Il termine per il deposito del ricorso avanti il giudice del lavoro si applica anche ai licenziamenti intimati prima della L. 183/2010 Cass. Civ., sez. Lavoro, 03/05/2018, n. 10521


«Il termine decadenziale di cui all’art. 6, comma 2, legge n. 604/1966, come modificato dall’art. 32, comma 1, legge n. 183/2010 (e poi, ulteriormente, dall’art. 1, comma 38, legge n. 92/2012) – secondo cui l’impugnazione stragiudiziale del licenziamento non è efficace se non è seguita, entro il successivo termine di giorni 270 (poi divenuto 180), dal deposito del ricorso giudiziario, o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato si applica anche ai licenziamenti intimati prima dell’entrata in vigore della predetta legge n. 183/2010, e già impugnati in via stragiudiziale a tale data (prendendo a decorrere, ai sensi del comma 1 -bis del citato art. 32, introdotto dall’art. 2, comma 54, d.l. n. 225/2010, convertito, con modificazioni nella legge n. 10/2011, dal 31 dicembre 2011)».

La Corte d’appello di Perugia rigettava il reclamo della società datrice di lavoro contro la sentenza di primo grado che ne aveva respinto l’opposizione all’ordinanza del Tribunale perugino che, dichiarato illegittimo per difetto di previa contestazione il licenziamento disciplinare, ne aveva ordinato la reintegra nel posto di lavoro con le conseguenze economiche di cui all’art. 18 Statuto dei diritti del lavoratori (nel testo previgente alla novella dell’art. 1 L. 92/2012, c.d. riforma Fornero).

Per la cassazione della sentenza ricorreva la medesima ricorrente affidandosi a due motivi, il primo dei quali, quello centrale, denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 6 L. 604/66, dell’art. 2, comma 54, D.L. n. 225/ 2010, conv. in L. 10/2011, artt. 11 e 12 disp. prel. CC. dell’art. 252 disp. att. CC., nonché omesso, illogico e contraddittorio esame d’un fatto decisivo, nella parte in cui la sentenza impugnata ha respinto l’eccezione di decadenza dall’impugnazione giudiziale del licenziamento, proposta poco prima che scadessero cinque anni dall’impugnazione extragiudiziale del recesso medesimo; la ricorrente sostiene – invece l’applicabilità del termine di decadenza di 180 giorni previsto dal cit. art. 6, comma 2, come modificato dall’art. 32 L. 183/2010.

La Cassazione ha ritenuto fondato il primo motivo di ricorso, nel quale viene assorbito il secondo, dando continuità all’orientamento a riguardo già espresso da Cass. n. 13598/16 e Cass. n. 24258/16, per quanto appresso.

Il comma 1 dell’art. 32 della L. 183/2010 ha così sostituito i primi due commi dell’art. 6 della L. 604/1966:

«Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta, ovvero dalla comunicazione, anch’essa in forma scritta, dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l’intervento dell’organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso. L’impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di duecentosettanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato, ferma restando la possibilità di produrre nuovi documenti formatisi dopo il deposito del ricorso. Qualora la conciliazione o l’arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l’accordo necessario al relativo espletamento, il ricorso al giudice deve essere depositato a pena di decadenza entro sessanta giorni dal rifiuto o dal mancato accordo».

Il D.L. n. 225/2010, convertito con modificazioni dalla L. 26 /02/2011, n. 10, ha poi inserito, con l’art. 2, comma 54, il comma 1-bis, che dispone che

«In sede di prima applicazione, le disposizioni di cui all’articolo 6, primo comma, della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo, relative al termine di sessanta giorni per l’impugnazione del licenziamento, acquistano efficacia a decorrere dal 31 dicembre 2011».

Tale differimento, come ribadito dalle Sezioni Unite della stessa Corte con riferimento al contratto di lavoro a tempo determinato nella sentenza n. 4913/16, è stato introdotto per evitare che l’immediata decorrenza del termine decadenziale, prima non previsto, potesse pregiudicare chi si fosse trovato ad incorrervi inconsapevolmente. La L. 92/2012, con l’art. 1, commi 38 e 39, ha poi ulteriormente modificato l’art. 6, comma 2, sostituendo, per i licenziamenti intimati dopo la sua entrata in vigore, il termine di 270 giorni con quello di 180 giorni.

