Genitori separati: si possono registrare le telefonate del figlio con l’altro genitore? Una recente pronuncia interessante della Corte di Cassazione


A volte, ciò che nella vita quotidiana sembra ‘normale’, o addirittura quasi un ‘diritto’ del genitore verso il figlio, come quello di registrare le telefonate di quest’ultimo con l’altro genitore (separato), non corrisponde a ciò che è lecito nel mondo del diritto.

Infatti, con una recente sentenza (03/10/2014, n. 41192) la V Sezione penale della Corte di Cassazione ha confermato la condanna di un padre per il reato di cui all’art. 167 C.P., per avere registrato le telefonate intercorse tra i propri figli e la loro madre, da cui egli era legalmente separato.

Il caso 

Il caso, infatti, è proprio quello di un padre che, separato dalla moglie, ottenuto l’affidamento esclusivo dei loro figli, ma preoccupato dell’influenza negativa che a suo parere la madre aveva sui figli medesimi, aveva registrato alcune telefonate tra essi intercorse.

Anzi, addirittura, sembra che fossero proprio i Servizi Sociali (intervenuti nel procedimento) ad avere consigliato il genitore ad operare in tal modo per meglio vigilare sui rapporti madre-figli.

Ciò era tanto vero che quel padre, una volta registrate le conversazioni, le aveva poi riversate su CD e consegnate ai Servizi Sociali interessati.

Sia il primo, che il secondo grado di giudizio (peraltro, si tratta della Corte d’appello di Ancona, dunque, vicina a  chi scrive), ha dichiarato penalmente responsabile quel genitore del reato di cui all’art. 617 C.P., rubricato come “cognizione, interruzione o impedimento illeciti di comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche“, tra i delitti contro la inviolabilità dei segreti, punito con la pena della reclusione da sei mesi a quattro anni.

La sentenza n. 41192/2014

Il genitore invoca la Corte di Cassazione, la quale, tuttavia, non solo conferma la condanna, ma nella motivazione, esprime una valutazione che ad avviso di chi scrive, merita di essere segnalata.

La Cassazione, infatti, ritiene infondata e non condivisibile la tesi difensiva del genitore, laddove questi invoca, non solo il proprio diritto-dovere genitoriale di sorveglianza nei confronti dei figli ad egli affidati, ma invoca anche la vera e propria scriminante dell’esercizio del diritto (art. 51 C.P.) perchè avrebbe effettuato le registrazioni incriminate in quanto, oltre che consigliato dai Servizi Sociali, perchè «fortemente preoccupato per l’influenza negativa esercitata dalla madre» sui figli.

Inoltre, in questa ottica – diciamo – genitoriale, il padre-imputato contesta che i propri figli possano essere considerati soggetti ‘terzi’, quale elemento costitutivo richiesto per la configurazione del reato contestato.

La motivazione della Corte di Cassazione

Con la sentenza 03/10/2014, n. 41192, che qui si segnala, la Cassazione, respinge in modo piuttosto netto la tesi difensiva dell’imputato, in primo luogo, affermando che, ai fini della riservatezza (bene protetto dall’art. 617 C.P.), anche i figli sono da considerare soggetti autonomi, e che l’obbligo di vigilanza del genitore nei confronti dei figli, pur esistente, tuttavia, non può essere inteso quale immedesimazione dell’uno nell’altro.

Testualmente la Corte afferma che:

indubitabilmente, ancorchè minori, i figli sono soggetti “altri” rispetto al padre e tanto basta per ritenere integrata la condizione di tipicità del fatto. L’eventuale rilevanza degli obblighi di vigilanza del genitore nei confronti dei figli minori può eventualmente dispiegarsi nel momento in cui debba valutarsi l’effettiva antigiuridicità del fatto [….], ma certo tali obblighi non comportano una sorta di immedesimazione tra padre e figlio come quella prospettata dal ricorrente.

La Corte richiama espressamente l’art. 16 della Convenzione sui diritti del fanciullo approvata a New York il 20/11/1989 e ratificata dallo Stato italiano con la L. 27/05/1991 n. 176, per ribadire il diritto dei figli alla riservatezza e la conseguente illiceità dell’intrusione di un genitore in quella.

Testualmente, la Corte precisa che:

in tal senso va allora osservato come il diritto/dovere di vigilare sulle comunicazioni del minore da parte del genitore non giustifichi indiscriminatamente qualsiasi altrimenti illecita intrusione nella sfera di riservatezza del primo (espressamente riconosciutagli dall’art. 16 della Convenzione sui diritti del fanciullo approvata a New York il 20 novembre 1989 e ratificata dallo Stato italiano con la L. 27 maggio 1991, n. 176), ma solo quelle interferenze che siano determinate da una effettiva necessità, da valutare secondo le concrete circostanze del caso e comunque nell’ottica della tutela dell’interesse preminente del minore e non già di quello del genitore.

In effetti, sembra di dover evidenziare che l’invocazione, da parte dell’imputato, della scriminante dell’esercizio del diritto (art. 51 C.P.), in relazione al diritto-dovere che il genitore ha verso i propri figli, non sembra condivisibile atteso che, nella condotta incriminata, quel genitore, di fatto, sembrava controllare più la moglie, che i figli.

Considerazioni finali

In sintesi, alla luce della sentenza che qui si segnala, e salvo particolari ragioni che nel caso la Corte non ha ritenuto tuttavia ricorressero, sembra di poter concludere che deve considerarsi inviolabile, non solo il diritto alla riservatezza dell’altro genitore (in questo caso, la madre), ma anche quello dei propri figli.

Documenti & materiali

Scarica il testo della Cass. Pen., Sez. V, 3/10/2014, n. 41192
Scarica il testo del L. 27/05/1991 n. 176

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Author: Avv. Daniela Gattoni

Avvocato, nata a Pesaro il 20 agosto 1963. Iscritto all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 1992. Abilitata al patrocinio dinanzi alle magistrature superiori dal 2004. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione famiglia di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833.

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