Divorzio breve: prime considerazioni


Con il provvedimento approvato il 22/04/2015 (v. il nostro post di ieri), in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, è legge il c.d. ‘divorzio breve‘, cioè quella legge con cui si sono ridotti – grandemente ridotti – i tempi per procedere allo scioglimento o alla cessazione degli effettivi civili del matrimonio, ma si sono anche apportate altre importanti modifiche alla normativa finora vigente.

Senza alcuna pretesa di completezza, di seguito si esprimeranno alcune considerazioni e suggeriranno alcuni spunti di riflessione.

L’articolo 1 

L’articolo 1 testualmente dispone che:

Al secondo capoverso della lettera b) del numero 2) dell’articolo 3 della legge 1o dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni, le parole: «tre anni a far tempo dalla avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale anche quando il giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale» sono sostituite dalle seguenti: «dodici mesi dall’avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale e da sei mesi nel caso di separazione consensuale, anche quando il giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale».

La prima importante modifica introdotta con la legge qui in esame è la riduzione del termine necessario per procedere al divorzio, dopo la separazione: si passa da tre anni (finora previsti) a dodici mesi (nel caso di separazione giudiziale) oppure a sei mesi (nel caso di separazione consensuale, anche se frutto di trasformazione di quella giudiziale).

Fermo, dunque, il dies a quo, rimasto quello già vigente (ossia la data di comparizione dei coniugi all’udienza che si tiene avanti al Presidente del Tribunale), la prima considerazione che sorge è come questa norma si renderà compatibile con la procedura di separazione ottenuta tramite negoziazione assistita, oppure tramite il procedimento c.d. semplificato, celebrato davanti all’ufficiale di stato civile, istituti, questi, entrambi introdotti dalla L. 10/11/2014 n. 162.

Infatti, l’art. 1 in esame, fa espresso riferimento all’udienza di comparizione dei coniugi davanti al Presidente del Tribunale, quale momento da cui far decorrere il termine per il divorzio, mentre, come noto, nella procedura di negoziazione assistita non vi è alcuna udienza, e, per l’esattezza, non vi è neanche un giudice, ma solo avvocati; così come non vi è alcuna udienza (in senso proprio) nel procedimento davanti all’ufficiale dello stato civile (ove potrebbe non esserci neppure l’avvocato, essendo solo facoltativo).

E’ pur vero che quella stessa disposizione oggi modificata dalla legge qui in esame (l’art. 3, comma 2, lett. b) della L. 01/12/1970 n. 898), è stata, a sua volta e prima di questo momento, anche oggetto di modifica da parte della sopra citata L. 10/11/2014 n. 162 con cui è stata introdotta la negoziazione assistita. Con essa, infatti, alla comparizione dei coniugi in udienza presidenziale, si è aggiunto un altro dies a quo e cioè precisamente «…la data certificata nell’accordo di separazione raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita da un avvocato ovvero dalla data dell’atto contenente l’accordo di separazione concluso innanzi all’ufficiale dello stato civile» (art. 12).

In sostanza, dunque, alla luce di quanto sopra, sembra di poter concludere che il nuovo termine breve del divorzio possa applicarsi anche all’ipotesi di separazione dei coniugi raggiunta tramite negoziazione assistita, e a quella raggiunta tramite il procedimento semplificato celebrato dall’ufficiale di stato civile.

L’articolo 2

L’articolo 2 testualmente dispone che:

All’articolo 191 del codice civile, dopo il primo comma è inserito il seguente:
«Nel caso di separazione personale, la comunione tra i coniugi si scioglie nel momento in cui il presidente del tribunale autorizza i coniugi a vivere separati, ovvero alla data di sottoscrizione del processo verbale di separazione consensuale dei coniugi dinanzi al presidente, purché omologato. L’ordinanza con la quale i coniugi sono autorizzati a vivere separati è comunicata all’ufficiale dello stato civile ai fini dell’annotazione dello scioglimento della comunione».

Con questo secondo articolo, finalmente, è il caso di dirlo, si risolve (almeno apparentemente) un annoso problema circa il momento in cui si doveva ritenere sciolta la comunione dei beni tra i coniugi.