Ebbene, l’ambito di novità determinato dall’art. 32 cit. è stato non solo l’estensione dell’onere di impugnativa stragiudiziale a casi in precedenza non previsti, ma anche il fatto che la stessa impugnazione stragiudiziale diviene inefficace se non seguita dal deposito del ricorso giudiziale nel termine disposto dal novellato art. 6, comma 2, L. 604/1966, in tal modo prevedendo un diretto e contestuale collegamento tra impugnazione stragiudiziale e decorrenza del termine (parimenti di decadenza) per il deposito del ricorso giudiziale (o per le procedure conciliative od arbitrali, anch’esse ridisegnate dall’art. 31 della stessa L. 183/ 2010).

Di talchè le due norme vengono a costituire una disciplina unitaria ed articolata.  Dal collegamento tra i due momenti impugnatori (stragiudiziale e giudiziale o arbitrale) questa Corte, in relazione a licenziamenti intimati – come quello per cui oggetto di giudizio per cassazione – prima del 24.11.2010, ha desunto che il differimento previsto dal comma 1-bis dell’art. 32 L. 183/2010 deve intendersi riferito anche alla decadenza di cui al (nuovo) comma 2, la cui operatività viene fatta parimenti decorrere dal 31.12.2011. Così argomentando, si è implicitamente ammesso che il termine (decadenziale) sia applicabile anche ai licenziamenti intimati prima dell’entrata in vigore della L. 183/2010, che già erano assoggettati al termine, parimenti decadenziale, di 60 giorni per l’impugnativa stragiudiziale prevista dall’art. 6 L. 604/1966.

La novella in discorso non ha posto delimitazioni temporali (ad eccezione di quella prevista dal comma 1-bis) all’applicazione del nuovo regime di impugnativa del licenziamento.
Tale conclusione non viola l’art. 11 disp. prel. al cod. civ., considerato che la previsione non ha portata retroattiva: infatti, premesso che il licenziamento per cui è causa era già assoggettato all’onere di contestazione stragiudiziale entro 60 gg., l’ulteriore termine di decadenza (previsto per l’impugnazione giudiziale) ha sostituito il preesistente termine quinquennale di prescrizione di cui all’art. 1442 c.c., previsto in via generale per la proposizione dell’azione giudiziale di annullamento e applicabile anche all’impugnativa del licenziamento (cfr., ancora, Cass. n. 20586/15). In tal senso, dunque, la nuova disposizione non ha inciso su una situazione sostanziale già esaurita, ma su una situazione ancora in fieri per la pendenza del termine prescrizionale.

A dire della Cassazione

«Lo ius superveniens è, quindi, applicabile ai fatti, agli status e alle situazioni esistenti o sopravvenute alla data della sua entrata in vigore, ancorché conseguenti ad un fatto passato, quando essi, ai fini della disciplina disposta dalla nuova legge, debbano essere presi in considerazione in se stessi, prescindendosi dal collegamento con il fatto che li ha generati, in modo che resti escluso che, attraverso tale applicazione, sia modificata la disciplina giuridica del fatto generatore (cfr. Cass. n. 4643/16, Cass. n. 9462/15, Cass. n. 301/14, Cass. n. 16620/13, Cass. n. 2433/2000 e, in epoca ancora più remota, Cass. S.U. n. 2926/67)».

Ciò è quanto si è verificato nella vicenda in oggetto: vi è stata la sostituzione di un termine di decadenza al precedente termine di prescrizione, in cui il potere d’azione, ossia quello di impugnare il licenziamento, era indubbiamente già sorto prima dell’entrata in vigore dell’art. 32, comma 1, L. 183/2010, ma non si era ancora consumato, essendo ancora pendente il termine di prescrizione per esercitarlo, di guisa che la novella non incide sul fatto generatore, ovvero sul licenziamento che si asserisce essere illegittimo e sui suoi effetti sostanziali, ma sul diverso iter impugnatorio, ancora in corso.

Alla luce di tali argomentazioni, la Cassazione, ritenendo che non fossero necessari ulteriori accertamenti di fatto, ha deciso la causa la causa con il rigetto della domanda proposta dal ricorrente per intervenuta decadenza dall’azione di impugnazione giudiziale.

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Author: Avv. Francesca Serretti Gattoni

Avvocato, nata a Pesaro il 24 febbraio 1982. Iscritta all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 2010. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione lavoro di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833

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