Civilisti, tremate…le riforme son tornate… (la motivazione a pagamento è davvero troppo)

By | 16/12/2013

Secondo quello che riportava un paio di giorni fa, il sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri, il 13/12/2013 avrebbe dovuto tenersi il Consiglio dei Ministri n. 40, con all’ordine del giorno, tra l’altro, la seguente voce: «DISEGNO DI LEGGE: Delega al Governo recante disposizioni per l’efficienza del processo civile, la riduzione dell’arretrato, il riordino delle garanzie mobiliari, nonché altre disposizioni per la semplificazione e l’accelerazione del processo di esecuzione forzata (collegato alla legge di stabilità 2014)».

Lo spettro delle riforme si aggira per il Palazzo (ma per ora si materializza il solo Tribunale delle società estere)

Il che ci aveva, manco a dirlo, preoccupati alquanto. Non si sentiva certo il bisogno, infatti, dell’ennesimo d.d.l. di riforma della giustizia civile che aggiungesse confusione a confusione, incidendo su un sistema ormai allo stremo  e pervaso dallo scoramento degli operatori.

Fortunatamente, nel corso della prima mattinata del 13/12/2013, voci di corridoio avevano dato per scongiurato il rischio e, pertanto, si è tirato un sospiro di sollievo.

In effetti, il comunicato emesso dal Consiglio dei Ministri al termine del Consiglio stesso sembra per il momento limitare (si fa per dire) il proprio afflato riformista alla prospettata attuazione del ‘Tribunale delle società estere’, sulla scia del già esistente Tribunale delle imprese.

Come si legge nel comunicato in questione, infatti, «per rafforzare le funzioni del tribunale per le imprese e stimolare la capacità di attrarre investimenti, si concentrano su un numero ridotto di sedi (9) tutte le controversie nella competenza funzionale del tribunale delle imprese che coinvolgano società con sede principale all’estero, anche se con rappresentanza stabile in Italia». Lo strumento adottato, sarà, neanche a dirlo, il decreto legge.

Ora, si potrebbe ragionare sino allo sfinimento se un tale progetto (essenzialmente consistente nello spostare blocchi di controversie dal Foro che sarebbe loro proprio ad un diverso Foro in base a considerazioni di mera natura economica), finisca o meno con il ledere il principio costituzionale del giudice naturale.

O anche se i requisiti di necessità ed urgenza costituzionalmente prescritti quale condizione per l’emanazione di un decreto legge possano dirsi sussistenti  in vista di un intervento che mira a riformare la competenza per territorio del giudice civile (argomento in relazione al quale non si vede davvero che ‘necessità ed urgenza’ possa mai configurarsi).

Ma servirebbe a poco, visto che i ben informati danno per certo che il ‘Tribunale delle società estere’ sia solo l’inizio del progetto (ovviamente) ‘epocale’ di riforma, la cui adozione, dunque, sarebbe stata rinviata solo di pochi giorni.

Il diluvio riformista degli ultimi venti anni

Ora, i meno giovani tra coloro che leggono questo articolo (compreso chi scrive) rammentano certo d’avere sentito decine di volte l’annuncio di riforme ‘epocali’ della giustizia civile.

Innumerevoli decreti, dalle variopinte denominazioni (competitività, sviluppo, salva-Italia, cresci-Italia, del fare) e manovre (correttiva, bis, d’estate, manovrina) si sono infatti sovrapposti tra loro negli ultimi venti anni, stratificando, una sopra l’altra, le rispettive finalità salvifiche, con il prevalente (se non unico) effetto di complicare ulteriormente una situazione già di per sé disastrosa.

E che l’affermazione di cui sopra non sia affatto frutto dell’esagerazione di un operatore esasperato (tra i tanti), è piuttosto facilmente riscontrabile solo scorrendo il vero e proprio diluvio di riforme che si sono succedute in materia di giustizia civile a partire dalla fine degli anni ’90 sino ad oggi e riflettendo, poi, sui risultati che ne sono derivati.

Un gioco di scatole cinesi

Può, infatti, constatarsi, sotto il primo profilo, che, limitandosi ad elencare i principali interventi in materia di giustizia civile, si scopre come nell’arco dei circa 23 anni che separano la fine del 1990 (momento in cui vide la luce la prima riforma processuale di cui alla L. 26.11.1990, n. 353) sino ai giorni nostri, si sono succeduti almeno 46 provvedimenti normativi, tutti più meno epocali: vale a dire circa due all’anno.

