PCT: copie, autentiche e notifiche – 1. Definizioni Prima parte dell'articolo

By | 27/04/2015

Prima dell’era telematica, estrarre una copia di un atto da un fascicolo processuale, era, come tutti sappiamo, un adempimento piuttosto semplice, se non elementare.

Ci si recava in cancelleria, si prenotava la copia, informe o autentica che fosse. Quantomeno sino all’intervento del contributo unificato, vi si appiccicavano lenzuolate di bolli multicolori (“angeli sull’originale, bilance sulla copia”: chi lo rammenta?). Infine la si ritirava, immediatamente o meno, a seconda che la richiesta fosse stata inoltrata con urgenza  o meno (e/o a seconda delle disponibilità di cancelleria).

In tempi di PCT, invece, lo stesso adempimento (specie se accompagnato dall’autentica e se finalizzato alla notifica) è divenuto più complesso e richiede un certo grado di attenzione e tecnicismo giuri-informatico, se non altro per evitare di incappare nelle trappole micidiali che solo le questioni formali sono capaci di approntare.

E, a questo scopo, la prima cosa da fare è partire dalle definizioni.

L’importanza delle definizioni

Ci sono nozioni che ad un operatore pratico del diritto sembrano banali e scontate, come, ad esempio, quelle di fascicolo, di documento e di copia.

Al di là del loro rilievo giuridico (ad esempio nel Codice Civile, o nel Codice di Procedura Civile, o nella Legge Notarile), infatti, a nessuno viene seriamente in mente di dubitare della definizione ontologico/fisica di un fascicolo, di un documento o di una copia, trattandosi di oggetti che tutti abbiamo quotidianamente sotto gli occhi, dotati di propria materialità e caratteristiche che li rendono perfettamente identificabili nella loro unicità concettuale e materiale.

Non accade altrettanto, invece, quando, dal mondo della carta si passa a quello dei bit, ovverosia ad un panorama dove gli oggetti si dematerializzano perdendo in tal modo quella intuitività fisica capace di renderli immediatamente percepibili da chiunque, al di là della loro definizione e/o, comunque, della loro regolamentazione giuridica.

In altre parole, cioè, se tutti conosciamo un fascicolo d’ufficio, il suo equivalente informatico che cos’è? E se tutti sappiamo cosa è un documento, un originale e una copia, non è altrettanto intuitivo capire cosa sono, come sono formati e che caratteristiche hanno i loro omologhi digitalizzati.

Ecco, dunque, che, alla mancanza di quella percezione immediata ed intuitiva che caratterizzava il rapporto operativo con la carta, deve necessariamente sopperire, da un lato, la tecnica informatica (che individua le caratteristiche identitarie dei nuovi ‘oggetti informatici’) e, dall’altro, la norma giuridica che, facendo propria la regola tecnica, crea una nuova categoria giuridica “digitale” corrispondente a quella cartacea.

Ne deriva che, nel mondo dei bit, la portata della definizione tecnico/normativa è cruciale, molto più, almeno a parere di chi scrive, di quanto non lo fosse nell’universo cartaceo che ci stiamo lasciando alle spalle, dove ad eventuali carenze di sistema poteva sopperire l’esperienza sensoriale.

Dunque, prima di avventurarci a trattare l’argomento “copie, autentiche e notifiche” (oggetto primario del presente articolo) è bene spendere qualche parola in ordine alle definizioni di “fascicolo”, “documento” e “copia/duplicato” informatici: questione che, come si vedrà, riserva qualche complicazione.

Le fonti

Le fonti principali delle definizioni di cui ci stiamo occupando sono, oltre al Codice Civile che non ha ovviamente perso rilievo, essenzialmente le seguenti:

Il fascicolo informatico (e quello cartaceo)

Ciò premesso, la prima definizione informatica (e anche la più semplice) che sembra opportuno affrontare è quella di “fascicolo informatico”, stabilendo cosa sia il corrispondente  elettronico di quell’insieme di atti e documenti processuali cartacei raggruppati in cartelle variamente colorate recanti in copertina gli estremi identificativi del procedimento (come RG, parti, udienze etc,), con cui tutti abbiamo sino ad ora avuto a che fare.

