Le novità del decreto Giovannini-Letta sul contratto di lavoro a progetto: più critiche che consensi?


Il 22 agosto scorso è stata pubblicata in G.U. la Legge n. 99/2013 di conversione del cd. ‘decreto lavoro’ (D.L. 76/2013) che, tra le misure adottate in tema di occupazione giovanile, interviene anche a modifica del lavoro a progetto (Co.co.Pro), ormai l’unico schema contrattuale entro cui ricondurre i vecchi contratti di collaborazione coordinata e continuativa (Co.co.Co).

La rifoma precedente (L. 92/2012, Legge Fornero), al fine di limitare i possibili abusi dell’utilizzo di questo schema contrattuale per dissimulare rapporti di lavoro subordinato, aveva stretto le maglie dell’oggetto del contratto legandolo all’elemento imprescindibile di uno ‘specifico progetto’, che deve oggi risultare chiaramente descritto e non più solo indicato, con l’eliminazione di qualsivoglia riferimento a programma di lavoro o a fasi di esso e con l’introduzione di una norma di chiusura che esclude che il progetto possa essere una mera riproposizione dell’oggetto sociale della committente.

Oggi, invece, il decreto-lavoro sembra allargare le ipotesi consentite,  laddove limita le ipotesi vietate a quelle che attribuiscono al lavoratore compiti che siano contemporaneamente ‘esecutivi e ripetitivi’: questa la nuova formulazione dell’art. 61, comma 1, d.lgs. 276/2003, in luogo della precedente che prevedeva che il progetto non può comportare lo svolgimento di compiti ‘esecutivi o ripetitivi’ (con la sostituzione dell’avversativa ‘o’ con la congiunzione ‘e’).

A distanza di dieci anni dalla Legge Biagi, il legislatore oggi sembra voler ‘ammorbidire’ e rendere più elastico questo istituto che stava divenendo troppo rigido e dunque di diifficile applicazione.

Per completezza, tra le altre importanti novità spiccano inoltre:

        la forma del contratto di lavoro a progetto: il nuovo art. 62, 1° comma, d.lgs. 276/2003 prevede che tutti gli elementi necessari del contratto ivi elencati (quali il requisito del progetto, il corrispettivo per il collaboratore, l’esercizio del diritto di recesso, etc.) debbano essere indicati in forma scritta sotto pena di nullità del contratto e, dunque, sono oggi richiesti ad substantiam e non più solo ad probationem;

         l’estensione anche ai contratti di lavoro a progetto della tutela prevista  nella disciplina dei rapporto di lavoro subordinato in caso di dimissioni ‘in bianco’ (a titolo esemplificativo, la convalida delle dimissioni della lavoratrice-madre).

Per approfondimenti sull’argomento: ecco il link per visualizzare un interessante video offerto dal Sole 24 ore  ed il link per visualizzare la Circolare n. 35 Ministero Lavoro che offre alcuni importanti chiarimenti interpretativi

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Author: Avv. Francesca Serretti Gattoni

Avvocato, nata a Pesaro il 24 febbraio 1982. Iscritta all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 2010. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione lavoro di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833

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