Provvedimenti destinati a giustapporsi disordinatamente tra loro, in un susseguirsi di oscure discipline transitorie; decreti legge (non convertiti, ripresentati, convertiti con modificazioni sostanziali); rinvii dell’ultim’ora; riforme delle riforme, tale da rendere il tutto incomprensibile ai più e, fondamentalmente, pressoché inutile, se non dannoso, rispetto al fine perseguito.

Insomma un gioco di scatole cinesi, che emerge nitidamente dal testo della seguente nota riportata in calce all’art. 8 contenuto nel Codice di Procedura Civile edito da Utet nell’anno 1995:

«articolo così sostituito dall’art. 3 della l. 26 novembre 1990 n. 353; il primo comma è stato, poi, ulteriormente sostituito dall’art. 18 della l. 21 novembre 1991, n. 374 e successivamente dall’art. 2 del d.l. 9 agosto 1995 n. 347. L’art. 47 della l. 21 novembre 1991 n. 374 ha, inoltre, abrogato i numeri 2) e 4). La disposizione nel nuovo testo, ha efficacia : a partire dal 30 aprile 1995 nella parte modificata dalla l. 26 novembre 1990 n. 353, ai sensi dell’art. 92/1° l. cit. (come sostituito dall’art. 2/5° della l. 4 dicembre 1992, n. 477, e successivamente modificato dall’art. 6 del d.l. 7 ottobre 1994, n. 571, conv. con modificazioni nella legge 6 dicembre 1994, n. 673); a partire dal 1° maggio 1995 nella parte modificata dalla l. 21 novembre 1991 n. 374, ai sensi dell’art. 49, come sostituito dall’art. 1/3° della l. 4 dicembre 1992, n. 477 e successivamente sostituito dall’art. 13 d.l. 7 ottobre 1994 n. 571, conv. con modificazioni nella l. 6 dicembre 1994, n. 673. V. inoltre, la disciplina transitoria dettata dall’art. 90/3° della l. 26 novembre 1990 n. 353 e dall’art. 43 della l. 21 novembre 1991, n. 374».

Commenti?

Il lungo elenco degli interventi ‘epocali’

Ma se la bontà della tesi sopra sostenuta non fosse stata ancora sufficientemente dimostrata, ecco un elenco – largamente approssimato per difetto – degli interventi ‘epocali’ succedutisi dagli anni ’90 ad oggi (e dei loro annessi e connessi):

