Autentica di copia di allegati alla PEC della cancelleria: una decisione della Suprema Corte Cass. Civ., Sez. VI, 22/02/2016, n. 3386

By | 07/03/2016

La Suprema Corte con una recentissima ordinanza (Cass. Civ., Sez. VI, 22/02/2016, n. 3386) ha preso espressa posizione su un tema particolare in materia di PCT: la possibilità per il difensore di autenticare le copie dei provvedimenti allegati alla comunicazione PEC della cancelleria ex art. 16, 4° co., D.L. 179/2012, conv. in L. 221/2012.

Si tratta di un precedente di sicuro interesse nella magmatica materia processual-telematica, sicuramente condivisibile nelle sue conclusioni, ma – almeno a parere di chi scrive – non perfettamente lineare nella sua motivazione.

Il caso

In un giudizio dinanzi al Tribunale viene emessa un’ordinanza dichiarativa di incompetenza territoriale.

Il provvedimento viene comunicato via PEC alle parti in causa dalla cancelleria a mente dell’art. 16, 4° co., D.L. 179/2012 cit. e una di esse propone regolamento di competenza dinanzi alla Suprema Corte.

Nel farlo allega, quale copia autentica del provvedimento impugnato, copia del file estratto dalla comunicazione di cancelleria pervenutagli a mezzo PEC, autenticato ai sensi «dell’art. 52 D.L. 90/2014» (i.e. ai sensi dell’art. 16-bis, comma 9-bis D.L. 179/2012, introdotto da tale disposizione).

Giunto il regolamento di competenza al momento della decisione, la Corte, prima di affrontare il merito della questione, si pone – a quanto è dato capire, ex officioil problema della procedibilità del ricorso in presenza di una copia del provvedimento impugnato autenticata dal difensore previa estrazione di essa dall’allegato alla PEC inviato dalla cancelleria e non dall’originale presente nel fascicolo informatico.

La decisione

La Suprema Corte giudica valida l’allegazione della copia autentica dell’ordinanza impugnata con le modalità dianzi indicate (e, conseguentemente, dichiara procedibile il ricorso) con una motivazione i cui snodi principali sono i seguenti:

1. l’autentica effettuata dal ricorrente in calce alla copia dell’ordinanza impugnata è irrituale ex art. 16-bis, comma 9-bis, D.L. 179/2012, secondo periodo (che consente al difensore, al consulente tecnico, al curatore, al commissario giudiziale, al professionista delegato ed ai dipendenti che rappresentano la P.A. di estrarre copie di atti e provvedimenti originali presenti nel fascicolo informatico), stante il fatto che, nella specie, il difensore

«non ha provveduto ad estrarre con modalità telematica la copia dal fascicolo informatico, ma ha reso l’attestazione sulla copia comunicatagli a mezzo PEC, che essa sì era estratta dal detto fascicolo, ma da parte del cancelliere»;

2. tuttavia – osserva altresì la Corte – va tenuto presente che, secondo il disposto del citato art.16-bis, comma 9-bis, primo periodo, D.L. 179/2012

«le copie informatiche, anche per immagine di atti processuali di parte e degli ausiliari del giudice, nonché dei provvedimenti di quest’ultimo presenti nei fascicoli informatici o trasmessi in allegato alle comunicazioni telematiche dei procedimenti indicati nel presente articolo, equivalgono all’originale anche se prive della firma digitale del cancelliere di attestazione di conformità all’originale»;

3. ne deriva, sempre seguendo il filo della decisione in rassegna, che la copia del provvedimento impugnato tratta dall’esemplare informatico allegato alla comunicazione PEC di cancelleria

«deve reputarsi equivalente all’originale presente nel fascicolo informatico, tenuto conto che la comunicazione con cui è stata trasmessa reca tutti gli indici di individuazione della sua estrazione»

e che l’irrituale autentica da parte dell’avvocato, pure nella specie avvenuta,

«è del tutto priva di rilievo, giacché, come s’è detto, la copia trasmessa a mezzo PEC dalla cancelleria (…) equivale all’originale e, dunque, può considerarsi una copia autentica».

In altre parole, dunque, a quanto è dato capire, secondo l’ordinanza in commento, estrarre la copia autentica di un provvedimento giudiziale allegato alla PEC della cancelleria che lo contiene a fini comunicativi non si può, ex art. 16-bis, comma 9-bis, D.L. 179/2012, secondo periodo, ma ciò resta senza segno, posto che il documento in questione è comunque un documento equivalente all’originale ex art. 16-bis, comma 9-bis, primo periodo, D.L. 179/2012, sopra citato.

Qualche riflessione

La decisione sopra riassunta si connota per il suo taglio pragmatico, che pare inteso a far prevalere il dato sostanziale (mancanza di qualsiasi dubbio circa la natura ed il contenuto della copia del provvedimento impugnato depositata a corredo del ricorso, oltre che circa la  provenienza della stessa dal fascicolo informatico del giudizio a quo) su quello formale (irritualità dell’estrazione di copia autentica da parte del difensore).

