Il tempo impiegato per indossare la divisa di lavoro deve essere retribuito Nota a Cass. Civ., Lav. 3/2/2017, n. 2965


«Nel rapporto di lavoro subordinato, il tempo occorrente per indossare la divisa aziendale, ancorché relativo a fase preparatoria del rapporto, deve essere autonomamente retribuito ove la relativa prestazione, pur accessoria e strumentale rispetto alla prestazione lavorativa, debba essere eseguita nell’ambito della disciplina d’impresa e sia autonomamente esigibile dal datore di lavoro, il quale può rifiutare la prestazione finale in difetto di quella preparatoria».

E’ stato necessario un intervento della Cassazione per chiarire che anche il tempo impiegato da un dipendente per indossare la divisa va retribuito in quanto rientrante nella prestazione lavorativa.

Tre dipendenti avevano promosso azione giudiziale davanti al giudice del lavoro per vedere riconosciute le differenze retributive per lavoro straordinario (o, in subordine, per lavoro ordinario) per il tempo impiegato dagli stessi per indossare e dismettere gli indumenti di lavoro. Ai ricorrenti – addetti alla lavorazione di gelati e surgelati – era stato imposto di presentarsi al lavoro 15/20 minuti prima del suo inizio per indossare apposite tute, scarpe antinfortunistiche, idonei copricapi e indumenti intimi forniti dall’azienda stessa.

In primo grado il ricorso veniva respinto, per poi, invece, venire accolto in secondo grado dalla Corte d’appello, la quale, in riforma della sentenza del primo giudice, riconosceva il diritto del dipendente alla retribuzione per il tempo impiegato per indossare la tuta da lavoro, in quanto attività necessaria ed obbligatoria ai fini dello svolgimento della prestazione lavorativa e resa sotto le direttive del datore di lavoro. Attingendo alle nozioni di comune esperienza, il tempo utilizzato dai diepndenti per tali operazioni veniva determinato in 10 minuti per la vestizione e 10 minuti per la svestizione.

Avverso tale sentenza i lavoratori proponevano ricorso per cassazione nella parte in cui la domanda non veniva accolta integralmente, mentre Il datore di lavoro proponeva ricorso incidentale.

La Corte di Cassazione, nell’esaminare le censure concernenti la questione del diritto alla retribuzione per il tempo occorrente ad indossare e dismettere gli indumenti di lavoro, con riferimento sia alla disciplina legale dell’orario di lavoro che a quella dettata dalle parti sociali con la contrattazione collettiva, ha ritenuto che la corte territoriale si fosse attenuta ai principi della giurisprudenza di legittimità che di quella comunitaria. Tali principi essenzialmente affermano che

«per valutare se un certo periodo di servizio rientri o meno nella nozione di orario di lavoro, occorre stabilire se il lavoratore sia o meno obbligato ad essere fisicamente presente sul luogo di lavoro e ad essere a disposizione di quest’ultimo per poter fornire immediatamente la propria opera» (v. Corte Giust. Conf. eur., 9/9/2003, causa C-151/02, parr. 58 ss.).

In questo senso, dunque, nel rapporto di lavoro si distingue una fase finale (in cui l’interesse del datore di lavoro viene soddisfatto in maniera diretta) ed una fase cd. preparatoria: quest’ultima attiene ad attività (quali la vestizione con abiti di lavoro adeguati al tipo di mansione) che sono accessorie e strumentali allo svolgimento del lavoro.

Tali operazioni accessorie sono peraltro esigibili direttamente dal datore di lavoro, tanto che questi, in difetto della fase preparatoria, può anche rifiutare la prestazione del dipendente. Ne consegue che anche il tempo impiegato dal dipendente per indossare la divisa deve essere retribuito.

E, così è avvenuto anche anche nel caso di specie, ove il giudice d’appello ha accertato che le operazioni di vestizione e svestizione si svolgevano nei locali aziendali prefissati e con tempi stabiliti dal datore di lavoro e delimitati sia nel tempo di arrivo dei dipendenti prima dell’inizio del turno.

Alla luce di tali considerazioni, dunque, la Cassazione ha accolto il primo motivo di ricorso (sopra enunciato) ed ha cassato con rinvio l’impugnata pronuncia ad altra composizione della corte territoriale investita del secondo gravame, rigettando invece in toto il ricorso incidentale.

Documenti & materiali

Scarica il testo di Cass. Civ., Lav. 3/2/2017, n. 2965

Print Friendly, PDF & Email

Author: Avv. Francesca Serretti Gattoni

Avvocato, nata a Pesaro il 24 febbraio 1982. Iscritta all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 2010. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione lavoro di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.