Erronea autentica delle firme sull’accordo di separazione coniugi raggiunto con negoziazione assistita: notaio subisce procedimento disciplinare Cass. Civ., Sez. II, 21/01/2020, n. 1202

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CASS. CIV., SEZ. II, 21/01/2020, N. 1202

«Ogni qualvolta l’accordo stabilito tra i coniugi, al fine di giungere ad una soluzione consensuale di separazione personale, ricomprenda anche il trasferimento di uno o più diritti di proprietà su beni immobili, la disciplina di cui al D.L. n. 132 del 2014, art. 6, conv. in L. n. 162 del 2014, deve necessariamente integrarsi con quella di cui al medesimo D.L. n. 132 del 2014, art. 5, comma 3, con la conseguenza che per procedere alla trascrizione dell’accordo di separazione contenente anche un atto negoziale comportante un trasferimento immobiliare, è necessaria l’autenticazione del verbale di accordo da parte di un pubblico ufficiale a ciò autorizzato, ai sensi dell’art. 5, comma 3» (Massima non ufficiale)

FATTI DI CAUSA

1. Il notaio [Omissis] proponeva reclamo avverso la decisione numero 164 del 2017 emessa dalla Co. Re. Di. del [Omissis], [Omissis] e [Omissis] il 12 maggio 2017, con la quale, previa concessione delle circostanze attenuanti di cui alla L. n. 89 del 1913, art. 144 (di seguito legge notarile o l.n.), erano state irrogate plurime sanzioni pecuniarie: Euro 45 per la violazione dell’art. 62 l.n., che impone l’iscrizione degli atti al repertorio; Euro 5000 per la violazione dell’art. 72 l.n., che disciplina le forme dell’autentica, e dell’art. 138, lett. c), L.n. che sanziona la negligenza del notaio nella conservazione degli atti; Euro 5000 per la violazione dell’art. 147, lett. a), l.n. per avere il notaio [Omissis] compromesso il decoro e il prestigio della funzione notarile.

La vicenda trae origine dall’autentica delle sottoscrizioni di due coniugi in calce al verbale dell’accordo di separazione personale concluso ai sensi del D.L. n. 132 del 2014, art. 6, convertito in L. n. 162 del 2014, che conteneva la regolamentazione degli aspetti personali della separazione riguardanti i coniugi, l’affidamento condiviso del figlio minore di età, la determinazione dell’assegno mensile dovuto dal marito per il mantenimento del minore, il trasferimento in favore della moglie della proprietà della quota di metà dell’immobile adibito a casa coniugale, dietro corrispettivo della somma di Euro 12.000 con accollo dell’obbligo di pagamento del mutuo ipotecario, la previsione dell’obbligo della moglie di curare la trascrizione del verbale presso l’agenzia del territorio servizio di pubblicità immobiliare.

In calce alla scrittura privata con la firma dei coniugi autenticata dagli avvocati, il notaio [Omissis] aveva posto la propria autentica con una forma identica a quella in uso per l’autentica formale prevista dall’art. 72 L. n. con lettura alle parti della scrittura dell’orario di sottoscrizione, ma senza il numero di repertorio e il numero di raccolta.

Ciò in quanto, secondo la tesi del notaio, si trattava di un’autentica cosiddetta minore per la quale non era necessario il controllo di legalità dell’atto. Successivamente il 24 giugno 2016 il pubblico ministero rilasciava la propria autorizzazione ma il conservatore rifiutava la trascrizione del verbale di accordo dandone notizia al consiglio notarile.

Dopo la convocazione, nel corso della quale il consiglio notarile aveva contestato al notaio [Omissis] l’illegittimità del suo comportamento, il notaio reclamante aveva ricevuto, in data 28 settembre 2016, un atto notarile di trasferimento, in forza del quale il marito cedeva alla moglie i propri diritti sull’abitazione familiare in conformità all’obbligo assunto nell’accordo del 17 giugno 2016. L’atto in questione veniva trascritto il 29 settembre 2016.

La commissione regionale di disciplina aveva ritenuto la condotta del notaio come colpevole inadempimento delle modalità con cui doveva essere effettuata, ai fini dell’art. 2657 c.c., l’autentica richiesta dalla L. n. 162 del 2014, art. 5, comma 3.

Il notaio aveva effettuato un’autentica del verbale dell’accordo di separazione senza rispettare le modalità previste dall’art. 72 l.n. e senza procedere all’iscrizione a repertorio, alla conservazione dell’atto a raccolta e senza neanche curarne la trascrizione atteso che tale incombente era stato espressamente posto a carico di uno dei coniugi.

