, che condizionano l’uso del mezzo privato rispetto a quello pubblico, quali esigenze personali e familiari, o altri interessi meritevoli di tutela».
Quelle sopra riportate sono le massime ufficiali di Cass. Civ., Lavoro, 07/07/2017, n. 16835, sentenza che si è pronunciata sulla corretta interpretazione della norma prevista dall’art. 12 D.P.R. n. 1124/1965 che sancisce l’operatività dell’assicurazione (Inail) anche nel caso di utilizzo del mezzo proprio, ancorchè necessitato.
Nel caso di specie, una lavoratrice, rimasta vittima di un infortunio in itinere all’uscita dal lavoro, infortunio verificatosi accidentalmente con la caduta rovinosa della stessa a terra con il proprio motociclo, aveva richiesto la copertura assicurativa dell’Inail.
L’Inail, dal canto suo, aveva negato il riconoscimento salariale ed il risarcimento del danno consistente nei postumi invalidanti residui riportati dalla dipendente, sul presupposto che l’utilizzo del mezzo proprio non fosse, in ipotesi, necessitato. Respinta sia in primo che in secondo grado l’azione giudiziale intrapresa dall’attrice, alla stessa non residuava che la via della Cassazione.
Sulla scia dei precedenti giurisprudenziali affermatisi sul tema, precedenti che essenzialmente hanno riconosciuto
«che secondo la disciplina in vigore in materia di infortunio in itinere anche l’uso del mezzo proprio (senza altra connessione funzionale con l’attività lavorativa assicurata) non è di ostacolo all’indennizzabilità, ma permane la condizione, già dettata dalla giurisprudenza, che l’uso sia “necessitato” ovvero che non sussista altra agevole e meno rischiosa soluzione (in particolare attraverso l’utilizzo di mezzi pubblici che comporta un minore grado di esposizione al rischio della strada)»,
la Cassazione ha oggi precisato che il termine “necessitato” deve essere inteso in senso relativo e non assoluto, ossia
«emergente anche attraverso i molteplici fattori, non definibili in astratto, che condizionano la scelta del mezzo privato rispetto a quello pubblico (esigenze personali e familiari, altri interessi meritevoli di tutela)».
Una specificazione necessaria, a quanto pare, anche se nel caso di specie la Corte ha comunque rigettato il ricorso della lavoratrice, la quale non aveva sufficientemente assolto l’onere probatorio in ordine alla totale carenza di mezzi pubblici che servissero la tratta da ella percorsa, nè sulla possibilità o meno di deviazioni dal percorso abituale casa lavoro, nè, infine, circa le specifiche necessità domestiche o familiari che imponessero il sollecito rientro presso l’abitazione.
Nè – precisa la Corte – una tale prova può ritenersi assolta per intero attraverso l’uso di generiche presunzioni, non potendo ritenersi che nel caso di specie potesse legittimamente esercitarsi il potere officioso del giudice in materia di ammissione di nuovi mezzi di prova ex artt. 437 e 421 c.p.c.. Il potere in questione non può infatti assumere una funzione investigativa o totalmente sostituiva dell’onere di allegazione e di prova incombente sulle parti, senza ledere la garanzia del contraddittorio.
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Scarica il testo di Cass. Civ., Lavoro, 07/07/2017, n. 16835