Essa, dunque, merita sicuro apprezzamento, anche solo per tale ragione.

Qualche perplessità, tuttavia, sorge relativamente all’iter motivazionale seguito dalla Corte nel pervenire alla propria conclusione.

Il primo periodo del comma 9-bis è davvero applicabile?

Va, in merito, premesso che, per le caratteristiche del processo dinanzi alla Suprema Corte, il ricorrente di specie ha depositato copia cartacea e non informatica dell’ordinanza impugnata da egli previamente estratta dall’allegato alla comunicazione via PEC della cancelleria.

Dunque, posto che l’art. 16-bis, comma 9-bis, primo periodo, D.L. 179/2012 sancisce la regola dell’equivalenza all’originale delle «copie informatiche» di atti e provvedimenti presenti nel fascicolo informatico o allegati alle comunicazioni di cancelleria, tale equivalenza non sembra potersi estendere al caso in esame, in cui il ricorrente, si ripete, ha proceduto al deposito di una copia cartacea del provvedimento impugnato (peraltro alterandola rispetto all’originale, mediante apposizione – giudicata irrituale – dell’autentica) e non una copia informatica dello stesso.

E se così è, dunque, sembra derivarne l’elisione dell’effetto in qualche modo “sanante” attribuito dalla Corte proprio a tale equivalenza tra copia allegata alla PEC di cancelleria e originale del provvedimento impugnato presente nel fascicolo informatico.

Come si ricorderà, infatti, la Corte, nel caso di specie, premessa l’irritualità della produzione della copia autentica del provvedimento impugnato da parte del ricorrente, aveva tuttavia “sanato” la conseguente improcedibilità del ricorso proprio facendo leva sul principio di equivalenza tra  copia prodotta e originale, deducendola dal più volte citato articolo 16-bis, comma 9-bis, primo periodo, D.L. 179/2012.

Ma se la tale equivalenza nella specie non si verifica – come in effetti sembra non verificarsi alla luce di quanto si è appena esposto – non si verifica neppure l’effetto “sanante” ad essa ricollegato e si ripropone, per converso, il problema della improcedibilità del ricorso, stante l’irritualità della produzione della copia del provvedimento impugnato apertamente dichiarata dall’ordinanza in commento.

Vero ciò, tuttavia, poiché la conclusione tratta dalla S.C. nel caso in esame è una conclusione giusta, vale la pena di verificare la percorribilità di strade diverse per potervi comunque pervenire.

Il difensore può estrarre copia di atti allegati alla PEC di cancelleria?

Una di tali strade, a parere di chi scrive, può essere quella di scomporre la questione in esame nei suoi elementi costitutivi, verificando, cioè, in prima battuta, se il ricorrente del caso di specie fosse o meno munito del potere di estrarre copia del provvedimento impugnato dall’allegato alla PEC di cancelleria e, in seconda battuta, se il predetto ricorrente potesse altresì procedere alla sua autentica.

Sotto il primo profilo, la norma di riferimento è costituita dal secondo periodo dell’art. 16-bis, comma 9-bis, D.L. 179/2012, che, nell’attribuire al difensore la possibilità di estrarre «estrarre con modalità telematiche duplicati, copie analogiche o informatiche» di atti e provvedimenti, si riferisce agli atti e provvedimenti «di cui al periodo precedente» (cioè il primo periodo) della medesima disposizione.

Posto, dunque, che tale primo periodo dell’art. 16-bis, comma 9-bis, D.L. 179/2012  fa riferimento sia agli atti e provvedimenti «presenti nei fascicoli informatici», sia agli atti e provvedimenti «trasmessi in allegato alle comunicazioni telematiche», ne viene che il difensore è munito della possibilità di estrarre duplicati o copie, sia cartacee, che informatiche, anche di quanto gli venga comunicato via PEC dalla cancelleria.

Per tale ragione, sembra venire meno l’argomento della Corte, secondo cui, come si ricorderà, al difensore era stato rimproverato di non aver «provveduto ad estrarre con modalità telematica la copia del fascicolo informatico», ma di aver utilizzato un documento estratto dal fascicolo informatico «da parte del cancelliere». E ciò in quanto quel difensore, come si è sopra osservato, poteva in effetti estrarre copia – anche cartacea, come accaduto nella specie – dall’allegato alla PEC inviatagli dalla cancelleria.

Il difensore può anche autenticare la copia estratta?

Il che sposta l’attenzione verso il secondo elemento del problema: premesso, infatti, che il difensore poteva effettivamente estrarre copia cartacea del provvedimento impugnato dall’esemplare dello stesso contenuta nella PEC di cancelleria, poteva egli anche autenticarla?

Per rispondere a tale distinta domanda occorre premettere che l’art. 16-bis, comma 9-bis, D.L. 179/2012, disposizione cardine dell’intero ragionamento che si sta qui svolgendo, è stata da ultimo oggetto di riforma ad opera dell’art. 19 D.L. 83/2015, conv. in L. 132/2015.