Tale condotta integrava oltre alla violazione degli artt. 62 e 72 e art. 138, lett. c), l.n. anche una grave violazione dell’art. 147, lett. a), della medesima legge, avendo compromesso il decoro e il prestigio della classe notarile. Il ruolo del notaio nella negoziazione assistita, infatti, è finalizzato alla trascrizione dei negozi di trasferimento immobiliare e l’agire del notaio [Omissis] era stato sbrigativo, sintomatico dell’intento di accaparramento di clientela malgrado il discredito che tale condotta determini alla funzione notarile.

2. La Corte d’Appello di [Omissis] rigettava integralmente il reclamo proposto. In particolare, quanto alle contestazioni circa la regolarità della procedura la Corte d’Appello rilevava che l’iniziativa del procedimento disciplinare spettava formalmente al presidente del consiglio notarile del distretto in cui è iscritto il notaio ma in sostanza spettava al consiglio notarile che poteva delegare anche uno dei consiglieri. Il consiglio notarile di [Omissis] aveva delegato il notaio [Omissis] La delega, dunque, era stata conferita dall’organo collegiale titolare della legittimazione a chiedere l’avvio del procedimento disciplinare e non dal suo presidente anche in ragione dell’eventualità che quest’ultimo potesse essere chiamato a rendere informazioni sui fatti da lui personalmente appresi. La volontà dell’organo collegiale era stata espressa unanimamente e l’espressione contestata dalla reclamante era frutto di una verbalizzazione necessariamente sintetica.

L’interpretazione del D.L. n. 132 del 2014, artt. 5 e 6 e degli artt. 2657 e 2703 c.c. era coerente con la funzione del notaio che, anche nel procedimento di negoziazione assistita, deve autenticare la sottoscrizione degli accordi aventi ad oggetto trasferimenti immobiliari, esercitando i tradizionali controlli di legalità per assicurare certezza nella circolazione dei beni immobili.

Nella specie era pacifico che il notaio [Omissis] avesse autenticato il verbale recante l’accordo di separazione consensuale in maniera difforme da quella prevista dall’art. 2703 c.c. e art. 72 legge notarile e, ai fini della trascrizione, dall’art. 2657 c.c.

Del resto, non poteva trovare accoglimento la tesi difensiva secondo la quale si trattava comunque di un’autentica cosiddetta minore che non necessitava del cosiddetto controllo di legalità.

A parere della Corte d’Appello, trattandosi di un atto di trasferimento immobiliare era necessaria l’autentica ex art. 72 legge notarile che impone al notaio il controllo di legalità, essendogli vietato di ricevere e autenticare atti espressamente proibiti dalla legge, manifestamente contrari al buon costume e all’ordine pubblico ex art. 28 l.n.

Tale obbligo, dunque, comportava il conseguente obbligo di iscrizione dell’atto nel repertorio ex art. 62 l.n. di conservazione e raccolta ex art. 138 della medesima legge, nonché quello di effettuare la trascrizione nel più breve tempo possibile ex art. 2671 c.c.

Il notaio non aveva adempiuto a tali obblighi incorrendo negli illeciti disciplinari contestati, in quanto solo a seguito della ripetizione dell’atto di trasferimento a oltre tre mesi dal rilascio dell’autorizzazione da parte del pubblico ministero, aveva proceduto alla trascrizione del verbale dell’accordo di separazione personale.

Peraltro, il fatto che mancasse l’autorizzazione del pubblico ministero non rilevava perché poteva essere indicata come condizione.

Infine, la condotta del notaio aveva anche compromesso il decoro e il prestigio della classe notarile, violando l’art. 147, lett. a), l.n.

Il notaio, infatti, aveva disatteso le regole fondamentali poste a tutela del principio di autenticità del titolo e della trascrizione e aveva posto in essere plurime violazioni nella formazione del titolo, costituendo un elemento di sicura valenza dimostrativa della compromissione del decoro e del prestigio della classe notarile, atteso l’innegabile svilimento della funzione del notaio agli occhi delle parti e anche del conservatore.

3. Il notaio [Omissis] ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta ordinanza sulla base di sette motivi.

4. Il consiglio notarile distrettuale di [Omissis] ha resistito con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 degli artt. 153 e 155 legge notarile per avere la Corte d’Appello di [Omissis] ritenuto idonea la delega al consigliere notaio [Omissis] a partecipare in luogo del presidente del consiglio notarile di [Omissis], notaio [Omissis], al procedimento disciplinare a carico della ricorrente avanti la CO.RE. Di. [Omissis], [Omissis] e [Omissis] con conseguente nullità del provvedimento disciplinare e del decreto emesso dalla Corte d’Appello di [Omissis].

