Contenuti
La problematica della costituzione telematica in giudizio è nota e – in estrema sintesi – si risolve nel rispondere al seguente quesito: posto che l’art. 16 bis, 1° co., D. L. 18/10/2012, n. 179, conv. in L. 17/12/2012, n. 221, consente, quantomeno testualmente, il deposito telematico degli atti processuali solo alle parti «precedentemente costituite», è o non è possibile ricorrere a tale modalità di deposito anche per gli atti introduttivi del giudizio, come, ad esempio, una comparsa di risposta, un ricorso ex art. 700 C.P.C., o un ricorso in materia di lavoro?
Gli orientamenti che si sono delineati
A tale quesito la giurisprudenza ha dato risposte oscillanti tra tre posizioni diverse:
- un primo orientamento (inizialmente prevalente, oggi scemante, ma non domo, come si vedrà appresso) afferma che, non essendo normativamente prevista la costituzione telematica in giudizio, non è possibile ricorrervi, con la conseguenza che gli atti introduttivi depositati telematicamente vanno dichiarati inammissibili;
- un secondo orientamento intermedio condiziona la possibilità di costituirsi telematicamente in giudizio all’esistenza del provvedimento tecnico/abilitativo emesso dal Direttore Generale SIA per il singolo Foro, a patto che esso autorizzi il deposito degli atti introduttivi (tale l’indirizzo che sembra sottostare anche al provvedimento assunto dal Presidente del Tribunale di Pesaro il 30/10/2014);
- un terzo orientamento, infine, opta per l’incondizionata possibilità di depositare telematicamente ogni atto del processo (atti introduttivi compresi) del tutto indipendentemente dall’esistenza dei provvedimenti tecnico/abilitativi appena citati.
Sul punto, si rinvia a quanto si è detto nei post del 12/09/2014, del 22/09/2014 e del 17/10/2014 (e, per quanto riguarda il Tribunale di Pesaro, in quelli del 21/10/2014, del 22/10/2014 e del 31/10/2014).
Aggiornamento giurisprudenziale: chi si pronuncia per l’ammissibilità…
In questo quadro, pare utile “rinfrescare” lo stato della giurisprudenza, aggiornando il quadro della stessa a fine gennaio 2015.
Va detto subito che – fortunatamente, e, peraltro, in sintonia con quanto chi scrive va da tempo sostenendo in merito – i giudici si stanno orientando in modo sempre più deciso e massiccio per l’incondizionata possibilità di costituirsi in via telematica, “senza se e senza ma”, per così dire.
Al di là del profilo prettamente tecnico, peraltro, si tratta di prendere atto di una circostanza di fatto basilare: il Palazzo di giustizia non è un megastore informatico e chi lavora al suo interno non ha la qualifica di tecnico del computer, ma di giurista.
Ripresa consapevolezza di ciò (consapevolezza che per un lungo periodo si è completamente perduta nei fumi dell’ebbrezza informatica), si può tornare a fare finalmente applicazione di elementari principi processuali, come quelli di libertà delle forme ex art. 121 C.P.C. e di sanatoria per raggiungimento dello scopo ex art. 156 C.P.C., allargando il respiro un po’ più in là delle sole norme dettate in materia di PCT (per la normativa rilevante in argomento si veda il post del 22/09/2014) e ponendo in tal modo rimedio alle non poche deviazioni formalistiche e sbrigative che si sono lette sul tema (e che, non dimentichiamolo mai, riflettono conseguenze pesantissime sulla vita concreta dei cittadini che si vedono negata la possibilità stessa del giudizio per una mera questione di bit).
Di seguito si riportano alcune sentenze in questo senso, emesse tra il luglio 2014 ed il gennaio 2015 (le massime non sono ufficiali e costituiscono una sintesi operata per agevolarne la lettura. Il testo integrale, peraltro, è disponibile cliccando sui relativi link sotto riportati, nonché nella sezione PCT del blog).
Trib. Roma, Sez. II, 24/01/2015
«Il deposito telematico in giudizio della comparsa di costituzione e risposta e dei documenti ad essa allegati è valido anche in mancanza del decreto abilitativo emesso dalla DGSIA ex art. 35 D.M. 21/02/2011, n. 44. Ciò a mente dell’art. 121 c.p.c. (principio di libertà delle forme), dell’art. 156 c.p.c. (salvezza dell’atto invalido per raggiungimento dello scopo) e del principio di tassatività delle invalidità processuali.
