I Consigli Distrettuali di Disciplina : le elezioni, i compiti e il nuovo procedimento disciplinare/3 Terza parte: procedimento disciplinare. Decisione, misure cautelari, impugnazioni, esecuzione ed altro.


Concludiamo l’esame del nuovo procedimento disciplinare iniziato lo scorso 24/09/2014 e proseguito il 26/09/2014, trattando della fase dibattimentale e decisoria dello stesso, degli eventuali provvedimenti cautelari, delle impugnazioni, dell’esecuzione della decisione, dei rapporti tra procedimento disciplinare e processo penale e, infine, dei poteri ispettivi del CNF.

Dibattimento e decisione

La fase dibattimentale

Nella fase del dibattimento, l’apparente incongruenza tra quanto stabilito dal comma 2, lett. d) dell’art. 21 Reg. n. 2/2014 e l’art. 22, 2° co., stesso Reg. n. 2/2014 secondo il quale l’incolpato può

«a) produrre documenti;
b) interrogare o far interrogare i testimoni indicati ai sensi dell’art. 21 comma 2;
c) rendere dichiarazioni e, ove lo chieda o vi acconsenta, di sottoporsi all’esame della sezione competente per il dibattimento;
d) avere la parola per ultimo, prima del proprio difensore»,

è giustificata dalla maggiore tutela dei diritti e delle esigenze di partecipazione e di difesa dell’interessato. Finalizzate in tal senso sono anche le attività indicate dal comma 3 dello stesso art. 22 Reg. n. 2/2014, secondo il quale la sezione in composizione collegiale

«a) acquisisce i documenti prodotti dall’incolpato;
b) ove reputato necessario, chiede all’incolpato di sottoporsi all’esame;
c) provvede all’esame dei testimoni e, subito dopo, a quello dell’incolpato che vi ha acconsentito;
d) procede, d’ufficio o su istanza di parte, all’ammissione e all’acquisizione di ogni eventuale ulteriore prova rilevante per l’accertamento dei fatti».

Ai fini della decisione, possono essere utilizzati le dichiarazioni e i documenti provenienti dall’incolpato, gli atti formati e i documenti acquisiti nel corso della fase istruttoria e del dibattimento, mentre gli esposti e le segnalazioni inerenti alla notizia di illecito disciplinare e i verbali di dichiarazioni testimoniali redatti nel corso dell’istruttoria, ma non confermati in dibattimento, sono utilizzabili solo nel caso in cui la persona dalla quale provengono sia stata citata come teste per la fase dibattimentale (art. 23 Reg. n. 2/2014).

La fase decisoria

Il dispositivo, di cui viene data lettura in udienza – previa deliberazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 25 Reg. 2/2014), deve contenere l’indicazione del termine per impugnare davanti al Consiglio Nazionale Forense (art. 26, 2° co., Reg. n. 2/2014) e può contenere:

  • il proscioglimento con la formula “non esservi luogo a provvedimento disciplinare” (art. 27 Reg. n. 2/2014)
  • il richiamo verbale (art. 28 Reg. n. 2/2014)
  • la condanna ad una delle quattro sanzioni disciplinari previste dalla L. 247/12, ossia l’avvertimento, la censura, la sospensione dall’esercizio professionale da due mesi a cinque anni e la radiazione (art. 29  Reg. n.2/2012).

La sospensione cautelare

Rispetto a quella disciplinata dalla vecchia legge professionale, R.D. n. 37/1934, la nuova sospensione cautelare è applicabile solo qualora ricorrano le ipotesi tassativamente previste dall’art. 32 Reg. n. 2/2014, ossia quando l’autorità giudiziaria abbia disposto

«a) una misura cautelare detentiva o interdittiva irrogata in sede penale e non impugnata o confermata in sede di riesame o di appello;
b) la pena accessoria della sospensione dall’esercizio di una professione o di un’arte ai sensi dell’art. 35 del codice penale anche se con la sentenza penale di primo grado sia stata disposta la sospensione condizionale della pena;
c) una misura di sicurezza detentiva;
d) la condanna in primo grado per i reati previsti dagli articoli 372, 374, 377, 378, 381, 640 e 646 del codice penale, se commessi nell’ambito dell’esercizio della professione o del tirocinio, ovvero dagli articoli 244, 648-bis e 648-ter del medesimo codice;
e) la condanna a pena detentiva non inferiore a tre anni»,

così escludendo valutazioni di tipo discrezionale e soprattutto circoscrivendone l’efficacia ad un anno dalla notifica del provvedimento che la infligge, contrariamente alla vecchia misura cautelare che poteva invece essere comminata a tempo indeterminato nel caso anche di comportamenti non tipicizzati ma che avessero, comunque, generato biasimo e disapprovazione con compromissione dell’immagine dell’Avvocatura.