  1. L. 26/11/1990, n. 353 (prima riforma del rito civile): giudizio monocratico generalizzato; competenza pretorile per valore raddoppiata; nuove preclusioni e nuova scansione dei tempi processuali; esecutività della sentenza di primo grado; rito cautelare completamente riformato; nascita dei concetti di ‘nuovo rito’ e ‘vecchio rito’ destinati ad accompagnarci per il tempo a venire; il tutto, come si sa, in vigore a spizzichi e bocconi, nell’arco di anni, per il tramite di una complicata disciplina transitoria;
  2. L. 21/11/1991, n. 374: via il Conciliatore e spazio al Giudice di Pace; ulteriore raddoppio della competenza per valore del Pretore; differimento dell’entrata in vigore della L. 353/1990;
  3. D.P.R. 28/08/1992, n. 404: regolamento di esecuzione di alcune norme della L. 374/91 istitutiva del Giudice di Pace;
  4. L. 04/12/1992, n. 477: disciplina transitoria. La riforma di cui alla L. 353/1990 si applica solo alle cause post 1° gennaio 1993 e solo in parte; previsione di un’entrata in vigore generalizzata a fare data dal gennaio 1994;
  5. D.L. 16/12/1993, n. 521, D.L. 14/2/1994, n.105, D.L.14/4/1994, n.235, D.L. 18/06/1994, n. 380, D.L. 08/08/1994, n. 493: tutti provvedimenti contenenti modifiche varie a quanto sopra, decaduti in quanto non convertiti;
  6. L. 05/01/1994, n. 25: riforma dell’arbitrato nazionale e sopranazionale;
  7. D.L. 07/10/1994, n. 571, conv. in L. 06/12/1994, n. 673:  proroga dell’entrata in vigore della riforma di cui alla L. 353/1990 ed ulteriori modifiche;
  8. D.L. 21/04/1995, n. 121, D.L. 21.06.1995, n. 238, D.L. 09/08/1995, n. 347: altri provvedimenti modificativi della riforma del processo civile non convertiti;
  9. D.L. 18/10/1995, n. 432, conv, in L. 20/12/1995, n. 534:  ulteriore modifica della disciplina transitoria della normativa dettata dalla L. 353/1990; competenza del Pretore a L. 50.000.000 ed altro;
  10. L. 22/07/1997, n. 276: istituzione di  Sezioni Stralcio, composte di Giudici Onorari Aggregati, competenti a definire il contenzioso pendente sino al 30/04/1995. Nasce quello che qualcuno avrebbe definito il contenzioso di serie B (destinato a tornare alla ribalta molti anni dopo con la figura dei giudici ausiliari in Corte d’Appello di cui al D.L. 69/2013); 
  11. D. Lgs. 19/02/1998, n. 51: istituzione del Giudice Unico di primo grado; abolizione della figura pretorile e del Collegio; introduzione del Tribunale monocratico; nuove norme procedurali a coordinare il tutto;
  12. L. 09/12/1998, n. 431: riforma delle locazioni ed ulteriori normative processuali;
  13. L. 24/11/1999, n. 468: modifica della L. 374/1991, con delega al Governo in vista della competenza penale del G.d.P., indi attuata con D. Lgs. 28/08/2000 n. 274;
  14. L. 03/10/2001, n. 366: delega per la riforma del diritto (anche processuale) societario;
  15. D. Lgs. 17.01.2003, n. 5: introduzione del processo societario (destinato a fallire miseramente e ad essere integralmente abrogato ad opera della successiva L. 69/2009);
  16. D.L. 08/2/2003 n. 18, conv. in L. 07/04/2003 n. 63 (cd. decreto ‘salvacompagnie’): abolizione del giudizio secondo equità nelle cause di competenza del G.d.P. concernenti rapporti derivanti dall’applicazione dell’art. 1342 c.c.;
  17. L. 06/02/2004, n. 37: integrazioni e modifiche alla normativa sul processo societario;
  18. D.L. 14/3/2005 n. 35, conv. in L. 14/05/2005, n. 80: modifica della revocatoria fallimentare; modifica della disciplina del concordato preventivo; introduzione di un ‘nuovissimo rito’ procedurale civile; riforma dell’esecuzione forzata; deleghe al Governo per riformare il processo di Cassazione, l’arbitrato, le procedure concorsuali;
  19. D.L. 30/06/2005 n. 115, conv, in L. 17/08/2005, n. 168 (cd. legge ‘omnibus’):  rinvio della riforma di cui al D.L. 35/2005 conv. il L. 80/2005 e abbozzo della disciplina transitoria; riappare la dicotomia ‘vecchio rito’/’nuovo rito’;
  20. D. Lgs. 07/09/2005, n.209 (Codice delle assicurazioni private): riordino della materia e introduzione del cd. indennizzo diretto;
  21. L. 28/12/2005, n. 263: modifiche al D.L. 35/2005 conv. il L. 80/2005 e nuove modificazioni del c.p.c.;
  22. D.L. 30/12/2005, n. 273, conv. in L. 23/02/2006, n.51: nuovo rinvio dell’entrata in vigore della riforma di cui alla D.L. 35/2005 conv. il L. 80/2005 e successiva L. 263/2005;
  23. D. Lgs. 09/01/2006, n. 5 (cd. decreto competitività): riforma delle procedure concorsuali;
  24. D. Lgs. 02/02/2006, n.40: riforma del processo di Cassazione e dell’arbitrato;
  25. L. 21/02/2006, n.102: estensione del rito del lavoro alle cause risarcitorie conseguenti a sinistri stradali con morte o lesioni (riforma le cui ragioni sono rimaste davvero misteriosissime e che sarebbe stata abrogata dalla successiva L. 18/06/2009 n. 69);