Nessuna norma processuale, infatti, ricollega la sanzione dell’inammissibilità all’ipotesi di irregolarità nel deposito telematico di atti giudiziari e la DGSIA è priva del potere di individuare il novero degli atti depositabili telematicamente, oppure la tipologia di procedimento rispetto alla quale esercitare la facoltà di deposito digitale.
Compete, dunque, unicamente al giudice, sulla base della normativa costituzionale, processuale e telematica, verificare l’idoneità del suddetto deposito al raggiungimento dello scopo cui è deputato».
Trib. Genova, Sez. Lav., ordinanza 01/12/2014
«Il deposito telematico in giudizio del ricorso introduttivo di un procedimento giuslavoristico è valido anche in mancanza del decreto abilitativo emesso dalla DGSIA ex art. 35 d.m. 21/02/2011, n. 44, fonte regolamentare subordinata che, in quanto tale, non può derogare alla normativa di rango sovraordinato che regola la materia e che prevede da tempo la possibilità di formare e trasmettere atti telematicamente (v. art. 15 l. 59/1997, art. 4 d.p.r. n. 123/2001, artt. 20, 21 e 45 d. lgs. n. 82/2005).
Peraltro, ad analoga conclusione si perviene in virtù dei principi di libertà delle forme (art. 121 c.p.c.), nonché in virtù del principio di salvezza dell’atto irregolare per raggiungimento dello scopo (art. 156 c.p.c.), sicuramente applicabile nella fattispecie, costituendo il vizio che affligge il deposito di un atto giudiziario una mera irregolarità».
Trib. Milano, Sez. IV, ordinanza 07/10/2014
«In assenza di una disposizione di legge che conferisca tale potere, non può essere demandata alla DGSIA la individuazione di quali atti possano o meno essere depositati in via telematica, ma occorre esclusivamente verificare se l’atto depositato telematicamente sia idoneo allo scopo per cui è destinato e se esiste nel nostro ordinamento una sanzione di carattere processuale per il deposito degli atti introduttivi e di costituzione nel giudizio.
Non esistendo alcuna norma che sanzioni con l’inammissibilità il deposito degli atti introduttivi in via telematica, se la costituzione per tale via del convenuto è conforme agli standard previsti (sottoscrizione con firma digitale dell’atto, regolare conferma della cancelleria in ordine all’avvenuto deposito, messa a disposizione del giudice e delle altre parti degli atti e documenti depositati), in virtù dei principi di libertà delle forme (art. 121 c.p.c.) e del raggiungimento dello scopo (art. 156 c.p.c.) la parte che si costituisca in via telematica non può essere in alcun modo sanzionata; e ciò a prescindere dalla esistenza o meno del decreto abilitativo DGSIA»
Trib. Brescia, Sez. Lav. ordinanza 07/10/2014
«Il deposito telematico della comparsa di costituzione del resistente in un procedimento giuslavoristico è valido anche in mancanza del decreto abilitativo emesso dalla DGSIA ex art. 35 D.M. 21 febbraio 2011, n. 44, alla luce del principio di libertà delle forme (art. 121 c.p.c.) ed avendo l’atto raggiunto il suo scopo a mente dell’art. 156 c.p.c.
In caso di deposito non rituale, infatti, la deviazione dallo schema legale deve essere valutata come una mera irregolarità, in quanto non è prevista dalla legge una nullità in correlazione a tale tipo di vizio: ne consegue che l’attestazione da parte del cancelliere del ricevimento degli atti e il loro inserimento nel fascicolo processuale integrano il raggiungimento dello scopo della presa di contatto tra la parte e l’ufficio giudiziario.
Inoltre, i provvedimenti abilitativi emessi, per ciascun foro, dalla DGSIA ex art. 35 D.M. 44/11 sono provvedimenti meramente tecnici, i quali non possono avere l’effetto di condizionare l’ammissibilità del deposito telematico degli atti introduttivi del giudizio, anche in considerazione del fatto che la decisione sulla validità del deposito involge questioni di natura processuale e non già di natura tecnica».