A parere del ricorrente la possibilità per il presidente del consiglio notarile di conferire delega di rappresentanza ad altro consigliere, peraltro sulla base di un ragionamento di pura opportunità, senza alcun riferimento normativo è erronea ed è anche smentita dalla presenza del presidente C. a due udienze del procedimento disciplinare contro il notaio [Omissis]

La delega conferita al suddetto consigliere violerebbe apertamente l’art. 90 L. n., secondo cui in mancanza del presidente e del segretario, ne faranno rispettivamente le veci il più anziano ed il meno anziano in ufficio fra i membri del Consiglio.

Sicché sarebbe del tutto inconferente il richiamo agli artt. 153 e 155 legge notarile.

1.2 Il motivo è infondato.

Il procedimento disciplinare a carico dei notai è stato radicalmente innovato a seguito del D.Lgs. 1 agosto 2006, n. 249 (Norme in materia di procedimento disciplinare a carico dei notai, in attuazione della L. 28 novembre 2005, n. 246, art. 7, comma 1, lett. e che ha previsto numerose modifiche della L. n. 89 del 1913 (legge notarile) in particolare riguardo alle sanzioni disciplinari e al relativo procedimento.

La L. n. 89 del 1913, art. 153 prevede che: “L’iniziativa del procedimento disciplinare spetti: a) al procuratore della Repubblica presso il Tribunale nel cui circondario ha sede il notaio ovvero nel cui circondario il fatto per il quale si procede è stato commesso; b) al presidente del Consiglio notarile del distretto nel cui ruolo è iscritto il notaio ovvero del distretto nel quale il fatto per il quale si procede è stato commesso; c) al capo dell’archivio notarile territorialmente competente per l’ispezione di cui all’art. 128, limitatamente alle infrazioni rilevate durante le ispezioni di cui agli artt. 128 e 132 o nel corso di altri controlli demandati allo stesso capo dell’archivio dalla legge, nonché al conservatore incaricato ai sensi dell’art. 129, comma 1, lett. a), secondo periodo.

Ai sensi degli art. 93, 93 bis e 93 ter L. n. è consentita la più ampia facoltà istruttoria in capo al Consiglio o al suo Presidente per delega dello stesso, come il potere di “assumere informazioni presso le amministrazioni e gli uffici pubblici” o anche la possibilità di “richiedere informazioni a soggetti privati”, così come l’audizione dell’incolpato.

Il comma 2 del citato art. 153 L. n. prevede che: “Il procedimento è promosso senza indugio, se risultano sussistenti gli elementi costitutivi di un fatto disciplinarmente rilevante. Nella richiesta di procedimento l’organo che lo promuove indica il fatto addebitato e le norme che si assumono violate e formula le proprie conclusioni”.

La censura relativa alla violazione dell’art. 153 l.n., pertanto, si rivela del tutto infondata, in quanto correttamente la Corte d’Appello ha richiamato tale norma riferendola alla diversa fase dell’iniziativa disciplinare, distinguendola dalla fase successiva del procedimento cui si riferiva, invece, la delibera con la quale il consiglio notarile di [Omissis] aveva delegato un suo componente a rappresentarlo dinanzi alla Commissione Regionale di disciplina.

A tal proposito giova precisare che la CO.RE.DI ex art. 148 L. n., è un organo amministrativo e non giurisdizionale, sicché in tale fase deve farsi applicazione delle regole del procedimento amministrativo e non di quelle processuali.

In tale fase del procedimento disciplinare, successiva all’incolpazione, l’art. 155 L. n. prevede che il Presidente della Commissione assegni il procedimento al collegio nei cinque giorni successivi al ricevimento della richiesta, designi il relatore e dia immediato avviso dell’inizio del procedimento all’organo richiedente e, se diverso, al consiglio notarile del distretto in cui il notaio ha sede, nonché al notaio incolpato. Il presidente del collegio, entro i quindici giorni successivi alla scadenza del termine per presentare la memoria fissa la data per la discussione, che deve aver luogo nei successivi trenta giorni, e ne dà avviso alle parti almeno venti giorni prima.

A sua volta il successivo art. 156 bis l.n. stabilisce che: “il notaio può comparire personalmente o a mezzo di procuratore speciale munito di procura rilasciata con atto pubblico o scrittura privata autenticata anche dal difensore. Il notaio può farsi assistere da un altro notaio, anche in pensione, o da un avvocato nominato anche con dichiarazione consegnata alla Commissione dal difensore. Il presidente del consiglio notarile ed il conservatore dell’archivio notarile possono farsi assistere da un avvocato. La discussione si svolge in camera di consiglio e possono parteciparvi l’organo che ha proposto il procedimento, il notaio e i loro difensori, se nominati”.

La procedura ora descritta, dunque, nella fase istruttoria ammette la possibilità di delega da parte del Consiglio dell’Ordine notarile al Presidente e per la discussione davanti alla CO.RE. DI. prevede che possa parteciparvi l’organo che ha proposto il procedimento, anche mediante l’assistenza di un avvocato.