Quest’ultima disposizione ha inciso sul primo periodo dell’art. 16-bis, comma 9-bis, D.L. 179/2012 sancendo l’equivalenza all’originale delle copie di atti e provvedimenti  allegate alle comunicazioni via PEC di cancelleria (oltre che di quelli «presenti nei fascicoli informatici» orginariamente contemplati dalla norma), senza, tuttavia, intervenire sul secondo periodo di essa.

Con il risultato che tale secondo periodo continua tuttora ad attribuire al difensore (ed agli altri soggetti previsti in tale disposizione) il potere di  «attestare la conformità delle copie estratte» unicamente «ai corrispondenti atti contenuti nel fascicolo informatico», con esclusione, dunque – quantomeno testuale – di quelli allegati alle comunicazioni via PEC della cancelleria.

Dunque, poiché il provvedimento allegato alla PEC di cancelleria da un punto di vista tecnico non  è contenuto nel fascicolo informatico, a stretto rigore si potrebbe concludere (e alcuni commentatori, in realtà, hanno concluso) in senso dubitativo in ordine alla sussistenza dell’effettiva possibilità di procedere all’autentica di atti/provvedimenti in tal modo comunicati.1

Per tornare al caso di specie, quindi, se, come si è visto al paragrafo precedente, il difensore poteva effettivamente estrarre copia del provvedimento comunicatogli via PEC, sembrerebbe doversi, viceversa, concludere negativamente sul punto della possibilità di autenticare tale copia.

Una proposta interpretativa diversa

Posto quanto sopra, a chi scrive pare che non essendo seriamente dubitabile che l’atto inviato via PEC dalla cancelleria a fini comunicativi faccia parte del fascicolo informatico del relativo procedimento e considerando, inoltre, che al difensore è espressamente riconosciuta, per le ragioni esposte, la possibilità di estrarne copia, risulti di fatto conforme al buon senso ritenere che tale copia possa indi anche essere da egli autenticata: conclusione cui può pervenirsi attraverso una lettura più elastica dei primi due periodi dell’art. 16-bis, comma 9-bis, D.L. 179/2012.

Come si è già visto, infatti, il primo periodo della disposizione appena citata stabilisce l’equivalenza all’originale delle copie degli atti e provvedimenti «trasmessi in allegato alle comunicazioni telematiche».

Ora, poiché l’originale di un determinato atto/provvedimento pertinente ad un procedimento telematicamente incardinato è – salvo casi eccezionali – sicuramente contenuto nel relativo fascicolo informatico, la copia informatica di tale atto/provvedimento allegata alla PEC di cancelleria, essendo “equivalente” a detto originale dovrà esserlo anche sotto tale profilo, dovendosi, dunque, considerare anch’essa contenuta nel fascicolo informatico.

Si dirà che ciò tecnicamente non è. Ma l’ostacolo, a ben vedere, non è insuperabile, riflettendo sul fatto che la relazione di equivalenza tra originale di un determinato atto/provvedimento e l’esemplare di esso allegato alla PEC di cancelleria è una relazione di ordine formale tra i due elementi posta dalla legge (art. 16-bis, comma 9-bis, primo periodo D.L. 179/2012) in modo del tutto indipendente dal dato tecnico.

Il che rende possibile considerare la copia allegata alla PEC inviata dalla cancelleria come contenuta nel fascicolo informatico al pari dell’originale cui equivale ex lege, in considerazione del fatto che la sopra menzionata relazione di equivalenza è una relazione valevole per tutte le caratteristiche costitutive dei due elementi che ne sono parte (i.e. originale/esemplare allegato alla PEC) e per ciascuna di tali caratteristiche costitutive, ivi compresa, dunque, quella della “appartenenza” al fascicolo informatico.

Se così è, pertanto, cade ogni limite alla potestà di autentica da parte del difensore anche con riferimento agli atti allegati alle comunicazioni tramite PEC.

Infatti, se è vero che il secondo periodo dell’art. 16-bis, comma 9-bis, D.L. 179/2012  attribuisce al difensore (ed agli altri soggetti previsti in tale disposizione) il potere di  «attestare la conformità delle copie estratte ai corrispondenti atti contenuti nel fascicolo informatico», allora anche le copie degli atti allegati alla PEC di cancelleria potranno essere comunque essere certificate conformi dal medesimo difensore, posto che tali allegati, per le ragioni appena esposte, devono anch’essi considerarsi «contenuti nel fascicolo informatico».

Documenti & materiali

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1 V., ad es., M. Reale, «Il processo civile telematico dopo la conversione in legge del D.L. 83/2015», in «il Quotidiano Giuridico», Wolters Kluwer, 07/08/2015

Author: Avv. Luca Lucenti

Avvocato, nato a Pesaro il 20 ottobre 1961. Iscritto all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 1991. Abilitato al patrocinio dinanzi alle magistrature superiori dal 2004. Responsabile di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833

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