Trib. Bologna, Sez. Lav., ordinanza 16/07/2014
«Il deposito telematico in giudizio del ricorso introduttivo di un procedimento giuslavoristico è valido anche in mancanza del decreto abilitativo emesso dalla DGSIA ex art. 35 D.M. 21/02/2011, n. 44. Ciò a mente dell’art. 121 c.p.c. (principio di libertà delle forme), dell’art. 156 c.p.c. (salvezza dell’atto invalido per raggiungimento dello scopo) e del principio di tassatività delle invalidità processuali.
Nessuna norma processuale, infatti, ricollega la sanzione dell’inammissibilità all’ipotesi di irregolarità nel deposito telematico di atti giudiziari, né essa può desumersi dalla normativa tecnica del PCT, che, in quanto fonte subordinata alla legge, non può prevalere sul codice di rito».
E chi, invece, no
Per doverosa completezza, va dato atto che continua a resistere la tesi di chi di costituzione telematica proprio non ne vuol sapere.
Per una sintesi delle ragioni che inducono a ritenere del tutto privo di fondamento tale orientamento, si rinvia alla giurisprudenza che si è indicata al paragrafo precedente ed ai post che ivi si sono richiamati.
Di seguito si riportano, invece, le due pronunce (invero alquanto lapidarie) che, almeno a quanto consta, sono le uniche, in tempi recenti, ad inserirsi nel filone interpretativo qui in commento (il Tribunale di Torino, peraltro, in continuità con quanto già deciso in data 15/07/2014).
Trib. Lodi, Sez. Lav., ordinanza 05/11/2014
«Nessuna norma dell’ordinamento processuale consente il deposito in forma telematica dell’atto introduttivo del giudizio, con la conseguenza che – in mancanza del provvedimento abilitativo emanato ai sensi dell’art. 35 D.M.21.2.2011 n. 44 – esso dev’essere dichiarato inammissibile».
Trib. Torino, Sez. I, decreto 20/10/2014
«Nessuna norma dell’ordinamento processuale consente il deposito in forma telematica dell’atto introduttivo del giudizio, con la conseguenza che – in mancanza del provvedimento abilitativo emanato ai sensi dell’art. 35 D.M. 21.2.2011 n. 44 – esso dev’essere dichiarato inammissibile.
Peraltro, non possono neppure applicarsi i principi di libertà delle forme (art. 121 c.p.c.) e di salvezza dell’atto per raggiungimento dello scopo (art. 156 c.p.c.), in quanto il primo trova spazio solo in ipotesi residuali ove non sia stato previsto il rispetto di una determinata forma e non è, d’altro canto, possibile ricorrere al secondo di fronte ad un vizio genetico dell’atto relativo alla sua stessa costituzione materiale».
Lo psicodramma continua
Mentre, dunque, il problema della costituzione telematica sembra stare trovando una sua faticosa soluzione, imperversa oggi – ultima in ordine di tempo – la discussione in merito alle conseguenze dell’entrata in vigore del DPCM 13/11/2014, con i paventati rischi di nullità di autentiche e notificazioni (e non solo, c’è, in realtà, ben di più. Sono gli stessi atti a essere a “rischio”). Si tratta di una problematica sulla quale ci intratterremo presto, ma che confidiamo assumerà quanto prima le sue corrette proporzioni, non appena subentrerà negli interpreti la consapevolezza del proprio ruolo, come accaduto per la problematica esposta al paragrafo precedente.
Ma lo psicodramma continua: interruzioni del servizio e possibilità di essere rimessi in termini, notifiche degli atti introduttivi innanzi al TAR (vedi post del 9/2/2015), che succede se la ricevuta di consegna arriva dopo la mezzanotte perché il sistema è sovraccarico e chi più ne ha, più ne metta.
Che dire? “Io speriamo che me la cavo…..”
Documenti & materiali
scarica Trib. Roma, Sez. II, 24/01/2015
scarica Trib. Genova, Sez. Lav., ordinanza 01/12/2014
scarica Trib. Milano, Sez. IV, ordinanza 13/10/2014
scarica Trib. Brescia, Sez. Lav., ordinanza 07/10/2014
scarica Trib. Bologna, Sez. Lav., ordinanza 16/07/2014
scarica Trib. Lodi, Sez. Lav., ordinanza 05/11/2014
scarica Trib. Torino, Sez. I, decreto 20/10/2014