La sospensione cautelare dall’esercizio della professione, infine, come stabilito dall’art. 32 Reg. n. 2/2014 cit., perde efficacia

«a) qualora nel termine di sei mesi dalla sua irrogazione, la sezione competente del Consiglio distrettuale di disciplina non deliberi il provvedimento sanzionatorio;
b) qualora la sezione competente del Consiglio distrettuale di disciplina deliberi non esservi luogo a provvedimento disciplinare;
c) qualora la sezione competente del Consiglio distrettuale di disciplina disponga l’irrogazione delle sanzioni dell’avvertimento o della censura»

e può essere revocata o modificata in ogni momento d’ufficio o su istanza di parte dalla stessa sezione competente per il procedimento qualora, per circostanze sopravvenute, «non appaia adeguata ai fatti commessi” secondo il nuovo criterio della “adeguatezza» appunto, che assorbe e supera punti di riferimento precedenti (cessazione del “clamore”, gravità del fatto, impatto sulla pubblica opinione. Art. 32, 4° co., Reg. n. 2/2014 cit.).

E’ possibile impugnare il provvedimento davanti al C.N.F. entro venti giorni dalla notifica, senza tuttavia che il ricorso produca effetti sospensivi (Art. 32, 6° co., Reg. n. 2/2014 cit.).

Le impugnazioni

Anche al fine di sospenderne l’esecuzione, le decisioni del Consiglio distrettuale di disciplina sono impugnabili (anche incidentalmente) entro trenta giorni dalla notifica del provvedimento avanti al C.N.F. :

  • da parte dell’incolpato in caso di affermazione di responsabilità;
  • dal Consiglio dell’Ordine presso cui l’incolpato è iscritto;
  • dal Procuratore della Repubblica e dal Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello del distretto dove ha sede il Consiglio distrettuale di disciplina che ha emesso la decisione.

Non è praticamente riconosciuta alcuna legittimazione ad impugnare all’autore dell’esposto-denuncia o ai terzi in genere (art. 33 Reg. n. 2/2014).

L’esecuzione della decisione del C.d.d.

In mancanza di impugnazione entro i termini previsti, la decisione del C.d.d. diviene esecutiva e, a prescindere dalla comunicazione inviata al Consiglio dell’Ordine di appartenenza indicante la data di esecutività della decisione stessa, l’incolpato che sia stato sospeso o radiato deve immediatamente astenersi dall’esercizio della professione (art. 34 Reg. n. 2/2014).

Ricevuta comunicazione dal Segretario del C.d.d. dell’irrogazione di sanzioni sostanziali (sospensione, radiazione o sospensione cautelare) a carico di un proprio iscritto, l’Ordine di appartenenza è tenuto ad informare immediatamente tutti i Consigli dell’Ordine e i capi degli uffici giudiziari del proprio distretto. Naturalmente nell’ipotesi in cui sia stata applicata la sospensione cautelare e irrogata poi la sanzione della sospensione per il medesimo fatto, il Consiglio dell’Ordine dovrà detrarre il periodo già scontato, determinando la durata residua della sanzione (art. 35 Reg. n. 2/2014).

I rapporti con il processo penale e la riapertura del procedimento disciplinare

Secondo la precedente normativa professionale (R.D. n. 37/1934), nel caso in cui procedimento disciplinare e processo penale avessero ad oggetto i medesimi fatti, operava una vera e propria pregiudiziale, determinante la sospensione del primo in attesa della sentenza penale definitiva.

L’art. 54 della L. 31/12/2012, n. 247, invece, introduce un principio di piena autonomia ed indipendenza in base al quale

 «il procedimento disciplinare è definito con procedura e con valutazioni autonome rispetto al processo penale avente per oggetto i medesimi fatti».

 In realtà il comma 2 della stessa disposizione appena citata prevede un’unica ipotesi in cui potrà essere sospeso il procedimento disciplinare, in particolare

«se, agli effetti della decisione, è indispensabile acquisire atti e notizie appartenenti al processo penale, il procedimento disciplinare può essere a tale scopo sospeso a tempo determinato. La durata della sospensione non può superare complessivamente i due anni; durante il suo decorso è sospeso il termine di prescrizione».

Una sospensione, pertanto, temporalmente limitata e di eccezionale applicazione conferma il principio di indipendenza di cui si diceva tra i due procedimenti, primariamente al fine di evitare, come avveniva in passato, che fasi disciplinari potessero rimanere sospese per anni, nell’attesa della definitività della sentenza penale.