La ricorrente non precisa nel ricorso, se davanti la CO.RE. DI. il Consiglio dell’Ordine Notarile fosse rappresentato o meno da un avvocato o se fosse presente esclusivamente per mezzo del delegato del Presidente e non chiarisce quali attività si erano svolte nella due occasioni in cui era presente il suddetto delegato e quale lesione al diritto di difesa la delega avrebbe comportato.

In ogni caso, in disparte le ragioni di inammissibilità del motivo per difetto di specificità ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, deve affermarsi che non vi è alcun impedimento alla possibilità per il Presidente del Consiglio dell’Ordine Notarile di delegare per la partecipazione alla discussione davanti la CO.RE. DI. un altro componente del medesimo organo, qualora non abbia ritenuto di farsi rappresentare da un avvocato e che la Corte d’Appello di [Omissis] ha correttamente interpretato le norme che governano il procedimento disciplinare.

Del tutto inconferente, infatti, è il richiamo all’art. 90 della legge notarile, che disciplina la differente ipotesi del funzionamento del Consiglio dell’Ordine Notarile in caso di mancanza del Presidente e del segretario, prevedendo che gli stessi siano sostituiti rispettivamente dal più anziano e dal meno anziano tra i membri del Consiglio.

D’altra parte, anche in altri casi è espressamente prevista la facoltà di delega del Presidente del consiglio notarile ad altro componente dell’Organo (ad es. art. 39 l.n.).

In conclusione, la delega in oggetto era del tutto legittima e mai avrebbe potuto inficiare la procedura amministrativa che si è svolta davanti la Commissione Regionale di disciplina, nel regolare contraddittorio tra le parti, senza alcuna lesione del diritto di difesa della ricorrente.

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 della L. n. 162 del 2014, art. 6, comma 3, disciplinante la negoziazione assistita in materia familiare per avere la Corte d’Appello di [Omissis] negato la qualità di tertium genus e negato l’autonoma causa familiare all’accordo raggiunto ai sensi della L. n. 162 del 2014, art. 6 dei coniugi A.- T. e autenticato, quanto alle sottoscrizione degli stessi, dal notaio [Omissis], qualificandolo, invece, come scrittura privata, con conseguente nullità dell’intera decisione impugnata.

La ricorrente evidenzia che il legislatore ha distinto l’accordo raggiunto ai sensi della L. n. 162 del 2014, art. 5 con la procedura di negoziazione assistita e il medesimo accordo, raggiunto con la procedura ex art. 6 della medesima legge, in tema di separazione personale dei coniugi, cessazione degli effetti civili del matrimonio e modifica delle condizioni di separazione e divorzio. Tale accordo non ha carattere negoziale, nella procedura è previsto l’intervento del pubblico ministero e si producono gli effetti dei provvedimenti giudiziari. Non si tratta, dunque, di un atto notarile e non può nemmeno essere ricondotto ad una semplice scrittura privata, proprio perché, L. n. 162 del 2014, ex art. 6, deve essere approvato dal pubblico ministero ed equivale a un provvedimento emesso dall’autorità giudiziaria.

Peraltro, la L. n. 162 del 2014, art. 5, comma 3, che si applica anche agli accordi di negoziazione assistita in materia familiare, prevede che in caso di trasferimento immobiliare il pubblico ufficiale debba autenticare la sottoscrizione del processo verbale.

Dunque, al pubblico ufficiale è richiesta la sola autenticazione delle sottoscrizioni ossia l’autentica cosiddetta minore.

Il suddetto accordo non può essere assimilato ad un titolo stragiudiziale quale potrebbe essere un’ordinaria scrittura privata e, dunque, vi sarebbe stata violazione della L. n. 162 del 2014, art. 6, comma 3. Infine, trattandosi di un provvedimento equiparato a quello giudiziale, non troverebbe applicazione neanche l’art. 2671 c.c. che prevede che il pubblico ufficiale curi nel più breve tempo possibile la trascrizione dell’atto che riceve.

3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, della L. n. 162 del 2014, art. 5, comma 2, in materia di negoziazione assistita per avere la Corte d’Appello di [Omissis] inteso attribuire al notaio [Omissis] gli obblighi di controllo di legalità in ordine all’accordo raggiunto dai coniugi a seguito della negoziazione assistita, nonostante la norma suindicata attribuisca espressamente tale funzione agli avvocati delle parti.

