Giudizio in Cassazione: ammissibile il deposito disgiunto dell’attestazione di conformità Cass. Civ., III, 11/10/2018, n. 25172


Per evitare la declaratoria di improcedibilità del ricorso in Cassazione, è necessario rispettare l’onere di deposito della copia autenticata del provvedimento impugnato unitamente alla relata di notificazione avvenuta tramite PEC. Nel caso in cui la relata non venga depositata unitamente alla copia analogica – con attestazione di conformità – della decisione impugnata, è possibile procedere con un successivo deposito entro il termine breve ex art. 369, comma 1, c.p.c. così da escludere una violazione dei termini.

Con ordinanza della terza sezione (n 30622/2017) era stata rimessa al Primo Presidente della Corte, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, la questione di particolare importanza relativa alle modalità di assolvimento dell’onere di produzione della relazione di notifica della sentenza eseguita in via telematica, ai fini del corretto adempimento dell’onere di produzione stabilito dall’art. 369, co 2, CPC.

Con successivo provvedimento, gli atti del ricorso sono stati restituiti alla sezione, in ragione della successiva pronuncia della sesta sezione civile (Cass. 30765/2017), nella particolare composizione prevista dal par. 41.2. delle tabelle della Corte, nella quale la materia è stata approfonditamente indagata con enunciazione del relativo principio di diritto.

Nella pronuncia in commento, la Cassazione dà seguito  principio espresso da questa Corte secondo il quale

«la previsione – di cui al secondo comma, n. 2, dell’art. 369 cod. proc. civ. – dell’onere di deposito a pena di improcedibilità, entro il termine di cui al primo comma della stessa norma, della copia della decisione impugnata con la relazione di notificazione, ove questa sia avvenuta, è funzionale al riscontro, da parte della Corte di cassazione – a tutela dell’esigenza pubblicistica (e, quindi, non disponibile dalle parti) del rispetto del vincolo della cosa giudicata formale – della tempestività dell’esercizio del diritto di impugnazione, il quale, una volta avvenuta la notificazione della sentenza, è esercitabile soltanto con l’osservanza del cosiddetto termine breve.

Nell’ipotesi in cui il ricorrente, espressamente od implicitamente, alleghi che la sentenza impugnata gli è stata notificata, limitandosi a produrre una copia autentica della sentenza impugnata senza la relata di notificazione, il ricorso per cassazione dev’essere dichiarato improcedibile, restando possibile evitare la declaratoria di improcedibilità soltanto attraverso la produzione separata di una copia con la relata avvenuta nel rispetto del secondo comma dell’art. 372 cod. proc. civ., applicabile estensivamente, purché entro il termine di cui al primo comma dell’art. 369 cod. proc. civ., e dovendosi, invece, escludere ogni rilievo dell’eventuale non contestazione dell’osservanza del termine breve da parte del controricorrente ovvero del deposito da parte sua di una copia con la relata o della presenza di tale copia nel fascicolo d’ufficio, da cui emerga in ipotesi la tempestività dell’impugnazione.” (cfr. Cass. SU 9005/2009).

Ancora, è stato condivisibilmente affermato che

«la sanzione dell’improcedibilità legata alla mancata produzione della copia autentica della sentenza ovvero della relata di notifica della medesima, non appare in contrasto con i principi della CEDU in tema di diritto di accesso della parte all’autorità giudiziaria” (cfr. Cass. 21386/2017 che ha pure opportunamente chiarito i limitati confini – riconducibili per lo più all’impugnazione dell’ordinanza di cui agli artt. 348bis e ter cpc – entro i quali debbano essere inquadrate le aperture espresse da Cass. SU 25513/2016 e Cass. SU 10648/2017)».

inoltre, ha affermato la Cassaziome

«ai fini del rispetto di quanto imposto, a pena d’improcedibilità, dall’art. 369, comma 2, n. 2 c.p.c., il difensore che propone ricorso per cassazione contro un provvedimento che gli è stato notificato con modalità telematiche, deve depositare nella cancelleria della Corte di Cassazione copia analogica, con attestazione di conformità ai sensi dei commi 1-bis e 1 -ter dell’art. 9 della legge 53/1994, del messaggio di posta elettronica certificata ricevuto, nonché della relazione di notifica e del provvedimento impugnato, allegati al messaggio».

Nel caso in esame, non è stata tempestivamente prodotta l’attestazione di conformità, corredata da sottoscrizione autografa, dei documenti informatici comprovanti la notifica a mezzo PEC della sentenza impugnata; né si rinvengono produzioni della parte controricorrente idonee a sanare, ai fini della procedibilità del ricorso, tale omissione.

Inoltre – osserva la Corte –  il ricorso per cassazione è stato notificato (in data 6.11.2015) oltre il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione della sentenza (1.9.2015): quindi, in assenza dell’unica ipotesi in cui perde rilievo la data della notifica del provvedimento impugnato, con superamento della c.d. “prova di resistenza” (cfr. Cass.10 luglio 2013, n. 17066, richiamata nel par. 22) di Cass. 30765/2017), era necessario che i ricorrenti osservassero rigorosamente le formalità imposte dall’art. 369 co 2 n 2 cpc, declinate nel giudizio di Cassazione, non ancora telematico, alla luce della normativa sulle notifiche a mezzo PEC (art. 9 commi 1-bis e 1 -ter della legge 53/1994) che impone la autenticazione, con sottoscrizione autografa del difensore, della copia analogica delle ricevute di trasmissione ed avvenuta consegna.

Il ricorso è stato indi dichiarato improcedibile.

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Author: Avv. Francesca Serretti Gattoni

Avvocato, nata a Pesaro il 24 febbraio 1982. Iscritta all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 2010. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione lavoro di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833

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