Per orientamento prevalente della giurisprudenza, finora, si riteneva che il momento dello scioglimento della comunione dei beni tra i coniugi, fosse il passaggio in giudicato della sentenza della separazione (anche se pronunciata solo sul vincolo).

Tuttavia, questo momento, all’evidenza, poteva determinare, e molto spesso determinava, gravi conseguenze e complicazioni rispetto agli acquisti effettuati singolarmente dai coniugi in corso di causa, e cioè, dopo l’udienza presidenziale (in cui i coniugi sono autorizzati a vivere separati) ma prima della sentenza.

Ora, con questa introduzione normativa, si stabilisce che la comunione  dei beni si scioglie nel momento in cui i coniugi sono autorizzati a vivere separati, (momento, che normalmente coincide, appunto, con la comparizione davanti al Presidente del Tribunale), oppure dalla data di sottoscrizione del verbale di separazione consensuale, purché intervenga poi l’omologa.

Ma anche qui ci si deve domandare cosa avvenga in sede di negoziazione assistita o di procedimento semplificato davanti all’ufficiale di stato civile, quale dovrà essere il momento che determinerà lo scioglimento della comunione?

Qui, a differenza dell’interrogativo di cui sopra relativo all’art. 1, non sembra che possano soccorrere disposizioni legislative il cui contenuto possa ‘integrare’ la norma per renderla applicabile  anche alle ipotesi di separazioni realizzate in modo alternativo a quello giudiziale.

L’articolo 3

L’articolo 3 testualmente dispone che: .

Le disposizioni di cui agli articoli 1 e 2 si applicano ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, anche nei casi in cui il procedimento di separazione che ne costituisce il presupposto risulti ancora pendente alla medesima data.

Anche questa disposizione di natura transitoria, a parere di chi scrive, potrebbe comportare qualche complicazione.

Infatti, è pur vero che appare apprezzabile l’intenzione del legislatore di consentire anche ai coniugi che hanno ancora pendente il giudizio di separazione (a questo solo ci si riferisce, atteso che se fosse pendente quello di divorzio vorrebbe dire che il termine  sarebbe già maturato), di avvalersi dei termini più brevi per accedere al divorzio, ed in generale alle condizioni migliorative contenute nella nuova disciplina, tuttavia, l’applicazione di questa norma non sembra agevole.

L’aspetto forse più problematico è il sostanziale effetto retroattivo che così si riconosce alla norma.

Si pensi, ad esempio, a ciò che questo effetto può comportare  rispetto allo scioglimento della comunione dei beni tra i coniugi che, per effetto di questa disposizione, non si verificherà più alla sentenza di separazione, ma retroagirà al momento in cui i coniugi sono stati autorizzati a vivere separati, momento che potrebbe essere anche di diversi anni anteriore. Ed allora, gli acquisti effettuati in questo tempo, che secondo la precedente normativa dovevano considerarsi entrati a far parte della comunione, come dovranno essere considerati?


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Author: Avv. Daniela Gattoni

Avvocato, nata a Pesaro il 20 agosto 1963. Iscritto all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 1992. Abilitata al patrocinio dinanzi alle magistrature superiori dal 2004. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione famiglia di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833.

One thought on “Divorzio breve: prime considerazioni

  1. Massimo CECIARINI

    La estensione del termine breve anche alle separazioni stragiudiziali risponde ad una interpretazione costituzionalmente orientata che serva ad impedire una altrimenti clamorosa disparità di trattamento.
    Tuttavia l’effetto estensivo è del tutto inconsapevole e involontario da parte del Legislatore, come dimostra la mancata menzione del nuovo istituto ai fini dello scioglimento della comunione.
    La verità è che i distratti Legislatori( si fa per dire) hanno votato sulla base di un testo (sebbene più volte emendato) presentato per la prima volta nel maggio 2014 o comunque in epoca anteriore alla introduzione della nuova separazione stragiudiziale.
    In modo sbadato hanno ignorato l’innovazione da loro stessi introdotta nel novembre 2014!
    Ma del resto c’è poco da meravigliarsi di tanta insipienza e superficialità della legiferazione italiana.
    Succede, quando in Parlamento siedono troppi esperti di “Diritto Approssimativo”.
    Avv. Massimo CECIARINI – Grosseto

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