La L. n. 162 del 2014, art. 5, comma 2, prevede che gli avvocati certifichino l’autografia delle firme e la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico, tale norma si lega, a parere della ricorrente, al successivo comma 3 che prevede che all’autentica debba provvedere “un pubblico ufficiale a ciò autorizzato” che, pertanto, non necessariamente deve essere un notaio ma anche un cancelliere o un segretario comunale che, dunque, non avrebbe alcun obbligo di controllo di legalità.

4. Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: violazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 della L. n. 162 del 2014, art. 5, comma 3, in materia di negoziazione assistita per avere la Corte d’Appello di [Omissis] erroneamente identificato il pubblico ufficiale indicato nella predetta norma con la sola categoria del notaio.

L’art. 5, comma 3, fa riferimento al pubblico ufficiale in relazione all’autentica della sottoscrizione del processo verbale di accordo mentre la Corte d’Appello, nel provvedimento impugnato, afferma che tale attività è riservata al notaio e che dunque non si può considerare un caso di autentica c.d. minore.

Pertanto, il notaio, avendo agito in qualità di mero pubblico ufficiale, non aveva l’onere di rispettare le norme della legge notarile, quali gli artt. 62 e 72 e art. 138, lett. c), e art. 147, lett. a), della legge notarile.

4.1 I motivi secondo, terzo e quarto che, stante la loro evidente connessione, possono essere trattati congiuntamente, sono infondati.

In sintesi, la ricorrente ritiene di essersi limitata ad un’autentica minore senza ricevere alcun atto notarile e, pertanto, di non avere alcun obbligo di controllare la legalità – formale e sostanziale – del verbale di accordo comportante il trasferimento immobiliare sottoscritto dai coniugi nell’ambito della convenzione conclusa in sede di negoziazione assistita per la loro separazione consensuale, e conseguentemente di non aver alcun obbligo di iscrizione del medesimo verbale a repertorio, di metterlo a raccolta e, tantomeno, di provvedere alla celere trascrizione dello stesso.

4.2 La tesi della ricorrente non può essere condivisa.

Il D.L. 12 settembre 2014, n. 132, convertito con modifiche dalla L. 10 novembre 2014, n. 162, ha introdotto nel nostro ordinamento la c.d. procedura di negoziazione assistita da avvocati, nuovo strumento di composizione amichevole delle liti (capo II del suddetto decreto).

L’art. 5, dispone che l’accordo che compone la controversia venga sottoscritto dalle parti e dagli avvocati che le assistono i quali certificano l’autografia delle firme e la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico. Il comma 3 del citato art. 5 prevede che, quando le parti, con l’accordo, concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti soggetti a trascrizione, per procedere alla trascrizione dello stesso è necessario che la sottoscrizione del processo verbale di accordo sia autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato.

La procedura di negoziazione assistita ricomprende anche la possibilità di addivenire a soluzioni consensuali di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, nonché di modifica delle condizioni di separazione e divorzio. Il D.L. n. 132 del 2014, art. 6 delinea un procedimento articolato in più fasi, i cui tratti caratterizzanti sono da individuarsi nella necessaria presenza di almeno un avvocato per parte e nel coinvolgimento del Procuratore della Repubblica. In tal caso, il comma 3 dell’art. 6 prevede che l’accordo raggiunto a seguito della convenzione produce gli effetti e tiene luogo dei provvedimenti giudiziali che definiscono, nei casi di cui al comma 1, i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio e di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio. Nell’accordo si deve dare atto che gli avvocati hanno tentato di conciliare le parti e le hanno informate della possibilità di esperire la mediazione familiare e che gli avvocati hanno informato le parti dell’importanza per il minore di trascorrere tempi adeguati con ciascuno dei genitori. L’avvocato della parte è anche obbligato a trasmettere, entro il termine di dieci giorni, all’ufficiale dello stato civile del Comune in cui il matrimonio fu iscritto o trascritto, copia, autenticata dallo stesso, dell’accordo munito delle certificazioni di cui all’art. 5.

Da quanto sopra riportato emerge che è lo stesso legislatore, nel disciplinare i poteri certificativi dell’avvocato nell’ambito della negoziazione assistita delle separazioni e dei divorzi, a fare rinvio a quanto dispone in materia l’art. 5, il quale, come si è detto, in caso di trasferimenti immobiliari prevede, ai fini della trascrizione dell’accordo, che la sottoscrizione del verbale sia autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato.

Sicché, il combinato disposto del D.L. n. 132 del 2014, art. 5, comma 3, e dell’art. 6, impone, per procedersi alla trascrizione dell’atto di trasferimento immobiliare (eventualmente) contenuto nell’accordo di separazione o divorzio, l’ulteriore autenticazione delle sottoscrizioni del processo verbale di accordo da parte di un pubblico ufficiale a ciò autorizzato, non potendosi riconoscere analogo potere certificativo agli avvocati che assistono le parti. Ciò anche in conformità con il disposto dell’art. 2657 c.c., comma 1, secondo cui “la trascrizione non si può eseguire se non in forza di sentenza, di atto pubblico o di scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente”.