Svolge tale compito l’art. 2, 1° co., lett. h  D.M. 44/2011, secondo il quale il fascicolo informatico è la

versione informatica del fascicolo d’ufficio, contenente gli atti del processo come documenti informatici, oppure le copie informatiche dei medesimi atti, qualora siano stati depositati su supporto cartaceo, ai sensi del codice dell’amministrazione digitale.

Così stando le cose, va anche subito aggiunto che l’aver concepito e dotato di rilevanza giuridica la nozione di fascicolo informatico non ha ovviamente tolto alcun rilievo alla figura del suo predecessore cartaceo, che continua ad esistere parallelamente al primo (si pensi, solo per fare qualche esempio, ai procedimenti nati cartacei e divenuti digitali solo strada facendo; o a quelli che, pur nati nell’era della telematica obbligatoria, abbiano visto costituzioni in giudizio delle parti svolte in modo tradizionale etc.).

Ne deriva che si delineano due nozioni distinte di fascicolo: il fascicolo informatico e il fascicolo cartaceo.

Il che, si badi, non resta senza rilievo giuridico diretto, come si vedrà quando si tratterà della possibilità di autentica degli atti del giudizio da parte degli avvocati.

Il documento informatico (e quello cartaceo)

Passando ora ad affrontare il punto relativo alla definizione di “documento informatico” – cioè a dire di una delle componenti di quel «fascicolo informatico» che si è appena descritto – vale la pena ripetere da subito la constatazione con cui si è terminata tale descrizione.

Come nel caso del fascicolo informatico, infatti, anche in quello del documento informatico si deve tenere presente che, se la digitalizzazione ha traslato nel mondo dei bit gran parte della preesistente carta, non ne ha certo eliminato esistenza e rilevanza (si pensi, ad esempio, a tutti i casi è necessario stampare il verbale d’udienza, agli atti preesistenti, alle costituzioni in giudizio cartacee, etc.).

Ne deriva dunque che l’avvento della digitalizzazione ha duplicato anche la nozione di “documento”,  potendosi avere:

I diversi tipi di copia

Definiti fascicolo e documento, non resta che vedere cosa sia una “copia informatica”.

Come si è premesso all’inizio del presente articolo, nel mondo cartaceo cui siamo sino ad ora stati abituati ad operare, una copia era una copia. Poteva essere una copia semplice, autentica, munita di formula etc., ma restava pur sempre quello che era: una riproduzione cartacea, di un originale altrettanto cartaceo, entrambi dotati di propria specifica fisicità/individualità.

Nel mondo informatico, invece, le cose stanno diversamente, dovendosi distinguere, in base a diverse fonti normative, tra differenti tipologie di riproduzioni di uno stesso documento.

Il che, essenzialmente, dipende dal fatto che quest’ultimo  è “dematerializzato”, ovverosia rappresenta la risultante di unità informatiche/elettroniche elementari, dette “bit”, variamente combinate tra loro, neutre rispetto al contenuto dell’atto di cui sono parti costituenti, oltre che indefinitamente replicabili con la medesima sequenza senza perderne in originalità.

In altre parole, nel mondo informatico il documento “originale” è privo della caratteristica dell’unicità, tipica del modello cartaceo e, corrispondentemente, anche lo stesso concetto di “copia” – centrale in quel mondo – ne esce frammentato in diverse sottospecie, a seconda del rapporto che lega i “bit” della “copia” con quelli del documento “originale”.

Si moltiplicano, così, anche le tipologie di copia, in funzione vuoi del diverso tipo di supporto (informatico o cartaceo) di “partenza”, vuoi del diverso tipo di strumento utilizzato per riprodurne i contenuti (trascrizioni, fotocopie, riproduzioni per immagine, come le scansioni etc.), vuoi del diverso tipo di supporto (informatico o cartaceo) di “arrivo”.

Così, in tesi generale (e del tutto a prescindere da problematiche relative all’autentica ed alla successiva notifica delle copie medesime, di cui ci si occuperà in seguito), si potranno ipotizzare diverse categorie, come le seguenti.

