Nessuno tocchi il mio Fido: finalmente è legge l’impignorabilità assoluta degli animali da affezione Modificato l'art. 514 C.P.C. dall'art. 77 della L. 221/2015


In più occasioni (v. articoli del 23/12/2013 e 07/11/2013) ci siamo soffermati sul particolare legame intercorrente tra uomo e animale di affezione e, di come il nostro ordinamento, sia a livello normativo che giurisprudenziale, riconosca e tuteli tale legame, talvolta anche in termini non esattamente adeguati al valore che la maggior parte delle persone attribuisce a tale rapporto.

A partire dal 2 febbraio scorso, la normativa riguardante gli animali da affezione si è arrichita di un’importante novità: l’inserimento degli animali da affezione tra i beni del debitore assolutamente non pignorabili previsti dal codice di rito.

La legge n. 221 del 28/12/2015, pubblicata in G.U. n. 13 del 18/1/2016, ha, infatti, modificato proprio l’art. 514 C.P.C. riguardante le cose mobili assolutamente impignorabili, aggiungendo dopo il numero 6) i numeri 6-bis) e 6-ter).

Pertanto, dallo scorso 2 febbraio – data di entrata in vigore della L. 221/2015 – non si possono più pignorare:

6-bis) gli animali di affezione o da compagnia tenuti presso la casa del debitore o negli altri luoghi a lui appartenenti, senza fini produttivi, alimentari o commerciali;
6-ter) gli animali impiegati ai fini terapeutici o di assistenza del debitore, del coniuge, del convivente o dei figli.

Quali sono gli animali di affezione e da compagnia?

Ma quali sono gli animali da affezione ai fini della norma in questione? La stessa legge 221/2015 nulla dice al riguardo e, pertanto, la definizione va desunta dalle altre leggi allo stato esistenti in materia.

La legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo, L. 281/1991, fa riferimento solo a cani e gatti.
Nell’accordo 6 febbraio 2003 tra il Ministero della Salute, le Regioni, le province autonome di Trento e Bolzano, in materia di “benessere degli animali da compagnia e Pet Therapy”, recepito con DPCM 28/02/2003,  si ricava, invece, la definizione di ‘animale da compagnia’ dal seguente tenore:

«animale da compagnia»: ogni animale tenuto, o destinato ad essere tenuto, dall’uomo, per compagnia o affezione senza fini produttivi od alimentari, compresi quelli che svolgono attività utili all’uomo, come il cane per disabili, gli animali da pet-therapy, da riabilitazione, e impiegati nella pubblicità. Gli animali selvatici non sono considerati animali da compagnia;

Più recentemente e a livello europeo, si rinviene analoga definizione all’interno del Regolamento CE 576/2013, secondo il quale animale da compagnia è

un animale di una specie elencata nell’allegato I che accompagna il suo proprietario o una persona autorizzata durante un movimento a carattere non commerciale e che rimane sotto la responsabilità del proprietario o della persona autorizzata per tutta la durata del movimento a carattere non commerciale

In sostanza, animali da compagnia secondo l’allegato I del citato regolamento sono: cani, gatti, furetti ed, inoltre, gli invertebrati (escluse le api, molluschi e crostacei) ed ancora, seppure con qualche eccezione come indicato nel predetto allegato, gli animali acquatici ornamentali, anfibi, rettili, uccelli, roditori e conigli.

Da ultimo, ma non certo per importanza, ricordiamo che il TRATTATO DI LISBONA ha definito gli animali in termini di «esseri senzienti», ovvero esseri capaci di sentire e non delle semplici cose.

Animali da affezione = cose mobili. Un passo avanti o indietro?

L’inserimento degli animali da affezione tra le cose assolutamente impignorabili potrebbe sembrare, dunque, un passo indietro, rispetto a quanto suo tempo indicato dal Trattato di Lisbona. E ciò, in termini concettuali e filosofici può essere senz’altro vero: essere definiti come esseri viventi capaci di sentire o, al contrario, essere relegati al rango di cose mobili, seppure di particolare valore affettivo per il proprietario, non è di certo la stessa cosa.
Tuttavia, al di là delle considerazioni filosofiche di fondo non si può che apprezzare la novità legislativa.

In primo luogo, infatti, nel nostro ordinamento, al di là di quanto altrove espresso, gli animali sono sempre stati considerati delle cose mobili e come tali, fino ad ora, suscettibili di pignoramento da parte dei creditori del proprietario. E’ indubbio, infatti, che l’animale da affezione appartiene al padrone. Ques’ultimo, oltre a prendersene cura, se ne assume anche tutti gli obblighi e le responsabilità. Si pensi ad esempio all’obbligo di “microchippare” i cani o alle responsabilità risarcitorie, tal volta anche di un certo spessore, che possono discendere dal comportamento dell’animale.

Dunque, se il concetto di appartenenza lo si vuole far concidere con quello di proprietà civilisticamente inteso, piuttosto che con il sentimento in sé, nel senso materno del termine – cioè a dire come un figlio “appartiene” al genitore – attiene per l’appunto alla sfera soggettiva ed emotiva di ognuno ed al tipo di rapporto instaurato con l’animale che, necessariamente varia da persona a persona, ma anche da persona a animale.

In secondo luogo, la natura di cosa mobile viene attribuita all’animale da una norma processuale, la cui finalità sottesa è quella di proteggere l’animale dal pericolo di essere oggetto di un eventuale azione esecutiva nei confronti del proprio padrone. Pertanto, ai soli fini processuali l’animale è, e per sua tutela, considerato cosa mobile, senza che ciò possa in alcun modo impedire o vietare che in altri ambiti possa essere definito in termini diversi.

E’ pur vero che, anche prima della modifica in questione, il pignoramento di un animale d’affezione, ovvero non utilizzato per altri scopi, risultava di scarsa utilità economica per il creditore pignorante. Il valore affettivo del proprietario dell’animale è di certo e di gran lunga superiore al valore economico che potrebbe ricavarsi dalla vendita forzosa di tale animale anche se di razza e di particolare pregio.

E’ evidente allora che un pignoramento simile poteva avere più la funzione di ricatto morale, per costringere in sostanza il debitore ad adoperarsi il più possibile per evitare di vedersi pignorato il proprio amatissimo animale. Ebbene, con le nuove norme ciò non sarà più possibile e potranno essere pignorati solo gli animali utilizzati ai fini economici e non detenuti per affetto o altra utilità non economica.

Sotto tale aspetto, dunque, al di là delle considerazioni di principio sopra svolte, ma concentrandosi sulla finalità protettiva sottesa alla norma, la novità introdotta non può di certo dirsi un passo indietro, ma, anzi, un piccolo passo in avanti verso il pieno riconoscimento in termini giuridici di quel particolare e unico legame che si instaura tra l’animale e il proprio padrone.

Documenti & Materiali

Scarica il testo della L. 221/2015
Scarica il testo della L. 281/1991
Scarica il testo del DCPM 28/02/2003
Scarica il testo del Regolamento CE 576/2013
Scarica il testro del Trattato di Lisbona

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Author: Avv. Claudia Gianotti

Avvocato, nata a Pesaro il 08 settembre 1982. Iscritta all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 2011. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione fiscale di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833

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