Tale interpretazione è conforme all’orientamento della giurisprudenza di questa Corte che ha costantemente affermato il carattere tassativo della disposizione di cui all’art. 2657 c.c. e che, con riferimento alla trascrivibilità dell’accordo di separazione che riconosca ad uno o ad entrambi i coniugi la proprietà esclusiva di beni mobili o immobili, ovvero ne operi il trasferimento a favore di uno di essi, ha ritenuto che tale accordo, in quanto inserito nel verbale d’udienza (redatto da un ausiliario del giudice e destinato a far fede di ciò che in esso è attestato), assume forma di atto pubblico, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2699 c.c., e solo in quanto tale, dopo l’omologazione che lo rende efficace, costituisce, titolo per la trascrizione a norma dell’art. 2657 c.c. (Sez. 1, Sent. n. 4306 del 1997).

Ne consegue che il fatto che l’accordo di separazione o cessazione degli effetti civili del matrimonio raggiunto a seguito della convenzione produce gli effetti e tiene luogo dei provvedimenti giudiziali che definiscono, nei casi di cui al comma 1, i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio e di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio non incide sulla necessità che, quando il suddetto accordo comprenda anche un atto di trasferimento immobiliare, ai fini della trascrizione, debba essere autenticato dal pubblico ufficiale a ciò preposto.

Deve, infine, sottolinearsi che è infondata anche la prospettazione della ricorrente secondo la quale, poiché il D.L. n. 132 del 2014, art. 5, comma 2, attribuisce agli avvocati che certificano l’autografia delle firme l’obbligo del controllo della conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico, tale controllo di legalità formale e sostanziale dell’atto grava sui medesimi anche nelle ipotesi di cui al successivo art. 5, comma 3, e, in tali casi, il notaio non deve compiere alcun controllo, trovandosi in presenza di una cd. “autentica minore”.

Infatti, nel caso di trasferimento immobiliare, ai fini della pubblicità immobiliare e della certezza nella circolazione giuridica dei beni, il legislatore ha ritenuto insufficiente sia il potere di certificazione e autenticazione delle firme sia il controllo di legalità da parte degli avvocati che procedono alla negoziazione assistita e, ha ribadito espressamente che, quando nell’accordo è compreso un contratto o un atto soggetto a trascrizione, è necessaria l’autenticazione del processo verbale di accordo da parte di un pubblico ufficiale a ciò autorizzato.

La legge, infatti, non conosce deroghe espresse alla regola della previa autentica delle scritture private ai fini della trascrizione, in quanto la necessità di un controllo pubblico è principio essenziale e cardine del sistema della pubblicità immobiliare e del complesso sistema delle trascrizioni e delle intavolazioni diretto a garantire la certezza dei diritti.

L’art. 2657, infatti, è strettamente correlato ad altre disposizioni del codice civile, quali quelle che attribuiscono la competenza al ricevimento degli atti pubblici, o all’autenticazione delle scritture private, al notaio o ad altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato (artt. 2699 e 2703 c.c.), e quella che impone al conservatore l’obbligo di rifiutare la trascrizione se il titolo non ha i requisiti prescritti dalla legge (art. 2674 c.c.). Tali norme sono, a loro volta, strettamente correlate con le disposizioni della legge notarile (L. 16 febbraio 1913, n. 89) e compongono un quadro normativo articolato da cui emergono i tratti caratterizzanti del sistema di pubblicità immobiliare, anche sotto il profilo delle condizioni cui è subordinata la trascrizione, di un determinato titolo, nei registri immobiliari.

Ai fini della trascrizione dell’accordo, peraltro, ai sensi del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 19, comma 14, conv. in L. 30 luglio 2010, n. 122 il notaio deve attestare la coerenza dei dati catastali con le risultanze dei registri immobiliari e con lo stato di fatto dell’immobile. I dati catastali, infatti, costituiscono elementi oggettivi di riscontro delle caratteristiche patrimoniali del bene, rilevanti ai fini fiscali e l’omissione della dichiarazione di cui alla norma citata determina la nullità assoluta dell’atto, perché la norma ha una finalità pubblicistica di contrasto all’evasione fiscale, conseguendone la responsabilità disciplinare del notaio, ai sensi della L. 16 febbraio 1913, n. 89, art. 28, comma 1.