  26. L. 24/02/2006, n. 52: riforma dell’esecuzione mobiliare;
  27. L. 08/02/2006 n. 54: affido condiviso (con modifiche anche in materia processuale);
  28. D.Lgs. 12/09/2007, n. 169 (cd. decreto correttivo):ulteriore riforma della legge fallimentare;
  29. L. 24/12/2007, n. 244 (finanziaria 2008): introduzione della class action (art.140-bis del codice del consumo);
  30. L. 18/06/2009 n. 69: aumenta la competenza per valore del giudice di pace; si dimezzano i termini per la riassunzione e le impugnazioni; viene abrogato l’inglorioso processo societario (introdotto qualche anno prima); viene abrogata l’applicabilità del rito del lavoro alle cause risarcitorie conseguenti ad incidenti stradali con morte e lesione (anch’essa introdotta poco tempo prima); viene emanata la delega per la riduzione/semplificazione dei riti; viene emanata la delega per l’introduzione della mediazione e conciliazione;
  31. D.Lgs. 04/03/2010, n. 28: introduzione della mediazione obbligatoria (poi dichiarata incostituzionale da C. Cost. 06/12/2012, n. 272 e da ultimo reintrodotta con il cd. ‘decreto del fare’ 2013);
  32. D. Lgs 06/07/2011, n. 98, conv. in L. 15/07/2011, n. 111 (cd. manovra correttiva): introduzione del reclamo e della mediazione tributaria; significativi aumenti del contributo unificato;
  33. D.L. 13/08/2011, n.138, conv. in L. 14/09/2011, n.148 (cd. manovra bis o manovra d’estate): introduzione dell’assicurazione obbligatoria per i professionisti; introduzione del calendario processuale; obbligo di indicare l’indirizzo di posta elettronica certificata o di fax negli atti; notifiche ai difensori a mezzo PEC;
  34. D. Lgs. 01/09/2011, n. 150: unificazione dei riti di cognizione;
  35. L. 12/11/2011, n. 183 (legge di stabilità 2012): impiego della posta elettronica certificata nel processo civile; compare l’istanza di trattazione in appello (che sarebbe stata abrogata di lì a poco); introduzione della ‘pena pecuniaria’ nel caso di proposizione di istanza di sospensione dell’esecuzione provvisoria in appello manifestamente infondata; aumenti del contributo unificato; il contributo diventa dovuto anche per la domanda riconvenzionale e la chiamata di terzo;
  36. D.L. 22/12/2011, n. 212, conv. in L. 17/02/2012, n.10: introduzione della procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento (poi non sopravvissuta alla conversione); modifica e successiva abrogazione dell’istanza di trattazione in appello di cui alla già citata L. 183/2011;
  37. L. 05/01/2011, n. 218: intervento flash sul decreto ingiuntivo con interpretazione autentica  dell’art. 165 c.p.c. e modifica dell’art. 645 c.p.c.;
  38. D.L. 24.01.2012, n.1, conv. in L. 24/03/2012, n. 27 (cd. decreto liberalizzazioni): introduzione del tribunale delle imprese; introduzione delle s.r.l. semplificate; abolizione delle tariffe professionali;
  39. D. Lgs. 07/09/2012, n. 155: soppressione dei tribunali minori;
  40. L. 24.12.2012 n° 228  (legge stabilità 2013): significativo aumento del contributo unificato per i processi amministrativi; deposito telematico atti e notifiche tramite PEC; introduzione della condanna al pagamento di una somma pari al contributo unificato per l’appellante che si veda dichiarare l’appello inammissibile, improcedibile o che si veda respingere integralmente l’impugnazione;
  41. D.L. 22/06/2012, n. 83, conv. in L. 07/08/2012, n. 134 (cd. decreto sviluppo): ulteriori misure in tema di procedure concorsuali; modifiche significative all’appello (obbligo di specificità; filtri di ammissibilità);
  42. D.M. 20/07/2012, n. 140: determinazione parametri forensi;
  43. DPR 07/08/2012, n. 137: riforma delle professioni;
  44. D.L. 18/10/2012, n. 179, conv. in l. 17/12/2012, n. 221 (cd. decreto sviluppo-bis): norme su comunicazioni a mezzo PEC; obbligatorietà del deposito telematico degli atti processuali; ulteriori modifiche alla legge fallimentare;
  45. L. 31/12/2012, n.247: riforma della professione forense
  46. D.L. 21/06/2013 n° 69,  conv. in L. 09/08/2013 n° 98 (cd. decreto del fare): giudici ausiliari in appello (una specie di riedizione delle sezioni stralcio anni ’90: nihil sub sole novi); ritorna la mediazione obbligatoria dopo la declaratoria di incostituzionalità; tirocinio dei laureati in giurisprudenza presso il uffici giudiziari; divisione demandata ad un professionista; proposta conciliativa del giudice; misure in materia di decreto ingiuntivo (fissazione prima udienza ravvicinata, immediata decisione sulla provvisoria esecuzione); limitazioni al concordato preventivo cd. “in bianco”.