Copie “da carta a carta”

Si tratta delle ipotesi in cui documento originale e copia sono entrambi cartacei. Nell’ambito di questa categoria possono individuarsi:

  • copie “da carta-a carta”, ottenute tramite riscrittura di un documento originale cartaceo su di un altro originale cartaceo, che sarà, pertanto, identico al primo nel contenuto, ma non nella forma (è il caso di cui agli artt. 2714 e ss. C.C.);
  • copie “da carta-a carta”, ottenute per riproduzione fotografica (o comunque meccanica) del documento originale cartaceo su altro documento cartaceo: è il caso classico della fotocopia, che risulterà identica per forma e contenuto all’originale, pur avendo una propria autonoma fisicità ed autonomia rispetto a quest’ultimo  (artt.  2712 e 2719 C.C.).

Copie “da carta a bit”

E l’ipotesi in cui il documento originale è cartaceo e la copia, invece, è informatica. A seconda dalle metodologia utilizzata per procedere all’operazione è possibile distinguere:
  • copie “da carta a bit”, ottenute mediante la trascrizione del contenuto di un documento cartaceo in un file: il documento, dunque, “parte” cartaceo e diviene informatico tramite l’operazione di riscrittura. La risultante è un file, identico nel contenuto, ma ovviamente non nella forma, al documento di partenza (v. art. 1, lett. i-bis del CAD e art. 2712 C.C.);
  • copie “da carta a bit”, ottenute estraendo copia per immagine di un documento cartaceo in formato che ne consente la sua ubicazione su supporto informatico: è il caso classico della scansione, in cui il documento “parte” cartaceo, e diviene informatico tramite la sua digitalizzazione, trasformandosi in un file di tipo .pdf (o .jpeg e simili). In questo caso la risultante è un file identico al documento di partenza, non solo nel contenuto, ma anche nella forma, essendone null’altro che una “fotocopia elettronica” (v. art. 1, lett. i-ter del CAD, ma anche, per quel che concerne specificamente gli avvocati, l’art 3-bis, 2° co., L. 21/01/1994, n. 53).

Copie “da bit a bit”

In questo caso originale e copia sono entrambi informatici. E’ possibile distinguere:

    • copie “da bit a bit” in senso stretto, cioè copie informatiche, in cui il file originale viene replicato in un altro file integrato/modificato in modo tale che la sequenza di bit di cui è composto il file originale e quella del file copia non coincidono. Si pensi al caso del decreto ingiuntivo telematico emesso dal giudice, cui vengono aggiunti il dati in “in blu” relativi al numero di ruolo, repertorio etc. Il provvedimento-file risultante è identico nel contenuto al provvedimento-file originale, ma presenta, in più alcuni dati che ne variano la struttura elettronica (v. art. 1, lett. i-quater del CAD);
    • copia “identiche bit-a-bit”, cioè duplicati informatici, che sono la risultante processo di riproduzione completamente informatico, svolto  in modo tale che la struttura “digitale” di file-originale e file-copia siano tra loro identiche (art. 1, lett. i-quinquies del CAD).

Copie “da bit a carta”

In quest’ultima ipotesi, il documento originale è informatico e diviene cartaceo tramite la stampa, come appare consentito (quantomeno nell’ambito del fascicolo informatico, come si vedrà) dall’art. art. 16-bis, comma 9-bis D.L. 179/2012 (oltre che dall’art. 23 del CAD).

L’autentica delle copie

Si veda la seconda parte dell’articolo di prossima pubblicazione.

Nota di richiami

La seconda parte dell’articolo è stata pubblicata il 07/05/2015.

La terza parte dell’articolo è stata pubblicata il 13/05/2015.

La quarta parte dell’articolo è stata pubblicata il 28/05/2015.

La quinta parte dell’articolo è stata pubblicata il 05/06/2015

Print Friendly, PDF & Email

Author: Avv. Luca Lucenti

Avvocato, nato a Pesaro il 20 ottobre 1961. Iscritto all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 1991. Abilitato al patrocinio dinanzi alle magistrature superiori dal 2004. Responsabile di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.