In conclusione, si deve affermare il seguente principio di diritto: “ogni qualvolta l’accordo stabilito tra i coniugi, al fine di giungere ad una soluzione consensuale di separazione personale, ricomprenda anche il trasferimento di uno o più diritti di proprietà su beni immobili, la disciplina di cui al D.L. n. 132 del 2014, art. 6, conv. in L. n. 162 del 2014, deve necessariamente integrarsi con quella di cui al medesimo D.L. n. 132 del 2014, art. 5, comma 3, con la conseguenza che per procedere alla trascrizione dell’accordo di separazione contenente anche un atto negoziale comportante un trasferimento immobiliare, è necessaria l’autenticazione del verbale di accordo da parte di un pubblico ufficiale a ciò autorizzato, ai sensi dell’art. 5, comma 3”.

Da quanto detto discende la sussistenza dell’illecito disciplinare contestato, in quanto la ricorrente aveva l’obbligo di procedere nelle forme previste dall’art. 2703 c.c., con il conseguente obbligo di iscrizione dell’atto nel repertorio ex art. 62 L. n. e di conservazione e raccolta ex art. 72 l.n. 89 del 1913, nonché quello di effettuare la trascrizione nel più breve tempo possibile ex artt. 2643 e 2671 c.c.

5. Il quinto motivo di ricorso è così rubricato: violazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 dell’art. 147, lett. a), l.n., in relazione all’art. 2671 c.c., per avere la Corte d’Appello di [Omissis] ritenuto che, con la propria condotta di vita pubblica o privata, il notaio [Omissis] abbia compromesso il decoro ed il prestigio dell’intera classe notarile, con conseguente nullità del decreto della Corte d’Appello di [Omissis], nella parte in cui ha confermato la sanzione ex art. 147, lett. a), L. n.

La ricorrente evidenzia che l’art. 147 L. n. è una norma di chiusura del sistema volta sanzionare una serie indifferenziata di comportamenti non previsti da altre norme e, quindi, condotte non tipizzate, sicché la mancata tenuta e raccolta dell’autentica in oggetto poteva essere sanzionata ex art. 137 legge notarile e non ai sensi dell’art. 147, lett. a). Peraltro, nessuno svilimento del ruolo del notaio era stato posto in essere dalla ricorrente, sia nei confronti dei coniugi che avevano sottoscritto l’accordo di separazione, sia nei confronti del conservatore. La ricorrente aggiunge che, l’attività professionale non rientra nelle ipotesi di condotte tenute nella vita pubblica o privata e che l’atto è stato successivamente trascritto senza che la Corte ne tenesse conto.

Non vi sarebbe stato, pertanto, alcun pregiudizio neanche potenziale nel comportamento del notaio che non è stato percepito all’esterno come travalicante il proprio ruolo.

5. Il quinto motivo è infondato.

La Corte d’Appello ha ritenuto con giudizio di merito sottratto al sindacato di questa Corte che la condotta della ricorrente abbia compromesso il decoro e il prestigio della classe notarile in quanto, sia pure in una sola occasione, il notaio ha agito in spregio dei più elementari canoni di diligenza professionale, disattendendo le regole fondamentali poste a tutela del principio di autenticità del titolo della trascrizione, la cui essenziale ragione risiede nell’esigenza di assicurare un adeguato controllo sulla legalità sostanziale dell’atto oltre che sulla capacità e legittimazione delle parti.

Le plurime violazioni nella formazione del titolo della trascrizione riscontrate anche dal conservatore, oltre che dalle parti che si sono viste rifiutare la trascrizione, costituiscono, secondo la Corte d’Appello, un elemento di sicura valenza dimostrativa della compromissione del decoro e del prestigio della classe notarile, atteso l’innegabile svilimento della funzione del notaio.

La motivazione ora riportata è immune dalle censure di violazione di legge lamentate dalla ricorrente che sostanzialmente con il motivo in esame richiede un’inammissibile rivalutazione in fatto circa l’effettiva capacità lesiva del prestigio e della funzione notarile riconducibile alla sua condotta.

La Corte d’Appello, peraltro, ha tenuto conto anche del fatto che il notaio aveva eliminato le conseguenze dannose delle proprie azioni mediante la ripetizione dell’atto e la successiva trascrizione, sostituendo, ex art. 144 legge notarile, la sanzione della sospensione prevista dall’art. 147 con quella pecuniaria di Euro 5000.

Infine, il fatto che la compromissione del decoro e del prestigio della professione sia stata causata da comportamenti che costituiscono a loro volta illeciti disciplinari tipizzati non impedisce il concorso formale tra illeciti, essendo le norme sanzionatorie poste a presidio di beni giuridici distinti ed essendo plurime le violazioni contestate, sia pure nell’ambito di un’unica vicenda fattuale.

