Danno da perdita del congiunto: verso nuovi soggetti legittimati a richiederne ristoro?


Con la sentenza Cass. Civ. n. 23917/2013 del 22/10/2013 la Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi della problematica questione circa l’individuazione dei soggetti legittimati alla richiesta di risarcimento per il danno non patrimoniale da perdita del proprio congiunto.

La citata sentenza ha escluso il riconoscimento di tale danno ai fratelli naturali del defunto sulla base del fatto che tra gli stessi non vi era stato alcun rapporto, ovvero, non si era creato quel particolare legame di affetto e frequentazione che in genere si instaura per natura tra fratelli.

Ed, infatti, “come ha affermato questa Corte, la liquidazione del danno non patrimoniale, subito dai congiunti in conseguenza dell’uccisione del familiare, deve tener conto dell’intensità del relativo vincolo, della situazione di convivenza e di ogni ulteriore utile circostanza, quali la consistenza più o meno ampia dello stesso nucleo familiare e l’intensità del relativo vincolo; le abitudini di vita; la situazione di convivenza (in tal senso si è ritenuto che il solo concepimento e la mancata esistenza in vita della congiunta al momento del fatto esclude l’esistenza di un vincolo familiare idoneo a configurare il danno parentale del quale la giurisprudenza ammette il risarcimento) (Cass., 21 gennaio 2011, n. 1410).

La sentenza in commento prosegue poi affermando che nel caso sottoposto a giudizio “tra i fratelli in questione non vi è mai stato alcun rapporto, non solo affettivo ma anzitutto sociale. Manca in particolare la prova oltre che di una qualche frequentazione tra gli […] ed il fratello poi defunto, finanche di una loro conoscenza. La morte del fratello fu dunque morte di uno sconosciuto, ed il danno che si lamenta assume, in questa prospettiva, dimensione virtuale e non reale”.

Tuttavia ciò che risalta dalla sentenza in questione non è tanto l’esclusione della categoria dei fratelli dal novero dei soggetti legittimati a richiedere tutela risarcitoria, quanto soprattutto il criterio adottato per giungere alla suddetta conclusione.

La Corte, invero, ha posto l’attenzione sul dato oggettivo e sostanziale della prova dell’esistenza di quel legame affettivo tra il soggetto richiedente e la vittima, legame venuto necessariamente a mancare con la morte della vittima, tralasciando l’aspetto, sul piano formale, dell’esistenza di un rapporto parentale o di un legame di sangue.

Concentrandosi su tale ambito potrebbe dunque ritenersi aperto uno spiraglio al fine di far ricadere nel novero dei soggetti legittimati a richiedere tutela risarcitoria anche individui non appartenenti alla sfera familiare della vittima.

Con ciò non si vuol di certo ritenere che possa essere indiscriminatamente riconosciuto il relativo diritto al risarcimento a chiunque e sulla base di una mera sofferenza patita ed eventualmente anche allegata (si pensi alla morte del famoso cantante o del “bomber” della squadra del cuore: è indubbio che tali eventi possano creare turbamento e sofferenza al fan od al tifoso, ma di certo, la mera sofferenza non potrà, essa sola, fondare alcuna pretesa risarcitoria).

Ci si riferisce, piuttosto, a quei casi ove un rapporto di natura non familiare e non amorosa possegga comunque quei requisiti tipici dei legami familiari: frequentazione assidua, reciproco affetto, mutuo sostegno, aiuto nel momento del bisogno (perché no, anche dal punto di vista economico…)

Pare giustificato e giustificabile nella società attuale, sempre più incline a distanziarsi dalle forme tradizionali di aggregazioni familiari, escludere tutela risarcitoria a quei soggetti pure in grado di dimostrare e provare l’esistenza di quei requisiti di affetto, frequentazione richiesti dalla giurisprudenza al fine di riconoscerne il relativo diritto, per il solo fatto di non appartenere a categorie predeterminate e tradizionalmente riconosciute?

Probabilmente no, ma per vedere positivi sviluppi in merito non potrà che attendersi il continuo evolversi giurisprudenziale in materia che, come noto, sulla base dell’interpretazione di norme rimaste immutate da quasi settant’anni è giunto oggi ad assestamenti di certo impensabili anche solo qualche decina di anni fa.

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Author: Avv. Claudia Gianotti

Avvocato, nata a Pesaro il 08 settembre 1982. Iscritta all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 2011. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione fiscale di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833

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