Il cd. pericolo di giudicati contrastanti è stato risolto con la disciplina inerente alla riapertura del procedimento disciplinare (art. 55 L. 247/2012, art. 36 Reg. n.2/2014) cui si procede

 «a) se è stata inflitta una sanzione disciplinare e, per gli stessi fatti, l’autorità giudiziaria ha emesso sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste o perché l’incolpato non lo ha commesso. In tale caso il procedimento è riaperto e deve essere pronunciato il proscioglimento anche in sede disciplinare;
b) se è stato pronunciato il proscioglimento e l’autorità giudiziaria ha emesso sentenza di condanna per reato non colposo fondata su fatti rilevanti per l’accertamento della responsabilità disciplinare, che non sono stati valutati dal consiglio distrettuale di disciplina. In tale caso i nuovi fatti sono liberamente valutati nel procedimento disciplinare riaperto».

I poteri ispettivi del C.N.F.

I C.d.d. saranno soggetti ai poteri ispettivi del C.N.F. che potrà verificare l’attività disciplinare svolta e nominare ispettori per il controllo del loro regolare funzionamento, nonché disporre la decadenza dei componenti (art. 37 Reg. n.2/2014).

Considerazioni conclusive

 E’ evidente come la vigente legge professionale, nel ridisegnare il nuovo sistema disciplinare, abbia prioritariamente espresso la ferma necessità di interrompere il legame, non solo suggestivo ma realmente sussistente, tra l’iscritto-incolpato e i componenti del Consiglio territoriale-giudicante – che, con la precedente normativa, concorreva egli stesso ad eleggere -, prevedendo, oltre alla costituzione di un nuovo organismo disciplinare esterno al foro, sia la distinzione, ad esempio, di funzioni e compiti tra il consigliere istruttore e i componenti della sezione deliberante, sia l’esclusione dalle sezioni competenti degli appartenenti al medesimo Ordine cui risulta iscritto il professionista nei confronti del quale si procede.

L’impostazione normativa, tuttavia, stimola qualche perplessità, in primis, relativamente al meccanismo di voto dei C.d.d. soltanto affidato ai Consiglieri ordinistici: il che, francamente, sembra in contrasto con il principio di garanzia della tutela di rappresentanza, poiché proprio l’importanza della carica in questione avrebbe dovuto suggerire l’opportunità di un consenso totale ed allargato, appunto, a tutti gli iscritti.

Altrettanto poco comprensibile può sembrare la partecipazione del Pubblico Ministero in un contesto disciplinare e, verosimilmente che, per i medesimi fatti e in caso di rilevata – e da accertare- responsabilità penale dell’incolpato, lo stesso P.M. possa esercitare la sua funzione tipica anche dinanzi al Tribunale penale.

Non da ultimo, nemmeno si comprende come mai non sia stato riconosciuto il diritto d’impugnazione delle decisioni disciplinari anche al soggetto che ha attivato, con l’esposto-denuncia o in altro modo, il procedimento stesso: perplessità cui nemmeno la natura fin troppo minuziosa ed analitica delle previsioni di dettaglio finora esaminate, sembra offrire, al momento, soluzioni ed approfondimenti convincenti.

A tale proposito, osserva, peraltro, criticamente Remo Danovi in un intervento su Previdenza Forense, n. 1/2013 che «la formalizzazione è talvolta eccessiva (e in qualche caso inutilmente ripetitiva delle norme di legge)», ma, d’altronde, vista la portata della novità introdotta e le recenti e diffuse idiosincrasie legislative, è da condividere quanto dallo stesso autorevole autore, ottimisticamente, concluso:

«è quindi ora importante attendere l’inizio dell’attività dei nuovi Consigli distrettuali di disciplina, con l’augurio che i nuovi organismi, nella loro funzione e nel loro ruolo, possano essere di stimolo per l’Avvocatura per rifondare la scoperta dei valori professionali e la necessità di difenderli».

Documenti & materiali

Vedi gll artt. 50 e ss. della L. 31/12/2012, n. 247
Accedi all’area del sito del C.N.F. dedicato alla pubblicazione dei regolamenti attuativi della riforma
Scarica il Regolamento C.N.F. 31/01/2014, n. 1, «Elezione dei componenti dei Consigli distrettuali di disciplina»
Scarica il Regolamento C.N.F. 21/02/2014, n. 2, «Procedimento disciplinare»

Nota di richiami

La prima parte di questo articolo è stata pubblicata il 24/09/2014
La seconda parte di questo articolo è stata pubblicata il 26/09/2014

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