Licenziamento per giusta causa: il dolo nella condotta della lavoratrice Cassazione, sez. lavoro, 30/11/2015, n. 24367


Ai fini della valutazione della sussistenza della giusta causa di licenziamento ex art. 54, co. VI lett. c) del CCNL 2011 [dipendenti postali] per “violazioni dolose di leggi e regolamenti di doveri di ufficio che possano arrecare p abbiano arrecato forte pregiudizio alla società o ai terzi” deve farsi riferimento alla nozione di dolo di cui all’art. 43 c.p., nonché alla nozione di pregiudizio inteso come diminuzione dei valori o delle utilità economiche del danneggiato.

E’ il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 24367 deposita il 30/11/2015 dalla sezione lavoro, quale epilogo di un ricorso per cassazione intentato da Poste Italiane Spa avverso la decisione della Corte di Appello di Roma, che, confermando la sentenza di primo grado, aveva dichiarato privo di giusta causa il licenziamento intimato ad una dipendente ed ordinato conseguentemente il reintegro immediato di quest’ultima sul posto di lavoro.

Il caso

La vicenda origina, infatti, dal licenziamento di una dipendente postale, che era stata sorpresa a conservare presso la propria abitazione pacchi postali non consegnati contenenti volumi di Pagine Gialle, Pagine Utili e simili.

Il licenziamento veniva impugnato dalla dipendente avanti al giudice del lavoro per una serie di motivazioni, prima fra tutte quella basata sulla genericità della lettera iniziale di contestazione della condotta posta poi a fondamento del provvedimento espulsivo.

In particolare, la lettera di contestazione si limitava a descrivere la condotta posta in essere dalla dipendente, nella sua materialità, desumibile dall’aver le forze dell’ordine rinvenuto nell’abitazione della donna un notevole quantitativo di posta inevasa, senza altra specificazione.

Ovverosia, non veniva specificato, in contestazione, se tale comportamento implicasse invece anche la volontà della dipendente di occultare dolosamente la violazione dell’obbligo di consegna ovvero comunque un’appropriazione indebita della merce (pacchi postali).

Ne derivava una contestazione in termini di mera negligenza (colpa e non, invece, dolo) nell’adempimento del dovere di consegna e, dunque, una condotta comunque non sussumibile nel concetto di giusta causa per violazione dell’art. 54, lettere c) e k) del CCNL di categoria, norma  che disciplina espressamente ipotesi di

violazione dolose di leggi e regolamenti di doveri di ufficio che psosano arrecare o abbiano arrecato forte pregiudizio alla società o ai terzi,

con la conseguenza che il licenziamento comminato sulla base di tali ragioni doveva considerarsi illegittimo e la dipendente andava dunque reintegrata.

Tali le motivazioni poste a fondamento della sentenza di primo grado, poi confermata anche in sede di appello, escludendo cosi sotto il profilo della mancanza di prova dell’elemento psichico della dipendente e del pregiudizio subito dalla datrice di lavoro, una giusta causa di licenziamento.

La pronuncia della Cassazione

Interviene, da ultimo, la pronuncia della Cassazione, sez. lavoro, 30/11/2015, n. 24367, con cui ha accolto il ricorso promosso dalla datrice di lavoro Poste Italiane Spa.

La Cassazione è partita dalla nozione di “giusta causa” di licenziamento di cui all’art. 2119 c.c., ricordando che essa configura una clausola generale nella quale possono farsi i più svariati concetti interpretativi ad opera dei giudizi sui singoli casi concreti, intepretazione che comunque non sfugge ad una verifica in sede di legittimità sotto il profilo della correttezza del metodo seguito nella sua applicazione in concreto appunto.

Nello specifico caso, in particolare, la Cassazione ha rilevato come il ragionamento logico giuridico operato dai giudici di merito fosse viziato sotto il profilo della intepretazione della condotta incriminata quale condotta colpevole e non dolosa. Invero, secondo gli ermellini, la condotta deve considerarsi comunque quale “violazione di legge” secondo i parametri indicati dalla norma del CCNL sopra richiamata.

Analogamente, quanto alla parte motiva della sentenza di appello riferita alla mancanza di prova del pregiudizio che avrebbe subito sotto un profilo monetario Poste Italiane Spa, la Cassazione ha rimarcato che, secondo i criteri civilistici generali in tema di danno, il pregiudizio

non deve necessariamente coincidere con una diminuzione economicamente valutabile, poichè il carattere patrimoniale del danno riguarda non solo l’accertamento di un saldo negativo nello stato patrimoniale del danneggiatop ma anche l’incidenza in concreto di una diminuzione di valori e delle utilità […] di cui il medesimo può disporre.

Di qui il principio di diritto enunciato nell’incipit del presente post e di qui altresì l’accoglimento del ricorso per cassazione con rinvio alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione.

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Author: Avv. Francesca Serretti Gattoni

Avvocato, nata a Pesaro il 24 febbraio 1982. Iscritta all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 2010. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione lavoro di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833

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