6. Il sesto motivo di ricorso è così rubricato: falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 degli artt. 62 e 72 e art. 138, lett. c, l.n., in relazione alla L. n. 162 del 2014, artt. 5 e 6 per avere la Corte d’Appello di [Omissis] applicato all’accordo di negoziazione assistita dei coniugi le norme della legge notarile relative alle scritture private raccolte o sottoscritte dal notaio, con conseguente nullità delle tre sanzioni confermate dal decreto della corte d’appello di [Omissis] L. n. 89 del 1913, ex artt. 62 e 72 e art. 138, lett. c.

A parere della ricorrente la L. n. 162 del 2014, art. 6, comma 3, non comporta l’applicabilità degli artt. 62 e 72 e art. 138, lett. c), della legge notarile, che presuppongono che il notaio sia chiamato a ricevere un atto pubblico, una scrittura autenticata o l’autentica di una scrittura privata. Si tratta, infatti, di un accordo equiparabile a un provvedimento dell’autorità giudiziaria. L’art. 138, lett. c), l.n. punisce il notaio che non conserva gli atti da lui ricevuti o presso di lui depositati mentre il notaio [Omissis] non aveva ricevuto alcun atto pubblico o scrittura privata.

6.1 Il sesto motivo è infondato.

La censura è ripetitiva di quelle proposte con i motivi secondo, terzo e quarto sicché vale quanto già esposto in relazione alle ragioni di infondatezza dei suddetti motivi, mentre per quanto attiene alla violazione dell’art. 138, lett. c), l.n. la censura è assorbita dall’accoglimento del settimo motivo di ricorso secondo quanto di seguito si dirà.

7. Il settimo motivo di ricorso è così rubricato: falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 della sanzione ex art. 138, lett. c, L. n., per avere la Corte d’Appello di [Omissis] applicato tale sanzione in relazione all’autentica cosiddetta minore apposta dal notaio [Omissis], nonostante la sanzione per tale violazione sia prevista dall’art. 137, comma 1, L. n. e conseguente nullità della sanzione ex art. 138, lett. c), L. n. di Euro 5000.

L’art. 138, lett. c), legge notarile si riferisce alla più grave situazione della mancata custodia materiale dell’atto originale con conseguente perdita e definitivo smarrimento dello stesso o di un suo allegato per negligenza imputabile al notaio mentre quand’anche si volesse ritenere che l’autentica in oggetto non rivestiva la forma di autentica minore ma doveva necessariamente avere quella di autentica formale, essa presentava tutti i requisiti previsti ad eccezione dei numeri di repertorio e raccolta e dunque la fattispecie era eventualmente sanzionabile ai sensi dell’art. 62 legge notarile e dell’art. 137, comma 1, medesima legge.

7.1 Il motivo è fondato.

La norma citata, infatti, dispone che è punito con la sospensione da uno a sei mesi il notaio che non conserva, per negligenza, gli atti da lui ricevuti o presso lui depositati.

Nel caso di specie, come si è detto, la condotta negligente del notaio, fondata sull’erroneo presupposto che il verbale di accordo autenticato non fosse un atto notarile, si è concretizzata nella diversa fattispecie dell’omessa iscrizione dell’atto a repertorio ex art. 62 legge notarile, nell’omessa tenuta a raccolta dello stesso, come imposto dall’art. 72 legge notarile per le scritture private autenticate soggette a pubblicità immobiliare.

Tale condotta ricade nell’illecito disciplinare di cui all’art. 137 L. n. e non in quella di cui al successivo art. 138, lett. c), che presuppone che l’atto sia messo a raccolta dal notaio o sia depositato presso di lui e che, successivamente, venga distrutto o disperso per negligenza nella sua conservazione materiale.

Nella specie, invece, la restituzione dell’atto ai coniugi ha realizzato l’illecito di cui all’art. 72 l.n. ma impedisce il sorgere dell’obbligo di conservazione materiale dell’atto. Una diversa interpretazione del rapporto tra i due illeciti, infatti, comporterebbe un’inammissibile sovrapposizione o concorrenza tra la violazione dell’art. 72, sanzionata dall’art. 137, e l’omessa conservazione di uno o più atti per negligenza, di cui all’art. 138, lett. c.), in modo che al ricorrere della prima, ricorrerebbe sempre anche la seconda.

8. In conclusione, la Corte accoglie il settimo motivo di ricorso, rigetta i restanti sei, cassa il provvedimento impugnato e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di [Omissis], che dovrà rideterminare la sanzione alla luce dell’accoglimento del settimo motivo e che dovrà provvedere anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio

P.Q.M.

La Corte accoglie il settimo motivo, rigetta i restanti motivi di ricorso, cassa l’ordinanza impugnata in relazione al motivo accolto, e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di [Omissis] che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Documenti & materiali

Scarica Cass. Civ., Sez. II, 21/01/2020, n. 1202

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