La firma per ricevuta sulla busta paga ne prova la consegna, non il pagamento Cass. Civ., sez. lav., 06/09/2018, n. 21699


«Le buste paga sottoscritte dal lavoratore con la formula ‘per ricevuta’ costituiscono prova solo della loro avvenuta consegna e non anche dell’effettivo pagamento, che deve essere provato dal datore di lavoro».

La Cassazione, nella pronuncia che si segnala, ha esplicitato il concetto appena enunciato.

In primo grado la vicenda traeva origine dalla domanda di un lavoratore diretta all’ottenimento di differenze retributive e del TFR non percetto. Difatti, il Tribunale, facendo proprie le difese della datrice di lavoro resistente, la quale sosteneva che la sottoscrizione di tutte le buste paga avrebbe dimostrato, oltre che la ricezione delle stesse, anche l’effettivo versamento monetario.

La domanda veniva dunque rigettata in primo grado e poi accolta in appello a seguito dell’impugnazione presentata dal dipendente.

Di qui il ricorso in Cassazione presentato da parte datoriale, denunciando la violazione/o falsa applicazione della L. n. 4/1953 , artt. 1 e 3 e art. 2697  C.C, in relazione all’art. 360 C.P.C., n. 3, per la parte in cui l’impugnata sentenza aveva ritenuto il mancato pagamento al lavoratore delle somme indicate in busta paga, poiché firmate dal dipendente per ricevuta delle buste medesime e non per quietanza, donde la mancanza di prova della corresponsione dei relativi emolumenti.

Il ricorso viene respinto dalla Cassazione.

Ritengono gli ermellini che le buste paga erano state impugnate e che le stesse risultavano “firmate (alcune) solo per ricevuta e non per quietanza“,  di modo che andava applicato il principio affermato dalla citata pronuncia di questa Corte n. 1150 del 04/02/1994, secondo cui

«l’obbligo, previsto a carico del datore di lavoro dalla L. 5 gennaio 1953, n. 4, art. 1, di consegnare ai lavoratori dipendenti all’atto della corresponsione della retribuzione un prospetto contenente l’indicazione di tutti gli elementi costitutivi della retribuzione, non attiene alla prova dell’avvenuto pagamento, per la quale non sono sufficienti le annotazioni contenute nel prospetto stesso, ove il lavoratore ne contesti la corrispondenza alla retribuzione effettivamente erogata, l’onere dimostrativo di tale non corrispondenza può incombere sul lavoratore soltanto in caso di provata regolarità della documentazione liberatoria e del rilascio di quietanze da parte del dipendente, spettando in caso diverso al datore di lavoro la prova rigorosa dei pagamenti in effetti eseguiti».

Consegue da quanto sopra che le buste paga sottoscritte dal lavoratore con la formula ‘per ricevuta’ costituiscono prova solo della loro avvenuta consegna e non anche dell’effettivo pagamento, che deve essere provato dal datore di lavoro.

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Author: Avv. Francesca Serretti Gattoni

Avvocato, nata a Pesaro il 24 febbraio 1982. Iscritta all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 2010. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione lavoro di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833

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