Ciò, senza contare le riforme di natura prevalentemente sostanziale, come, ad esempio quella delle società (D. Lgs. 17/01/2003, n. 6), quella del codice del consumo (D.Lgs. 06/09/2005, n. 206),  quella della responsabilità medica (D.L. 13/09/2012, n. 158, conv. in L. 08/11/2012, n. 189: cd. legge Balduzzi), quella della filiazione (L. 10/12/2012, n. 219), quella del condominio (L. 11/12/2012, n. 220).

E senza contare, inoltre, gli interventi di natura settoriale (ad es. in materia di accertamento delle microinvalidità permanenti), quelli che hanno inciso in ambiti diversi, quali il settore penale e l’amministrativo e quelli che, inevitabilmente, sfuggono alla memoria.

Considerando anche questi ultimi, infatti, viene da chiedersi dove il legislatore di questi ultimi venti anni abbia trovato il tempo per occuparsi di altre cose oltre che di giustizia.

E’ servito tutto questo?

Ma il bello è che, come tutti possiamo vedere, l’anelito riformatore in tal modo dispiegato non pare essere  servito granché.

Per verificarlo, prendiamo, ad esempio, alcuni passi dei discorsi di apertura degli anni giudiziari dalla fine degli anni ’90’ ad oggi. Si tratta di una cerimonia che per alcuni ha assunto (non a torto) caratteristiche  autoreferenziali, ma che rappresenta comunque un momento utile a verificare ciò che la stessa magistratura pensa in ordine allo stato della giustizia da essa medesima amministrata.

Scorrendo i testi degli interventi in tale sede, dunque, è possibile verificare che, al principio dell’anno 2000, il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione commentava così lo stato della giustizia italiana nell’anno 1999, alla luce delle ripetute condanne riportate per violazione della CEDU:

«è una vicenda a dir poco avvilente, che segna la nostra storia giudiziaria con un marchio non molto dissimile da quello che – fatte le dovute differenze – fu Caporetto per la nostra storia militare».

Trascorsi sette anni, nell’anno 2007, il Primo Presidente della Corte si esprimeva così:

«di fronte al ripetersi, allarmato ed allarmante, di anno in anno, di dati che evidenziano le disfunzioni della giustizia, è legittimo chiedersi se ha ancora un significato questa pubblica solenne cerimonia, come, del resto, già alcuni si sono chiesti».

Cinque anni dopo, nell’anno 2012, il Primo Presidente, esaminati i dati statistici relativi alla giustizia civile nell’anno 2011, concludeva:

«il rilievo appare piuttosto scoraggiante, soprattutto se posto in relazione con le numerose condanne riportate dall’Italia per lesione del diritto alla definizione del processo entro un termine ragionevole».

Solo ad inizio 2013, lo stesso primo Presidente, nel commentare i dati relativi alla Giustizia Civile per l’anno 2012, accennava ad un lieve miglioramento dei risultati, facendo riferimento ad un decremento delle sopravvenienze (cioè delle domande giudiziali) di circa il -3,7% e precisando subito come:

«il sistema sconti ancora il pesante carico del cd. “arretrato”, che finora si è dimostrato una montagna insensibile alla pur costante e generosa attività di erosione posta in essere nei diversi programmi di gestione dai dirigenti, nel difficile quadro di rilevante riduzione del personale, sia per quanto riguarda i magistrati, sia per quanto riguarda il personale amministrativo, che senza dubbio influisce negativamente (e in modo considerevole) sulle potenzialità delle strutture organizzative».

La riduzione delle sopravvenienze del 3,7% non è un buon risultato

Insomma, vent’anni di continue riforme – e conseguenti ingentissimi costi occulti, economici, professionali, sociali ed umani che questo continuo ‘movimentismo legislativo’ ha portato con sé – sembrano aver partorito l’unico risultato di una deflazione dei procedimenti intrapresi pari al 3,7%, peraltro, a quanto pare, concentrato negli ultimi due anni (e dunque, con ogni probabilità, figlio della crisi economica).

Può, quest’ultimo, dirsi un buon risultato dopo vent’anni di continue riforme? Sicuramente no.

E può dirsi un buon metodo l’aver di fatto inciso solo sul lato della domanda di giustizia – scoraggiandola apertamente o surrettiziamente tramite l’introduzione di mediazioni obbligatorie, proposte conciliative ad ogni piè sospinto, tasse e balzelli di ogni genere, inammissibilità processuali draconiane, condanne punitive – pressoché ignorando, invece, il lato dell’offerta di giustizia, posto che il servizio prestato continua ad attestarsi da decenni sui medesimi livelli di inaccettabilità? Sicuramente no.

La motivazione a pagamento è davvero troppo

Ma ancora non basta, perché, a quanto si apprende dalle indiscrezioni di stampa con cui si è iniziato questo articolo sarebbe in arrivo un nuovo disegno di riforma. L’ennesimo, che, c’è da scommetterci, sarà ‘epocale’ almeno quanto gli altri.

Di tale d.d.l. si sa quel che è uscito sulla stampa e, dunque, se ne discuterà al momento opportuno. Tuttavia, non si può non riflettere sul contenuto del progetto denominato “Destinazione Italia“, che pare costituire la base del d.d.l. in questione e che, per quanto attiene alla Giustizia, oltre a prevedere «ulteriori limiti all’appello» (il che significa, di fatto, abolirlo), anticipa un’ulteriore misura che, almeno a parere di chi scrive, sconfina nell’onirico.

Si legge, infatti, a pag. 17 del documento “Destinazione Italia” in questione, che, al fine di «alleggerire i procedimenti», si intenderebbe «introdurre la motivazione scritta a richiesta delle parti , correlandola – per non svuotare di senso la previsione – alla dichiarazione della parte di voler impugnare la decisione, con conseguente pagamento del contributo unificato dell’impugnazione stessa».

Sembra, dunque, di capire che la parte in causa (cioè il cittadino che chiede Giustizia), per poter ottenere una sentenza vera (cioè una sentenza motivata, visto che la sentenza non motivata è una non-sentenza, come insegna la Costituzione), dovrà dichiarare di volerla impugnare prima che essa veda la luce e, cosa non secondaria, dovrà anche anticipare il contributo unificato dell’ipotetico gravame.

Francamente non si sa che dire dinanzi ad un’idea del genere, basata, com’è su basi costituzionalmente inesistenti (art. 111, 6° co., Cost.: «Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati») e per di più ispirata a criteri deflattivi puramente censuari (è ovvio che lo spauracchio dell’anticipazione del contributo unificato grava molto di più sul cittadino a misura che la sua capacità economica è minore).

O meglio, l’unica cosa che si può dire è che un’idea del genere è – in scienza e coscienza – davvero inaccettabile.

Se il buongiorno si vede dal mattino, dunque, stiamo per aggiungere un ennesimo provvedimento alla lunga lista che si è sopra ricapitolata, con l’aggravante che, stavolta, la prospettata ulteriore contrazione delle impugnazioni, unitamente alla ‘de-motivazione’ dei giudicati, porta con sé una virata obiettivamente pericolosa, verso scenari impossibili da condividere: e ciò, vuoi per i cittadini, vuoi per gli investitori esteri, categoria alla cui incentivazione e tutela il progetto ‘Destinazione Italia’ dichiaratamente si ispira.

Ed infatti, tanto i cittadini italiani quanto gli investitori esteri (quantomeno quelli che vengono da storie civili democratiche) esigono, sì, Giustizia in tempi rapidi e certi, ma esigono, pur sempre Giustizia.

Esigono, cioè, che vengano salvaguardati gli elementi connaturali ad ogni genere di Giustizia democratica; e cioè, tra gli altri, la possibilità di verificare in che modo si sia pervenuti alla decisione, tramite la lettura della motivazione di quest’ultima e la possibilità di asserire di non avere ottenuto Giustizia tramite l’impugnazione.

Potremo, dunque, discutere di tutto: di conciliazioni, di motivazioni concise, di forme snelle, di atti ‘magri’, di appelli più o meno filtrati, ma non potremo (e non dovremo) mai perdere di vista concetti che appartengono al DNA del sistema giuridico democratico.

 Speriamo che il legislatore ci rifletta.

(#lamotivazioneapagamentoèinaccettabile)

Documenti & materiali

Leggi l’ordine del giorno del Consiglio dei Ministri n. 40 del 13/12/2103
Consulta il documento “Destinazione Italia” on line
Scarica il documento “Destinazione Italia” in versione PDF

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Author: Avv. Luca Lucenti

Avvocato, nato a Pesaro il 20 ottobre 1961. Iscritto all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 1991. Abilitato al patrocinio dinanzi alle magistrature superiori dal 2004. Responsabile di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833

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